Dopo aver toccato il suolo nel punto prestabilito, Agilkia, il lander non aveva potuto usare gli arpioni e non era riuscito ad ancorarsi alla superficie. Aveva continuato la sua corsa rimbalzando per ben quattro volte, compreso il touchdown finale, fino ad arrivare in quel luogo buio chiamato Abydos.
Dopo circa 57 ore di scienza ed aver esaurito tutta l'energia disponibile, si era addormentato all'1:36 del 15 novembre 2014.
Aveva rotto il silenzio a giugno 2015 con sporadiche ed instabili comunicazioni per poi interrompere di nuovo ogni contatto.
Il 27 luglio 2016 ha segnato l'addio definitivo, quando il team ha deciso di spegnere l'Electrical Support System Processor Unit (ESS), cioè l'interfaccia a bordo di Rosetta utilizzata per comunicare con il lander.

Tutta la sequenza di atterraggio era stata seguita dal Centro Aerospaziale Tedesco DLR ma solo ora è stato possibile ricostruire un altro tassello degli eventi.
Il team ha condotto un ricerca pluriennale del cosiddetto touchdown point two (TD2) perché "i sensori su Philae indicavano che aveva scavato nella superficie, esponendo molto probabilmente il ghiaccio primitivo  nascosto sottostante", si legge nella press release.

Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Philae touchdown sites in context pillars

 

Secondo contatto - TD"

Tutto ciò che sapevamo finora era il luogo del primo rimbalzo ed il luogo dell'atterraggio finale di Philae. "Ora conosciamo finalmente il luogo esatto in cui Philae è atterrato sulla cometa per la seconda volta. Questo ci consentirà di ricostruire completamente la traiettoria del lander e di ricavare importanti risultati scientifici dai dati di telemetria e dalle misurazioni di alcuni degli strumenti operativi durante il processo di atterraggio", ha spiegato Jean-Baptiste Vincent del DLR, coinvolto nella ricerca.

In questi anni, gli scienziati hanno passato al setaccio tutte le immagini acquisite dalla fotocamera ad alta risoluzione OSIRIS (Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System) a bordo Rosetta, alla ricerca di una chiazza di ghiaccio fresco. Ma è stato il magnetometro ROMAP (ROsetta MAgnetometer and Plasma monitor) a fornire l'indicazione chiave.

Il team ha studiato i cambiamenti registrati quando il braccio del magnetometri, esteso fino a 48 centimetri dal lander, si è spostato mentre Philae colpiva la superficie. Ciò ha permesso di stimare la durata della penetrazione del lander nel ghiaccio. Quindi, i dati ROMAP sono stati correlati con i dati del magnetometro RPC di Rosetta per determinare l'esatto orientamento di Philae. L'analisi ha mostrato che Philae aveva trascorso quasi due minuti interi a contatto con Chury, cosa non insolita nell'ambiente a bassa gravità.
Nella sua corsa il lander ha solcato il paesaggio in almeno quattro punti. Una delle impronte, particolarmente visibile, è stata individuata nelle foto, prodotta dalla testa di Philae che è affondata di 25 centimetri nel ghiaccio a lato di una fessura aperta, lasciando tracce visibili del trapano e della parte superiore del lander. I picchi nei dati del campo magnetico derivanti dal movimento del braccio ROMAP, mostrano che Philae ha impiegato tre secondi per fare questa particolare "ammaccatura".

How Philae left its mark during touchdown two pillars

 

Il teschio di ghiaccio

Le immagini di OSIRIS mostrano una fessura piena di ghiaccio bianco e luminoso che, vista dall'alto, assomiglia ad un teschio e per questo è stata soprannominata "Skull-top Ridge" L'occhio destro del cranio si è formato nel punto in cui il lato superiore di Philae ha compresso la polvere della cometa.

Philae Skull-top Ridge

Crediti: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA; O’Rourke et al (2020)

"All'epoca i dati mostravano che Philae era entrato in contatto con la superficie diverse volte e alla fine era atterrato in un punto scarsamente illuminato. Conoscevamo anche il sito di atterraggio finale approssimativo dalle misurazioni del radar CONSERT. Tuttavia, la traiettoria esatta ed i punti di contatto non potevano essere interpretati così rapidamente", ha ricordato Stephan Ulamec, Project Manager di Philae al DLR.

La valutazione delle immagini OSIRIS insieme a quelle acquisite dallo strumento VIRTIS (Visible and InfraRed Thermal Imaging Spectrometer) ha confermato che il materiale luminoso è acqua ghiacciata pura, che è stata esposta a seguito del contatto superficiale con Philae, su un'area di 3,5 metri quadrati. Durante questo contatto, la regione era ancora in ombra. Solo mesi dopo il Sole l'ha illuminata mostrandola più brillante che mai.

 

Chury soffice come la schiuma di un cappuccino

Oltre al puro lavoro investigativo, gli scienziati hanno potuto ricavare anche molti dati dal ghiaccio fresco esposto.
Le analisi hanno mostrato che questa antica miscela di ghiaccio e polvere vecchia di 4,5 miliardi di anni è straordinariamente morbida: "è più soffice della schiuma di un cappuccino, della schiuma in una vasca da bagno o delle onde bianche che si infrangono sulla costa", si legge nel documento.  "La tensione meccanica che tiene insieme il ghiaccio della cometa in questo pezzo di polvere è di soli 12 pascal. Non è molto di più del 'niente'", ha commentato Jean-Baptiste Vincent.

L'indagine ha anche consentito di stimare la porosità della roccia toccata da Philae, costituita da vuoti per circa il 75%.
"I 'massi' onnipresenti nelle immagini sono quindi più paragonabili alle rocce di polistirolo in un paesaggio fantasy di uno studio cinematografico che a rocce reali, dure e massicce. In un'altra posizione, una roccia larga sei metri, catturata in diverse immagini, si è persino spostata in salita a causa della pressione del gas dell'evaporazione del ghiaccio della cometa", si legge nella press release.