Subito dopo la pubblicazione online, la popolarità del documento è stata immediata, soprattutto grazie a un post su Military Times.
Più della metà dello studio di cinque pagine discute sulla possibilità che gli oggetti apparentemente inspiegabili che il DoD (Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d'America) sta studiando, possano essere le "sonde" rilasciate da astronavi madri aliene che visitano il Sistema Solare.

Kirkpatrick è un rispettato professionista della scienza e dell'intelligence, con oltre due decenni di esperienza nello studio della fisica e nella difesa, che ha vinto numerosi premi per il suo lavoro. È stato nominato direttore dell'AARO e in precedenza ha lavorato come capo scienziato presso il Missile and Space Intelligence Center della Defense Intelligence Agency (DIA). L'AARO è stato creato lo scorso anno per sostituire una task force all'interno dell'Office of Naval Intelligence che in precedenza si occupava di UFO. Il team di lavoro è stato istituito dal Congresso per fungere da nodo centrale nell'indagine a livello governativo su centinaia di segnalazioni di "fenomeni aerei non identificati", inclusi molti che sembrano eseguire manovre altamente avanzate.
Loeb è un lodato fisico teorico che ha tenuto la cattedra di astronomia più longeva all'Università di Harvard e, ora, è presidente del dipartimento di astronomia dell'Università di Harvard. È anche fondatore del Progetto Galileo, insieme a Frank Laukien, presidente e CEO di Bruker Corp., una società con sede nel Massachusetts che sviluppa e produce apparecchiature scientifiche. Questo programma, già avviato, prevede la creazione di una rete globale di telescopi, fotocamere e computer di medie dimensioni per indagare sugli oggetti volanti non identificati. Loeb, d'altra parte, ha acquisito notorietà, come uno dei massimi sostenitori della teoria che il primo oggetto interstellare identificato dall'umanità, 'Oumuamua ("esploratore" in hawaiano), potesse essere artificiale.

Il coinvolgimento di Kirkpatrick nel documento accademico dimostra che il Pentagono è aperto al dibattito scientifico sulle origini degli UFO, un segnale importante da inviare al mondo accademico, hanno detto gli esperti. Ma, secondo altri, la decisione di allegare il suo nome a una teoria considerata nella maggior parte dei circoli accademici come altamente infondata solleva anche interrogativi sulla credibilità di AARO.


'Oumuamua e le astronavi madri

Lo studio si concentra in modo particolare su 'Oumuamua, avvistato mentre volava nel Sistema Solare 19 gennaio 2017 e su altri oggetti interstellari simili che "potrebbero potenzialmente essere veicoli genitore che rilasciano una moltitudine di piccole sonde durante il loro passaggio ravvicinato alla Terra".

'Oumuamua venne rilevato per la prima volta dal telescopio PanSTARRS alle Hawaii. La sua velocità e orbita fecero subito ipotizzare che potesse essere di origine interstellare. Aveva, però, una strana forma piatta e allungata simile a un sigaro mai osservata prima in comete o asteroidi. Il suo diametro era di circa 100 metri e secondo alcune stime, era 10 volte più lungo che largo. E dal modo in cui rifletteva la luce, sembrava fosse in rotazione da un estremo all'altro. Ma il fatto più curioso fu che, quando si avvicinò al Sole per il perielio, accelerò senza sviluppare una coda come in genere fanno le comete e deviò la sua traiettoria prevista, spinto da una forza misteriosa in uscita dal Sistema Solare. Queste caratteristiche, secondo Loeb, sono in linea con l'oggetto denominato 2020 SO, identificato dalla NASA come detrito spaziale, con forma e comportamento simili: spinto dalla pressione della radiazione solare, 2020 SO non ha formato alcuna coda cometaria perché le sue pareti sottili erano fatte di acciaio inossidabile.

Il 9 marzo 2017, sei mesi prima del massimo avvicinamento di 'Oumuamua alla Terra, una meteora, sempre di origine interstellare e delle dimensioni di un metro, CNEOS 2017-03-09 (IM2), si scontrò con il nostro pianeta.
IM2 aveva velocità relativa rispetto al Sole e un semiasse maggiore eliocentrico identico a quello di 'Oumuamua. Ma l'inclinazione orbitale completamente diversa, lasciava supporre che i due oggetti non fossero correlati.
"Tuttavia, le coincidenze tra alcuni parametri orbitali di 'Oumuamua e IM2 ci ispirano a considerare la possibilità che un oggetto interstellare artificiale possa potenzialmente essere un velivolo genitore che rilascia molte piccole sonde durante il suo passaggio ravvicinato alla Terra, un costrutto operativo non troppo dissimile dalle missioni della NASA", si legge nel documento. Così, mentre l'astronave madre transita all'interno del Sistema Solare, questi piccoli oggetti raggiungono la Terra o altri pianeti per l'esplorazione, senza farsi notare. D'altro canto, spiegano gli autori, gli astronomi non potrebbero notare il rilascio delle piccole sonde perché, con le dimensioni di un CubeSat da 10 centimetri o meno, non rifletterebbero abbastanza luce solare da essere viste dai telescopi, incluso il potente James Webb. Una volta entrate in atmosfera, però, potrebbero essere rilevate dai radar. Questi oggetti altamente tecnologici, potrebbero usare la luce solare per ricaricarsi e l'acqua come combustibile.


Modalità e scopi 

Secondo gli autori, gli oggetti artificiali di origine extraterrestre potrebbero arrivare essenzialmente in due modi: come spazzatura spaziale, in modo simile a come una civiltà aliena potrebbe recuperare le nostre sonde uscite dal Sistema Solare (la Voyager 1 e 2 per esempio), o sotto forma di attrezzature funzionanti dorate di intelligenza artificiale. Tali sistemi autonomi potrebbero essere progettati per sopravvivere anche ai loro artefici, che potrebbero non essere in grado di comunicare con le proprie apparecchiature, considerate le distanze.
Inoltre, "è probabile che qualsiasi dispositivo funzionale entrato nell'atmosfera terrestre non contenga entità biologiche perché queste non sarebbero sopravvissute al lungo viaggio attraverso lo spazio interstellare e alle sue dure condizioni, inclusi i bombardamenti da raggi cosmici energetici, raggi X e raggi gamma", spiega il documento. Ma perché altri esseri senzienti dovrebbero inviare astronavi madri e sonde verso il Sistema Solare? Molto probabilmente "l'obiettivo sarebbe di natura scientifica ed esplorativa", secondo gli autori.

I dati in nostro possesso fino ad oggi, però, sono incerti e inevitabilmente lasciano il dibattito aperto.
Loeb riconosce che, allo stato attuale, non ci sono prove a sostegno dell'idea che i veicoli sconosciuti siano sonde aliene, né tantomeno che ci siano astronavi madri all'opera vicino alla Terra. Ma il fatto che Kirkpatrick sia andato da lui "di punto in bianco" suggerisce che "c'è qualcosa là fuori che non capiscono e gli scienziati potrebbero potenzialmente aiutare".

 

Alcune risposte potrebbero arrivare presto

La prima meteora interstellare (IM1), confermata in base alla misurazione della velocità dello US Space Command, sarà l'obiettivo di una spedizione oceanica interamente finanziata dal Progetto Galileo.
L'oggetto entrò nell'atmosfera terrestre l'8 gennaio 2014 alle 17:05:34 UTC, solcando i cieli della Papua Nuova Guinea con una velocità di 45 chilometri al secondo ed esplodendo nella stratosfera a quasi 19 chilometri di altezza e a un centinaio di chilometri dalla costa dell'isola di Manus. L'evento rilasciò un'energia equivalente a 110 tonnellate di tritolo. A quel tempo, tuttavia, alcuni dati sulla traiettoria della roccia erano stati tenuti segreti dal DoD e l'origine dell'oggetto è stata confermata solo di recente.

Chiamata CNEOS 2014-01-08 (IM1), è il primo visitatore interstellare conosciuto, antecedente al famoso 'Oumuamua e alla successiva cometa 2I/Borisov.
Il Progetto Galileo ha ricevuto finanziamenti i per oltre un milione di dollari per recuperarne i frammenti a 1,7 chilometri di profondità nel fondale oceanico.

Secondo Loeb, la meteora non solo era di origine interstellare ma era anche particolarmente intrigante.
La lettera di conferma del DoD, infatti, era accompagnata dalla curva del bolide che mostrava tre distinte esplosioni separate da un decimo di secondo. "Questi dati sulla palla di fuoco ci hanno permesso di concludere in un documento di follow-up che la meteora era più dura di tutte le altre 272 meteore nel catalogo CNEOS", ha detto Loeb.
"L'analisi della composizione dei frammenti potrebbe permetterci di determinare se l'oggetto è di origine naturale o artificiale".