In tutti i pianeti osservati finora, inclusa la Terra, le aurore sono formate solo dalle potenti correnti elettriche che fluiscono dalla magnetosfera nell'atmosfera. Queste sono guidate dall'interazione con le particelle cariche del Sole, come sulla Terra, o da altri fattori come il materiale vulcanico eruttato da una luna in orbita attorno al pianeta, che è ciò che succede su Giove. Ma Saturno è un pianeta speciale e ora gli scienziati hanno scoperto che alcune aurore sono guidate da meccanismi particolari in cui sono i venti atmosferici ad alta quota che riescono a generare strepitose aurore direttamente all'interno dell'atmosfera.

Questa scoperta cambia la comprensione delle aurore planetarie e spiega perché è così difficile misurare la durata del giorno saturniano.

Nahid Chowdhury, ricercatrice PhD a Leicester e membro del Planetary Science Group della School of Physics and Astronomy, è l'autore principale del recente studio pubblicato in Geophysical Research Letters.
È assolutamente emozionante essere in grado di fornire una risposta a una delle domande più antiche nel nostro campo. È probabile che questo porti ad altre riflessioni su come gli effetti atmosferici locali su un pianeta influenzino la creazione di aurore, non solo nel nostro Sistema Solare ma anche più lontano”, ha detto Chowdhury.

Astronomi e scienziati planetari del'Università di Leicester hanno condotto la ricerca insieme ai colleghi del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, della Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) e delle Università del Wisconsin-Madison, Boston e Lancaster, oltre a Imperial e University Colleges, Londra.

Un calcolo difficile

Calcolare la velocità di rotazione dei pianeti rocciosi, come la Terra e Marte, è un'operazione relativamente semplice, in fondo basta prendere come riferimento una caratteristica di superficie e contare il tempo che essa impiega per tornare nella medesima posizione. Ma i giganti gassosi come Giove e Saturno sono più problematici, soprattutto quest'ultimo che ha zone in rotazione a velocità diverse.

Quando la sonda Cassini è arrivata nel sistema di Saturno, nel 2004, ha cercato di misurare la velocità di rotazione di massa del pianeta, che ne determina la durata del giorno, tracciando gli impulsi di emissione radio dall'atmosfera. Con grande stupore, però, gli scienziati si resero conto che la velocità sembrava essere cambiata nel corso dei due decenni da quando l'ultima navicella spaziale, la Voyager 2, aveva sorvolato il pianeta nel 1981.

Di norma, dato che il campo magnetico nasce nel cuore del pianeta e si estende nello spazio per diversi diametri planetari, la sua velocità di rotazione può indicare la velocità di rotazione del pianeta stesso. Tuttavia per Saturno la situazione sembra essere complicata. Sulla Terra e Giove il polo nord magnetico è inclinato rispetto all'asse di rotazione di circa 10 gradi, il che significa che su entrambi non è allineato con il polo "nord geografico". Osservato da lontano, perciò, il loro campo magnetico oscilla nello spazio come un hula hoop, mentre quello di Saturno appare girare il modo fluido, quasi allineato con il suo asse di rotazione dal quale differisce per meno di un grado.

Chowdhury ha spiegato: "La velocità di rotazione interna di Saturno deve essere costante ma per decenni i ricercatori hanno dimostrato che numerose proprietà periodiche sono correlate al pianeta, le stesse misurazioni che abbiamo utilizzato su altri pianeti per comprendere la velocità di rotazione interna, come le emissioni radio, tendono a cambiare con il tempo. Inoltre, ci sono anche caratteristiche periodiche indipendenti osservate negli emisferi settentrionale e meridionale che a loro volta variano nel corso di una stagione sul pianeta".

"La nostra comprensione della fisica degli interni dei pianeti ci dice che la vera velocità di rotazione del pianeta non può cambiare così rapidamente, quindi su Saturno deve accadere qualcosa di unico e strano. Diverse teorie sono state propagandate dall'avvento della missione Cassini della NASA cercando di spiegare il meccanismo o i meccanismi alla base di queste periodicità osservate. Questo studio rappresenta la prima rilevazione del driver fondamentale, situato nell'atmosfera superiore del pianeta, che continua a generare sia le periodicità planetarie osservate che le aurore".

Il vento è la chiave

I ricercatori hanno misurato le emissioni a infrarossi dall'atmosfera superiore del gigante gassoso utilizzando l'Osservatorio Keck alle Hawaii e hanno mappato i flussi variabili della ionosfera di Saturno, molto al di sotto della magnetosfera, nel corso di un mese nel 2017.

Questa mappa ha mostrato che una parte significativa delle aurore del pianeta sono generate dal modello vorticoso dei venti nell'atmosfera di Saturno e sono responsabili della velocità di rotazione variabile osservata del pianeta.
Il team ritiene che il sistema sia guidato dall'energia della termosfera di Saturno, con venti nella ionosfera tra 0,3 e 3,0 chilometri al secondo.

saturno aurore venti atmosferici

Questa immagine semplificata mostra la direzione dei venti all'interno degli strati dell'atmosfera di Saturno.
Crediti: Nahid Chowdhury/Università di Leicester 

 Il dottor Tom Stallard, professore associato di astronomia planetaria presso l'Università di Leicester, ha commentato: "Questa mostra un nuovo tipo di aurora si rifà ad alcune delle prime teorie sull'aurora terrestre. Ora sappiamo che le aurore sulla Terra sono alimentate dalle interazioni con il flusso di particelle cariche guidate dal Sole. Ma adoro il fatto che il nome Aurora Borealis derivi da "l'alba del vento del nord". Queste osservazioni hanno rivelato che Saturno ha una vera Aurora Boreale, la prima aurora mai guidata dai venti nell'atmosfera di un pianeta". 

Il dottor Kevin Baines, del PL-Caltech, membro del Cassini Science Team e coautore del nuovo studio ha aggiunto: "Il nostro studio, determinando in modo definitivo l'origine della misteriosa variabilità degli impulsi radio, elimina gran parte della confusione sulla velocità di rotazione di massa di Saturno e la durata del giorno su Saturno". Quest'ultimo, secondo l'ultimo metodo, sviluppato dagli scienziati Cassini utilizzando perturbazioni indotte dalla gravità nel complesso sistema di anelli di Saturno, è stato determinato nel 2019 in 10 ore e 33 minuti e 38 secondi.