Lanciato nel 1977, il veicolo spaziale si trova a oltre 20 miliardi di chilometri dalla Terra nello spazio interstellare. La sonda ha ancora cinque strumenti scientifici operativi ma uno di essi doveva essere spento entro quest'anno a causa della carenza di energia. Ora, però, la sonda ha iniziato a utilizzare un piccolo serbatoio di riserva che consentirà di posticipare lo shutting down al 2026.

Nel novembre 2018, dopo un viaggio epico di 41 anni, la Voyager 2 ha finalmente varcato il confine dell'eliopausa ed è entrata nel mezzo interstellare. Questo limite indica il punto in cui il vento solare, ossia il vento ionizzato che esce dal Sole in tutte le direzioni, non è più abbastanza forte da spingere verso lo spazio esterno. La zona all'interno dell'eliopausa, si chiama l'eliosfera, il dominio della nostra stella, una sorta di bulbo ovale in cui il Sistema Solare è posto ad una estremità, mentre dalla parte opposta si estende una specie di "coda". Entrambe le Voyager hanno passato l'eliopausa per la via più breve, ossia a prua della bolla ma con una differenza di 67 gradi di latitudine e 43 gradi di longitudine di differenza eliografica e, attualmente, sono le uniche due sonde a operare nello spazio profondo. Le sonde stanno aiutando gli scienziati a rispondere a domande sulla forma dell'eliosfera e sul suo ruolo nella protezione della Terra dalle particelle energetiche e da altre radiazioni presenti nell'ambiente interstellare.

"I dati scientifici che le Voyager stanno restituendo diventano più preziosi quanto più si allontanano dal Sole, quindi siamo decisamente interessati a mantenere in funzione il maggior numero di strumenti scientifici il più a lungo possibile", ha affermato Linda Spilker, scienziato del progetto Voyager presso il Jet Propulsion della NASA. Laboratorio nel sud della California, che gestisce la missione per la NASA.

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Una replica delle Voyager in una camera di simulazione spaziale al JPL nel 1976.
Crediti: NASA/JPL-Caltech


Alla ricerca di energia

Entrambe le sonde Voyager sono alimentate da un generatore termoelettrico a radioisotopi (RTG) che converte il calore, generato decadimento naturale dei radioisotopi di plutonio-238, in energia elettrica tramite delle termocoppie in Silicio-Germanio, sfruttando l'effetto Seebeck. Tuttavia, il decadimento cala di anno in anno e con esso, diminuisce anche la quantità di energia prodotta. Finora, questo calo dell'alimentazione non ha influito sulle operazioni scientifiche ma per compensare la perdita, gli ingegneri hanno spento i riscaldatori e altri sistemi che non sono essenziali per il volo. Ma le opzioni erano finite e il team era pronto a sacrificare uno strumento scientifico.
Per la Voyager 1, invece, tale dilemma si presenterà il prossimo anno: la sonda infatti sta già viaggiando con un payload ridotto perché uno strumento scientifico si era guastato all'inizio della missione.

Cercando un modo per evitare lo spegnimento, il team ha esaminato più da vicino un meccanismo di sicurezza progettato per proteggere gli strumenti nel caso in cui ci fossero variazioni significative di tensione nel veicolo spaziale. Poiché tali fluttuazioni potrebbero danneggiare gli strumenti, Voyager è dotata di un regolatore di tensione che attiva un circuito di backup. Il circuito può accedere a una piccola quantità di energia dall'RTG riservata a tale scopo e questa piccola scorta ora servirà a mantenere in vita tutti gli strumenti ancora per tre anni.

Ovviamente, in caso di necessità, la sonda non avrebbe più un sistema di sicurezza per regolare le fluttuazioni di tensione ma "dopo più di 45 anni di volo, i sistemi elettrici su entrambe le sonde rimangono relativamente stabili, riducendo al minimo la necessità di una rete di sicurezza", dice la NASA.
"Le tensioni variabili rappresentano un rischio per gli strumenti, ma abbiamo stabilito che si tratta di un piccolo rischio e l'alternativa offre una grande ricompensa per poter mantenere gli strumenti scientifici accesi più a lungo", ha affermato Suzanne Dodd, project manager di Voyager presso JPL . "Stiamo monitorando il veicolo spaziale da alcune settimane e sembra che questo nuovo approccio stia funzionando".

Se il nuovo approccio funzionerà bene per Voyager 2, il team potrebbe implementarlo anche su Voyager 1 quando sarà il momento.