Finora gli astronomi hanno analizzato il Sole e le altre stelle con l'analisi spettrale, ossia la scomposizione della luce nelle diverse lunghezze d'onda, in modo simile a un arcobaleno. Gli spettri contengono linee scure evidenti e nitide, dette "linee di assorbimento", notate per la prima volta da William Wollaston nel 1802, riscoperte da Joseph von Fraunhofer nel 1814 e identificate come segni rivelatori della presenza di elementi chimici specifici da Gustav Kirchhoff e Robert Bunsen negli anni '60 dell'Ottocento. Il lavoro pionieristico dell'astrofisico indiano Meghnad Saha nel 1920 collegò la forza di queste linee alla temperatura stellare e alla composizione chimica, gettando le basi per i nostri modelli fisici di spettroscopia.

Grazie a questa tecnica sappiamo che il Sole è composto principalmente da idrogeno ed elio, con tracce di elementi chimici più pesanti. Tuttavia, quando gli strumenti e le sonde ci hanno permesso di guardare la nostra stella più da vicino e all'interno, gli scienziati si sono resi conto che molti pezzi del puzzle non combaciavano. In particolare, i dati eliosismici, che danno la misura delle oscillazioni del Sole, o il modo in cui si espande e si contrae ritmicamente, non rientravano nei modelli solari standard.

Proprio come le onde sismiche forniscono ai geologi informazioni cruciali sull'interno della Terra, l'eliosismologia fornisce informazioni sull'interno del Sole.
Secondo l'eliosismologia, la cosiddetta regione convettiva all'interno del Sole dove la materia sale e scende nuovamente, come l'acqua in una pentola bollente, era considerevolmente più grande di quella prevista. E anche la velocità delle onde sonore vicino al fondo di tale regione si discostava dalle previsioni, così come la quantità complessiva di elio nella stella. Per finire, anche alcune misurazioni dei neutrini solari, particelle elementari fugaci, difficili da rilevare, che ci raggiungono direttamente dalle regioni centrali del Sole, erano leggermente sfalsate rispetto ai dati sperimentali.


Un sole con più ossigeno ed elementi più pesanti

Il recente studio di Ekaterina Magg, Maria Bergemann e colleghi, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, è riuscito a risolvere l'enigma, rivisitando i modelli su cui si basano le stime spettrali della composizione chimica del Sole.

Le prime ricerche si basavano su un fattore noto come equilibrio termico locale, cioè avevano ipotizzato che localmente, l'energia in ogni regione dell'atmosfera di una stella avesse il tempo di diffondersi e raggiungere una sorta di equilibrio. Ciò consentiva di assegnare ad ogni zona una temperatura, semplificando notevolmente i calcoli. Ma già negli anni '50, gli astronomi si resero conto che questa immagine era eccessivamente banalizzata. Da allora, sempre più studi hanno incorporato i cosiddetti calcoli Non-LTE, che includono una descrizione dettagliata di come l'energia viene scambiata all'interno del sistema.

Il gruppo di Maria Bergemann al Max Planck Institute for Astronomy è uno dei leader mondiali sull'applicazioni di questi calcoli alle atmosfere stellari. 
I ricercatori hanno calcolato in modo più dettagliato l’interazione della materia radiante nella fotosfera solare, hanno tracciato tutti gli elementi chimici rilevanti per gli attuali modelli di come le stelle si sono evolute nel tempo e hanno applicato più metodi indipendenti per descrivere le interazioni tra gli atomi del Sole e il suo campo di radiazione al fine di assicurarsi che i loro risultati fossero coerenti.

"Abbiamo scoperto che il Sole contiene il 26% in più di elementi più pesanti [in astronomia detti metalli] dell'elio rispetto a quanto avevano dedotto studi precedenti", spiega Magg. Mentre "il valore dell'abbondanza di ossigeno era quasi il 15% in più rispetto agli studi precedenti".

Grazie a questi nuovi valori scompare la discrepanza tra i modelli e le misurazioni eliosismiche. Sono facili da applicare a stelle diverse dal Sole e sono anche in buon accordo con la composizione chimica dei meteoriti primitivi, le condriti carboniose, che si pensa rappresentino la composizione chimica del primissimo Sistema Solare.
"I nuovi modelli solari basati sulla nostra nuova composizione chimica sono più realistici che mai: producono un modello del sole che è coerente con tutte le informazioni che abbiamo sulla struttura attuale del sole: onde sonore, neutrini , la luminosità e il raggio del sole, senza la necessità di una fisica esotica e non standard nell'interno solare", ha detto Bergemann.