"Ho usato i dati del satellite Soumi National Polar-Orbiting Partnership per determinare il flusso superficiale a banda larga dalle luci della città nella parte superiore dell'atmosfera terrestre e gli spettri delle lampade ad alta potenza disponibili in commercio per modellare la distribuzione spettrale dell'energia del flusso emesso dalla città luci", scrive Thomas G. Beatty, autore della ricerca pubblicata su Arxiv. "Considero anche come la rilevabilità cambia con la frazione di urbanizzazione: dallo 0,05% in più rispetto alla Terra, fino al caso limite di un'ecumenopoli, o città planetaria. Calcolo quindi la frazione di urbanizzazione minima rilevabile utilizzando 100 ore di tempo di osservazione per analoghi generici della Terra attorno a stelle entro 10 parsec [1 parsec corrisponde a circa a circa 3,26 anni luce] dal Sole e per pianeti potenzialmente abitabili conosciuti vicini".

Beatty, che fa parte del Dipartimento di Astronomia e Osservatorio Steward, Università dell'Arizona, basa la sua analisi sulle architetture di due osservatori, il Large UV/Optical/IR Surveyor (LUVOIR) e l'Habitable Exoplanet Observatory (HabEx), che ancora sono solo un progetto.
Per il LUVOIR, della NASA, si è conclusa la fase di concetto, che è durata 3,5 anni. Si tratta di un telescopio spaziale altamente capace e multi-lunghezza d'onda. Il team di studio ha prodotto progetti per due varianti: una con uno specchio del telescopio di 15,1 metri di diametro (LUVOIR-A) e una con un Specchio di 8 metri di diametro (LUVOIR-B). Lo sviluppo potrebbe iniziare in questi anni ma il lancio avverrebbe intorno al 2040. HabEx è sempre un progetto NASA e nasce per l'imaging diretto di sistemi planetari attorno a stelle simili al Sole. Sarà sensibile a tutti i tipi di pianeti; tuttavia il suo obiettivo principale è, per la prima volta, quello di fotografare esopianeti simili alla Terra e caratterizzare la loro atmosfera. Anche in questo caso, se la missione passerà alla fase successiva, dovremo aspettare una quindicina d'anni prima del lancio.

I telescopi di prossima generazione e nuove tecniche di analisi contribuiranno nella ricerca di biofirme e tecnofirme nel prossimo futuro. Queste ultime sono segnali osservabili dallo spazio che dovrebbero indicare la presenza di vita tecnologica su un esopianeta o in un sistema stellare.

 

Le tecnofirme

I principali metodi attuali di ricerca di firme tecnologiche si basano su monitoraggi radio o ottici, per cercare segnali attivamente trasmessi da una vicina civiltà aliena. Tuttavia, il mancato rilevamento, nonostante gli innumerevoli tentativi, lascia supporre che la frequenza della vita tecnologica avanzata deve essere bassa nel nostro quartiere galattico o che gli alieni non stanno trasmettendo segnali radio o ottici, o una combinazione di entrambe i fattori. 

Molti scienziati hanno proposto idee diverse su cosa cercare: grandi distese di pannelli fotovoltaici, che mostrerebbero uno spettro di riflessione significativamente diverso rispetto alla vegetazione; dense costellazioni di satelliti in orbita attorno all'esopianeta (basta pensare a quello che sta succedendo attorno alla Terra!); aumento della polvere atmosferica e nuvole causate da una grande guerra nucleare; inquinamento industriale ecc.

L'emissioni delle luci delle città sui lati notturni degli esopianeti sarebbe un'latra potenziale firma tecnologica. E, sebbene questo tipo di approccio mirato comporti ricerche più ristrette rispetto ai sondaggi radio o ottici, "supponendo che una ricerca così diretta non trovi rilevamenti significativi, potrebbe probabilmente significare anche che dovrebbero essere posti vincoli più stretti agli ultimi tre termini nell'equazione di Drake", scrive Beatty.

 

Bagliori nel buio

Concettualmente, le luci della città visibili sul lato notturno di un pianeta sono una tecnofirma convincente: dovrebbero essere relativamente longeve, presupponendo una civiltà urbanizzata e, dovrebbero avere una firma spettroscopica ben distinta che è difficile da confondere con processi naturali.
L'idea era già stata suggerita in precedenza da Schneider et al. (2010) e Loeb & Turner (2012). Recentemente, Tabor & Loeb (2021) hanno esaminato la possibilità di rilevare l'illuminazione artificiale emessa nell'infrarosso sul lato notturno di Proxima b utilizzando il James Webb Space Telescope.

Beatty analizza la rilevabilità delle luci notturne della città su esopianeti abitabili, simili alla Terra, attorno alle stelle vicine, con imaging ottico.
Nello specifico, lo studio stima quanto l'emissione dal lato notturno della Terra, che è principalmente causata da lampade al sodio ad alta pressione, sarebbe rilevabile nelle osservazioni di directimaging, utilizzando le architetture proposte per gli osservatori LUVOIR e HabEx.

I risultati mostrano che:

- LUVOIR A sarebbe in grado di rilevare le luci della città su Proxima b per un livello di urbanizzazione dieci volte superiore a quello terrestre (al momento la superficie terrestre è urbanizzata solo allo 0,05% del totale ed un tale livello potrebbe essere raggiunto intorno alla metà del XXII secolo);

- Altri esopianeti noti e promettenti sono Lalande 21185 b, Gliese 273b e Tau Ceti e ed f che, con LUVOIR A, mostrerebbero emissioni rilevabili dalle luci della città per livelli di urbanizzazione dal 3% al 10%.

"In genere", scrive Beatty, "le luci delle città sugli analoghi della Terra saranno più facili da rilevare intorno alle nane M vicine (ad es. Proxima Centauri). Gli analoghi della Terra attorno a stelle simili al Sole sono a distanze maggiori e quindi difficili da osservare attraverso l'imaging diretto ma la frazione di urbanizzazione minima rilevabile è generalmente più alta. Buoni bersagli simili al Sole sono Alpha Centauri, Epsilon Eridani, Tau Ceti ed Epsilon Indi A".