Nell'estate dell'anno scorso pubblicammo un articolo che celebrava gli strepitosi successi della missione Planck in termini di precisione, evidenziando come tali misure confermassero, affinandolo, il "modello standard" cosmologicio detto "ΛCDM" (quello con energia oscura e materia oscura fredda). In realtà, già in quella occasione gli esperti notarono alcune discrepanze, piccole ma non del tutto trascurabili, tra le previsioni del modello e alcuni dati sperimentali. Inoltre, con quei risultati si rafforzava il divario già incolmabile con il valore, più alto, della costante di Hubble-Lemaitre H0 ottenuto con metodi classici "locali" basati principalmente sulla distanza delle Cefeidi e delle supernove; da allora, la situazione non è affatto migliorata e, anzi, nelle ultime settimane il divario è cresciuto ancora perché sono stati pubblicati i risultati di due gruppi che hanno studiato tre lenti gravitazionali con i telescopi Hubble e Keck, ottenendo un valore di H0 ancora più elevato, addirittura 76,8 km/s/Mpc. Questi risultati, uniti alle difficoltà nell'identificare la reale natura della materia oscura, hanno portato a quella che gli esperti ormai chiamano apertamente "crisi della cosmologia". L'impressione è che si debba ormai andare oltre il modello classico e fare leva su una "nuova fisica" per comprendere realmente l'universo.
In un articolo appena apparso su Nature e firmato, peraltro, anche da due italiani (Eleonora Di Valentino e Alessandro Melchiorri) si torna sull'argomento e stavolta si rimette in questione il modello standard usando gli stessi dati di Planck. Gli autori, infatti, sottolineano come i risultati ottenuti dalla "Planck Legacy" nel 2018 mostravano la presenza di un eccesso nell'ampiezza del fenomeno di "lensing gravitazionale" della radiazione cosmica di fondo (CMB), rispetto a quanto previsto nel modello ΛCDM. Essi fanno notare come un universo "chiuso", ovvero con una curvatura media positiva anziché nulla, potrebbe fornire una spiegazione di tale fenomeno, indicando addirittura per questa opzione un livello di confidenza statistica superiore al 99%.Tutto ciò è mostrato nell'immagine di apertura, dove la distribuzione statistica "a posteriori" del parametro di curvatura Ωk per il modello standard forzatamente piatto (in blu) differisce significativamente da due diversi modelli elaborati dagli autori e basati sui dati reali, peraltro in accordo con la stima iniziale dei dati Planck pubblicata nel 2015 (curva verde).
Va sottolineato che la deviazione dall'universo piatto di cui stiamo parlando è almeno due ordini di grandezza superiore a quanto necessario per escludere un cosmo in eterna espansione accelerata e può avere enormi conseguenze sui possibili meccanismi all'origine del "Big Bang", come pure sul destino futuro dell'universo, che potrebbe davvero concludersi con un "Big Crunch" e una eventuale ripetizione ciclica del tutto.
Nell'articolo, si studiano ulteriormente le evidenze sperimentali a favore di un Universo geometricamente chiuso, dimostrando che la curvatura positiva spiega anche il noto divario, presente nei dati di Planck, tra i parametri cosmologici calcolati su differenti scale angolari. L'ipotesi di un universo piatto, invece, finisce per mascherare una "crisi cosmologica" in cui le diverse proprietà osservate dell'Universo sembrano essere reciprocamente incoerenti.
In conclusione, per risolvere definitivamente il mistero gli autori suggeriscono di effettuare ulteriori misurazioni sulla radiazione di fondo, al fine di chiarire senza ambiguità se abbiamo bisogno di una nuova fisica per descrivere l'Universo oppure se siamo incappati in qualche genere di errore sistematico o in una anomalia statistica. Questo richiederà nuove tecnologie ancora da sviluppare e, presumibilmente, nuovi telescopi spaziali per sfruttarle al meglio.
Riferimenti:
https://m.phys.org/news/2019-11-planck-space-observatory-universe-sphere.html#lightbox
https://www.nature.com/articles/s41550-019-0906-9
https://journals.aps.org/prd/abstract/10.1103/PhysRevD.86.023534