La collaborazione internazionale "Glass" del James Webb Space Telescope ha effettuato osservazioni dettagliate della galassia soprannominata Gz9p3, che risale ad appena 510 milioni di anni dopo il Big Bang.
Il team ha scoperto che, proprio come le altre galassie primordiali osservate dal JWST, sembra che Gz9p3 contenga già diversi miliardi di stelle e, di conseguenza, risulta molto più massiccia e matura di quanto previsto per una galassia nell’universo neonato. Ed è anche circa 10 volte più massiccia di altre galassie osservate dal JWST in epoche simili della storia dell'universo.

"Solo un paio di anni fa, Gz9p3 appariva come un singolo punto di luce attraverso il telescopio spaziale Hubble", ha scritto nel comunicato Kit Boyett, membro del team e scienziato dell'Università di Melbourne. "Ma utilizzando il JWST abbiamo potuto osservare questo oggetto com'era 510 milioni di anni dopo il Big Bang, circa 13 miliardi di anni fa" (l'universo, ora, ha circa 13,8 miliardi di anni).

Gz9p3 è semplicemente straordinaria. Oltre alle dimensioni, anche la forma rivela indizi sulla sua formazione.

La ricerca è stata pubblicata il 7 marzo sulla rivista Nature Astronomy.


Come si è formata Gz9p3?

Utilizzando il JWST, il team è stato in grado di determinare che Gz9p3 ha una forma complessa con due macchie luminose che rivelano la presenza di due nuclei densi. Ciò indica che Gz9p3 è probabilmente nata dallo scontro di due galassie primordiali nell’universo neonato. E, questa collisione potrebbe essere ancora in corso (dal nostro punto di vista).

"L'immagine JWST della galassia mostra una morfologia tipicamente associata a due galassie interagenti. E la fusione non è terminata perché vediamo ancora due componenti", ha spiegato Boyett. "Quando due oggetti massicci si uniscono in questo modo, di fatto eliminano parte della materia nel processo. Quindi, questa materia scartata suggerisce che quella che abbiamo osservato è una delle fusioni più distanti mai viste".

Oltre a determinare l’età, la massa e la forma di questa antica galassia, Boyett e colleghi sono riusciti a sondare più in profondità Gz9p3 per esaminare la popolazione stellare.

In genere, le stelle giovani sono più luminose di quelle più vecchie, di solito dominano le immagini delle galassie, specialmente quando sono così distanti e la loro luce viaggia per miliardi di anni per raggiungerci. E, poiché le stelle giovani e vecchie hanno composizioni diverse, il team è riuscito a separare le due popolazioni di stelle effettuando osservazioni spettroscopiche di Gz9p3 e sfruttando l'imaging diretto.

Grazie al JWST, la squadra ha esaminato la metallicità stellare, rilevando elementi target tra cui il silicio, il carbonio e il ferro, che è l'elemento più pesante che può essere sintetizzato dalle stelle. Questi elementi rilasciati nelle esplosioni di supernova hanno arricchito l’universo primordiale di metalli e fornito la materia per la successiva generazione di stelle.

La consistente quantità di vecchie stelle scoperte in Gz9p3 indica che le galassie potrebbero essere diventate “chimicamente mature” più velocemente di quanto si sospettasse in precedenza.
"Queste osservazioni forniscono la prova di un rapido ed efficiente accumulo di stelle e metalli nel periodo immediatamente successivo al Big Bang, legato alle fusioni di galassie in corso, dimostrando che galassie massicce con diversi miliardi di stelle esistevano prima del previsto", ha scritto Boyett.

Questo studio dimostra che la fusione tra galassie ha un ruolo importante nella rapida formazione stellare, un processo chiamato "starburst".
La maggior parte delle grandi galassie dell’universo sono cresciute in questo modo: anche la Via Lattea vanta anche una storia di fusioni. Attualmente forma stelle a rilento ma questo ritmo cambierà quando entrerà in collisione con la vicina Andromeda, tra circa 4,5 miliardi di anni. Ciò causerà un afflusso di gas che darà il via a nuovi vivai stellari.

"Queste osservazioni di Gz9p3 mostrano che le galassie erano in grado di accumulare massa rapidamente nell'universo primordiale attraverso fusioni, con efficienze di formazione stellare superiori a quanto ci aspettassimo", ha spiegato Boyett. "Questa e altre osservazioni effettuate utilizzando il JWST stanno inducendo gli astrofisici a modificare la loro modellizzazione dei primi anni dell'universo".