Per la prima volta gli astronomi sono stati in grado di stimare che il giorno durava solo 17 ore circa due miliardi e mezzo di anni fa
Quando la Luna orbita attorno alla Terra, la sua gravità attira il nostro pianeta. Gli effetti provocano una sorta di rigonfiamento e si manifestano soprattutto nelle masse d'acqua generando quelle che chiamiamo maree. Tuttavia, dato che la Terra ruota attorno al proprio asse molto più velocemente di quanto la Luna le giri attorno, il picco mareale sul nostro pianeta precede un pochino la posizione della Luna ed esercita, a sua volta, un’attrazione gravitazionale sul satellite che tende a trascinarlo aumentandone la velocità. Questa sorta di rimorchiatore gravitazionale, quindi, spinge la Luna su un'orbita sempre più distante. L'energia del cambiamento orbitale viene in sostanza dalla rotazione della Terra che, in un lontano passato, ruotava sul proprio asse molto più velocemente.
Questo fatto è noto da tempo e gli astronomi hanno utilizzato fossili e prove geologiche per stimare la lunghezza della giornata in passato. Ora, una nuova ricerca ha esplorato altre strade per migliorare la precisione dei calcoli: i cosiddetti cicli di Milankovitch.
Nello studio, il team di scienziati, affiliato all'Università di Utrecht, all'Università di Ginevra e all'Università del Quebec a Montreal, ha esaminato un tipo molto antico di rocce sedimentarie nell'Australia occidentale, note come "formazioni ferro fasciate". Queste sono rocce sedimentarie molto ricche di ferro, da cui proviene circa il 90 per cento del ferro estratto nel mondo. Nei depositi australiani, è stato trovato uno schema regolare di strati ricchi di ferro alternati a strati contenenti più argilla, un modello caratteristico, secondo i ricercatori, correlato a cambiamenti periodici nella forma dell'orbita terrestre e nell'orientamento del suo asse di rotazione. Queste variazioni passate, a loro volta, hanno influenzato la distribuzione della radiazione solare ricevuta dalla Terra (i cicli di Milankovitch), e quindi anche il clima. Ma l'elemento chiave della scoperta è che anche questo modello di ciclo caratteristico è cambiato gradualmente nel tempo. Lo spostamento più lento è la diretta conseguenza dell '"evoluzione delle maree" del sistema Terra-Luna ed è quindi anche correlato alla distanza tra la Terra e la Luna in passato, spiega la scienziata della terra Margriet Lantink dell'Università di Utrecht.
Più vicine
Attraverso un'analisi dettagliata dei modelli di ciclo negli strati rocciosi, gli scienziati sono stati in grado di ricostruire la distanza tra la Terra e la Luna al momento della formazione dei depositi, 2,46 miliardi di anni fa.
“Oggi, questa distanza è di circa 384.300 chilometri. In media, ovviamente, perché la Luna non fa un cerchio perfetto attorno alla Terra; la sua orbita è un'ellisse. Durante l'intervallo di tempo che abbiamo studiato, la distanza Terra-Luna era molto più breve: circa 321.800 chilometri", spiega il team. "È anche importante notare che la nostra interpretazione dei modelli negli strati rocciosi in termini di cicli di Milankovitch è stata confermata dall'uranio-piombo datato dai minerali vulcanici nei campioni di roccia".
Nel tempo, anche la rotazione della Terra attorno al suo asse è rallentata. Questo era già noto ma Lantink è riuscita a determinare che sulla giovane Terra un giorno durava solo 17 ore, molto meno delle attuali 24.
L'attuale distanza dalla Luna ci offre uno spettacolo molto speciale: le eclissi solari totali. Queste si verificano solo se le dimensioni apparenti del Sole e della Luna sono le stesse dal nostro punto di vista. Tra qualche centinaia di anni non sarà più così perché la Luna sarà troppo lontana per coprire l'intero disco solare. Uno spettacolo a cui abbiamo il privilegio di assistere.