La promessa fatta da Elon Musk alla vigilia dell'attesissimo "Integrated Flight Test 4", quella di un "Excitement guaranteed", è stata puntualmente rispettata e sottolineata dagli applausi entusiastici della platea di dipendenti SpaceX che assistevano in diretta dal quartier generale di Hawtorne, in California.

 Il decollo da Starbase Texas è avvenuto alle 7:50 locali (le 14:50 italiane), 50 minuti dopo l'ora inizialmente pianificata. La partenza è stata perfetta, con l'unica pecca di un motore Raptor non funzionante nell'anello più esterno. Questo non è un serio problema dato che il sistema Starship è stato progettato per riuscire a raggiungere l'orbita anche con due motori non funzionanti, grazie al margine di spinta massima a disposizione; si tratta della dimostrazione che la filosofia a "molti motori" offre, a fronte di una maggiore complessità, un margine di ridondanza e di affidabilità sicuramente superiore ai vettori tradizionali. Se non consideriamo il primo test IFT-1, quando il design era differente e ci furono molti problemi legati all'assenza di paratie isolanti tra i motori e all'utilizzo di attuatori idraulici anziché elettrici per orientare la spinta, possiamo quindi concludere che nei tre test successivi un solo Raptor ha avuto un malfunzionamento al decollo, quindi la percentuale di fallimento è stata dell' 1%, decisamente bassa e probabilmente destinata a scendere ulteriormente!

TakeOff

I primi istanti dopo il decollo, si noti il Raptor spento nella ripresa a destra - Credits: SpaceX - Processing: Marco Di Lorenzo
 

 In verità, la mancata spinta di un motore sembra avere avuto un lieve impatto sulla fase di ascesa in atmosfera dal momento che, confrontando la telemetria di IFT-4 con quella del precedente IFT-3, a 90 secondi dal decollo la velocità era circa 1730 km/h invece di 1900 km/h mentre la quota era 18 km invece di 19. Questo ha provocato un ritardo di 8 secondi sul momento della separazione tra i due stadi, avvenuta quasi 3 minuti dopo il lancio (173 secondi per l'esattezza), ad un'altezza di 72 km. Nel giro di soli 4 secondi, il booster si è capovolto e ha riacceso i 10 motori intermedi, in aggiunta ai 3 centrali già attivi, per effettuare la manovra di "boostback". Questa "frenata", durata 50 secondi, ha ridotto drasticamente la velocità del booster, da 5450 km/h a soli 1350 km/h, valore ulteriormente sceso a 880 km/h nel giro di circa 25 secondi, per effetto della semplice forza di gravità che ha annullato la componente verticale del movimento. Quello è stato il momento dell'apogeo per il booster, a 109 km di altezza massima, ma nel frattempo l'anello interstadio denominato "Hot Stage Ring" si era separato come previsto, per poi precipitare in mare; lo scopo era quello di ridurre la massa "pagante" del booster durante il rientro e poter disporre di una manciata di carburante aggiuntivo da consumare per qualche secondo di spinta in più, durante il successivo "landing burn".

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La discesa del booster B11 fino al Golfo del Messico - Credits: SpaceX - Processing: Marco Di Lorenzo

 Arriviamo quindi alla discesa del booster B11, un momento davvero cruciale perchè non perfettamente riuscito nel volo precedente e invece importantissimo per garantire, forse già durante il prossimo volo IFT-5, un atterraggio di precisione sui "chopsticks" della Torre Orbitale. Dopo una discesa "libera" di circa 160 secondi, durante la quale B11 ha prima accelerato per poi essere rallentato dall'attrito atmosferico fino alla velocità del suono, il booster ha di nuovo acceso i 13 motori orientabili, anche se uno di essi sembra essere esploso rilasciando vistosi frammenti. La conseguente violenta decelerazione, che ha superato i 5g, ha rallentato B11 fino ad una velocità verticale inferiore ai 10 km/h, presumibilmente compatibile con un atterraggio non traumatico sui chopsticks virtuali. L'enorme booster si è quindi librato quasi immobile a poche decine di metri sull'acqua per un paio di secondi, prima di esaurire il combustibile e quindi inabissarsi. Elon Musk ha commentato definendolo un "atterraggio morbido di successo".

 L'orbiter S29 ha invece raggiunto la traiettoria sub-orbitale dopo oltre 5 minuti di spinta. I tre motori "vacuum" e i 3 motori atmosferici vengono spenti ad una altezza di quasi 150 km sopra l'Oceano Atlantico, dopo avere impartito una velocità di oltre 25000 km/h al veicolo, dunque molto prossima a quella necessaria per entrare in un'orbita vera e propria. Questo consente a S29 di percorrere oltre mezza orbita, raggiungendo un'altezza massima di 212 km per poi rientrare in atmosfera sull'Oceano Indiano orientale, non lontano dalle coste nord-occidentali dell'Australia, 45 minuti dopo il lancio. L'enorme velocità di ingresso, 26700 km/h, causa la compressione e la ionizzazione dell'aria ancora molto rarefatta; e così, già a 108 km di altezza, si crea una fantasmagorica nube purpurea sempre più luminosa che avvolge la metà inferiore del veicolo.

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La progressiva formazione della nube di plasma attorno a S29 - Credits: SpaceX - Processing: Marco Di Lorenzo

 Rispetto al volo precedente, non si è verificato l'abbondante distacco di mattonelle dello scudo termico che aveva caratterizzato le primissime fasi dell'ingresso atmosferico. Inoltre, si nota una grande stabilità del veicolo durante l'intera discesa in regime ipersonico. Entrambi questi miglioramenti, frutto di innumerevoli modifiche hardware e software, hanno consentito a S29 di portare a termine la discesa, anche se l'enorme calore sviluppato sembra avere creato delle brecce nello scafo e sulle appendici aerodinamiche. In particolare, il video mostra il preoccupante degrado di uno degli alettoni anteriori, corroso dalle lingue di plasma alla base e poi privato della copertura superiore in acciaio, rivelando lo scheletro metallico sottostante.   

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 Il danneggiamento sull'alettone anteriore - Credits: SpaceX - Processing: Marco Di Lorenzo

 Nonostante l'opacizzazione e la rottura del vetro protettivo della telecamera, nelle ultime fasi della discesa è intuibile che, nonostante i gravi danni, l'alettone fosse ancora in grado di manovrare e viene ripetutamente illuminato da quello che sembra il bagliore generato dai motori. A 66 minuti dal decollo, la telemetria mostra una velocità che si azzera e, subito dopo, si ha l'impressione che il veicolo si adagi sulla superficie dell'oceano. Subito dopo la trasmissione si interrompe definitivamente e, anche se i dati telemetrici sull'orientamento e sullo stato dei motori sembrano dire il contrario, l'impressione netta è che S29 abbia davvero effettuato la manovra di raddrizzamento "Belly Flop" per poi iniziare il landing burn che lo decelera a velocità zero durante il touchdown. Questa impressione è stata poi confermata dal sintetico resoconto ufficiale pubblicato sul sito SpaceX.

 In ogni caso, è la prima volta che il rientro in atmosfera di un veicolo spaziale viene trasmesso in diretta per intero e persino in alta definizione! Il merito va alla rete Starlink, ovviamente, dal momento che le stazioni riceventi a terra subiscono normalmente un "blackout" delle trasmissioni, perchè la nube di plasma sotto il veicolo inibisce la propagazione delle onde radio.

 Insomma, IFT-4 è stato un successo probabilmente oltre le aspettative e un grosso passo in avanti verso la piena riutilizzabilità di questo lanciatore a dir poco rivoluzionario. Anche se il lavoro da fare è ancora parecchio, si è trattato di un segnale forte di fattibilità che avrà rassicurato anche la NASA, in apprensione per il ruolo chiave che Starship avrà nell'ambito del programma Artemis!