Curiosity

Credit NASA JPL

Dal rilascio dei risultati relativi alle analisi dei dati delle prime 12 settimane che Curiosity ha trascorso sulla superficie di Marte, si sono moltiplicati in rete i titoli che accendono le speranze per condizioni ambientali favorevoli ad un’eventuale missione umana.

Infatti, con la missione Curiosity, per la prima volta, è stata misurata la radiazione che raggiunge la superficie di un altro pianeta: i livelli di radiazione sul suolo marziano sembrano essere sostanzialmente simili a quelli sperimentati dagli astronauti nella bassa orbita terrestre.

Noi stessi, diversi mesi fa, ci eravamo chiesti che tipo di luce, cioè quale parte dello spettro luminoso, raggiunge la superficie del Pianeta Rosso.

In quell’occasione, avevamo accennato al fatto che, tutte le missioni su Marte, nel loro repertorio fotografico, sembrano non aver tenuto conto dell’eventuale componente ultravioletta.
Infatti, a differenza delle missioni nello spazio profondo, come la Cassini, non sono stati mai previsti veri e propri filtri UV pass.
Perchè?
Forse perchè la quantità di UV che raggiunge la superficie non è poi così rilevante, dato questo, forse, già noto dalle prime missioni. Allo stesso tempo, avevamo sottolineato come nelle immagini orbitali e di superficie, i raggi cosmici siano estremamente rari.
In effetti, anche qui, basta osservare qualche foto della missione Cassini per rendersi conto della sostanziale differenza.
Avevamo ipotizzato quindi, che l’atmosfera marziana, fosse in grado di bloccare buona parte dello spettro ultravioletto e della radiazione ("Riflessioni sulla quantità e composizione della luce marziana")

Nella conferenza stampa del 15 novembre, Don Hassler del Southwest Research Institute a Boulder, Colorado, ha dichiarato:

"Vediamo uno schema ben definito relativo alle maree termiche giornaliere"

"L'atmosfera fornisce un livello di protezione e così il livello di radiazioni è minore quando l'atmosfera è più spessa.
Nel complesso l'atmosfera di Marte riduce la dose di radiazioni, rispetto a quelle rilevate durante il viaggio verso Marte".

E poi ancora...

“Assolutamente, gli astronauti possono vivere in questo ambiente”

Hassler, ricercatore principale del RAD (Radiation Assessment Detector) sta aiutando gli scienziati a quantificare e a caratterizzare la radiazione dell’ambiente marziano, per valutare l’esistenza di una vita passata e futura.

In sostanza, i livelli di radiazioni misurati da Curiosity equivalgono a quelli a cui sono sottoposti gli astronauti che vivono a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Nonostante l’atmosfera marziana sia solo l’1% di quella terrestre, fornisce una notevole schermatura dalle pericolose particelle cosmiche.

La radiazione giornaliera segue lo spessore dell’atmosfera e, a ciascun massimo di pressione corrisponde una diminuzione della radiazione tra il 3% e il 5% ("Che tempo fa su Marte? Da Curiosity nuovi dati atmosferici").

Con il proseguire della missione Hassler e il suo team mireranno ad ottenere una quantificazione esatta della radiazione a complessiva, tra viaggio di andata e ritorno verso Marte, più soggiorno sulla superficie, a cui sarebbe sottoposto un equipaggio umano.

Curiosity flare solare durante il viaggio verso Marte

Flare solare osservato dal RAD di Curiosity durante il viaggio verso Marte
Credit: NASA/ACE/RAD

I dati migliori si otterranno quando una tempesta solare sarà diretta verso il Pianeta Rosso.
Durante il viaggio di andata, Curiosity ha avuto la fortuna di volare attraverso ben cinque flussi importanti di particelle: ora, se si verificherà un evento analogo, il rover potrà registrare i dati direttamente dalla superficie.