Vi siete mai chiesti com’è l’alimentazione nello spazio?

In assenza di gravità le regole sono diverse, per cui è necessario che gli astronauti consumino pasti preparati e conservati in modo particolare, ma che siano in grado anche di fornire l’apporto nutrizionale più indicato per quella particolare situazione.

Bisogna tenere conto anche del fatto che la digestione nello spazio avviene in modo diverso, inoltre la situazione di micro-gravità causa un invecchiamento cellulare molto più veloce, per cui è necessario avere un’alimentazione il più corretta possibile e studiata fin nei minimi dettagli.

Da quando l'uomo è arrivato nello spazio ci sono stati mutamenti nella sua alimentazione sia per l'evoluzione della scienza che ha portato lassù nuove tecnologie come appositi forni od anche macchine per irradiare il cibo in modo che non scada, sia per quanto riguarda i cibi stessi che vengono consumati non solo in polvere ma anche “al naturale”.

 

Vi chiederete cosa hanno mangiato i primi uomini arrivati nello spazio.

Iniziamo col primissimo, ovvero Jurij Gagarin.

Fu il primo uomo a volare nello spazio e, ovviamente, fu anche il primo a mangiare nello spazio. Che menù fu scelto per quella incredibile impresa? Due porzioni di purea di carne, conservata in contenitori simili a un tubetto di dentifricio, con tanto di dolce: un tubetto di cioccolato.

cibo in tubetto

Nella foto alcuni esempi dei primi cibi spaziali dei cosmonauti sovietici

L'anno successivo toccò all'astronauta americano John Glenn. Il suo pranzo consisteva in un tubetto di salsa di mele, alcune compresse di zucchero da disciogliere in acqua e una purea di manzo e verdure in un tubetto.

La qualità degli alimenti (dopo le tantissime lamentele degli astronauti) iniziò ad evolvere durante il programma Gemini, quando gli astronauti mangiarono finalmente cibo solido:cubetti coperti di gelatina per fermare le briciole alimenti liofilizzati stipati in contenitori di plastica.

Una riprova che ha fatto sì di proibire assolutamente il pane a bordo dei mezzi spaziali è quello che è accaduto a Young, capitano dello Space Shuttle, Egli, durante la missione Gemini 3, portò un panino con carne di manzo in una tasca della tuta spaziale. Dopo un paio d’ore dal lancio, l’astronauta tirò fuori il panino offrendone un pezzo al compagno di viaggio ma dopo il primo morso notarono come il pane si sbriciolasse molto più del previsto con le briciole che cominciarono a fluttuare impazzite per tutta la capsula (proprio come le patatine di Homer). I due astronauti non sembravano molto preoccupati e dopo alcuni morsi decisero fosse meglio riporre il panino. Questo episodio invece causò tanta indignazione da parte del Congresso degli Stati Uniti e della stessa Nasa che poi decise di spegnere il fuoco, minimizzando l'accaduto: ma ancora oggi è vietatissimo portare del pane lievitato a bordo. Oggi una copia di quel panino è conservata nella resina al Grissom Memorial Museum in Indiana. (vedasi foto) Un panino di manzo in scatola conservato nella resina in memoria di quello di Young. L'originale fu buttato poco dopo il rientro.

panino di Young

Un panino di manzo in scatola conservato nella resina in memoria di quello di Young. Crediti: Raymond K. Cunningham, Jr via collectSPACE.com

Durante i programmi spaziali iniziali quindi, come abbiamo visto, il consumo di cibo degli equipaggi era spesso inadeguato ma con l'avvento del programma lunare Apollo iniziarono a cambiare le cose.

La missione Apollo 11 iniziò il 16 luglio 1969, quando il razzo Saturn V con a bordo gli astronauti Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins decollò dal Kennedy Space Center, per farvi ritorno otto giorni dopo, il 24 luglio 1969. All’interno della navicella spaziale ovviamente erano presenti anche tutti i pasti degli astronauti, che in totale erano 81, studiati appositamente per ognuno di loro negli Space Food System Laboratories della NASA in base a gusti personali e contenuto nutrizionale.

Si trattava per la maggior parte di cibo liofilizzato, facilmente conservabile e di altrettanto semplice preparazione.

In quegli otto storici giorni di missione, dal 16 al 24 luglio, gli astronauti furono i primi a poter utilizzare un nuovo macchinario per la preparazione del cibo con l’aggiunta di acqua calda, il che migliorò il gusto del cibo, rendendolo più appetibile: le apposite buste contenenti il cibo venivano collegate al dispositivo che si occupava di reidratare e scaldare le porzioni. Un’altra novità fu anche lo “spoon bowl”, cioè un contenitore di plastica che può essere aperto e il cui contenuto può essere mangiato con un cucchiaio.

Per la missione Apollo 11, agli astronauti fu messa a disposizione una sorta di dispensa da cui scegliere le pietanze in base ai propri gusti e necessità. Sebbene pare che il primo alimento consumato dagli astronauti fosse il bacon, il piatto diventato storico è l’insalata di prosciutto, ovvero strisce di prosciutto condite con una salsa reidratata e racchiuse in foglie di insalata. Un altro fatto curioso dell’Apollo 11 riguarda il caffè: ne furono inviate 15 porzioni per ogni astronauta. Caffè leggero per Armstrong, caffè nero per Aldrin e caffè zuccherato per Collins.

Tra i diversi cibi “lunari”, erano presenti alcuni dessert reidratabili come il budino alla banana, alle mele o al cioccolato. Oppure prodotti per la colazione come pesche, macedonia di frutta, pancetta, corn flakes, cubetti di fragola o albicocca. Senza dimenticare vari tipi di insalate, carne e persino un cocktail di gamberi.

I cibi venivano proposti in diversi menù: uno, ad esempio, prevedeva quadratini di pancetta, pesche, cubetti di biscotto zuccherato, succo di frutta all’ananas e al pompelmo oltre che caffè. Un altro, invece, proponeva stufato di manzo, crema di zuppa di pollo, torta di frutta e succo d’arancia. In questi menù furono inclusi anche alcuni snack, in particolare frutta secca e caramelle, insieme ad altre bevande supplementari.

Skylab

Nella foto il vassoio tecnologico riscaldante utilizzato nelle missioni Skylab. Crediti: NASA

 Tra il 1973 e il 1974 gli astronauti delle missioni Skylab, la prima stazione spaziale lanciata nello spazio dalla NASA, avevano a disposizione un vassoio tecnologico (per l'epoca) che scaldava i pasti (lo vedete nella foto).

 

Vi chiederete adesso come mai tanta varietà di alimenti ma tutti da “cucinare” o servire in un determinato modo.

Ciò è dovuto al fatto che l'assenza di gravità può rendere le briciole dei cibi particolarmente pericolose: pane, cracker e patatine spezzettati potrebbero infilarsi fra gli strumenti e causare guasti tecnici oppure essere inalati dagli astronauti, causando problemi respiratori. Sono quindi alimenti banditi, a meno ché non si riescano a mangiare in un solo boccone.

Ma sono da evitare anche i cibi troppo liquidi, perché tendono a fluttuare nello spazio. Inoltre non c’è da dimenticare che i cibi devono riuscire ad essere conservati per un lungo periodo, dai 24 ai 36 mesi, a temperatura ambiente.

Per eliminare la data di scadenza di determinati ingredienti, come ad esempio maiale, tacchino e manzo, si utilizzano le radiazioni ionizzanti ad alta energia: gli alimenti irradiati si conservano infatti molto più a lungo.

Oggi i pasti nello spazio sono simili a quelli che consumiamo tutti i giorni sulla Terra: verdure surgelate e dessert, cibi refrigerati, frutta e latticini. Oggi il menù a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) comprende più di 100 piatti. Gli astronauti scelgono i propri menù giornalieri molto prima di volare nello spazio. Sono previsti tre pasti al giorno, oltre agli snack che possono essere consumati in qualsiasi momento della giornata. Vengono forniti condimenti come ketchup, senape e maionese. Sono disponibili anche sale e pepe, ma solo in forma liquida.

Expedition 20 crewmembers share a meal in the Unity module

L'equipaggio di Spedizione 20 a bordo della ISS condivide un pranzo nel modulo Unity. Crediti: ESA

Il cibo per lo spazio può essere in scatola o avvolto in fogli di alluminio. Può inoltre essere liofilizzato, a basso contenuto di umidità, precotto o disidratato. Se il cibo è disidratato, gli astronauti possono consumarlo solo dopo avervi aggiunto dell'acqua calda.

A bordo sono disponibili dei forni per riscaldare i cibi alla giusta temperatura. Anche molte bevande sono in forma disidratata. Sulla Stazione viene prodotta una certa quantità d'acqua riciclata, ma le missioni di rifornimento devono portarne altra a bordo. Le bevande vanno da tè e caffè a succo d'arancia, cocktail alla frutta e limonata.

Assumere sufficienti quantità di calorie, vitamine e minerali è importante per gli astronauti come per gli esseri umani che vivono sulla Terra. Il loro fabbisogno calorico giornaliero è di almeno 2000 calorie. Durante la missione, i membri dell'equipaggio devono compilare un questionario al computer indicando i cibi che consumano. Gli esperti a terra forniscono consigli su come migliorare la dieta se necessario.

 

Dato che sulla Stazione vivono diverse nazionalità non tutti i pasti provengono dallo Space Food della NASA.

L'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha scelto un’azienda italiana per occuparsi dello sviluppo e della preparazione del cibo destinato agli astronauti europei inviati sulla ISS: si tratta della Argotec, un’industria ingegneristica aerospaziale con sede a Torino. Ed è proprio qui che sono stati creati anche i menù per le missioni di Samantha Cristoforetti, Luca Parmitano e Alexander Gerst.

L’alimentazione nella Stazione Spaziale Internazionale cambia tantissimo in base ai gusti dei vari astronauti, come confermato da Stefano Polato, chef di Argotec: con missioni che durano fino anche a 6 mesi è necessario proporre menu elaborati che assomiglino il più possibile ai pasti quotidiani che avvengono sulla Terra. Tra i più di 100 piatti proposti ogni astronauta europeo ha a disposizione un bonus food ovvero una serie di ingredienti ed alimenti che possono essere scelti per rendere l’esperienza del cibo nello spazio più piacevole. Solitamente si tratta di cibo che aiuta l’astronauta a tornare indietro con la memoria, innescando una serie di ricordi tramite il sapore e il profumo dei cibi che ricordano casa. Ricordiamo che questi cibi speciali vengono utilizzati e serviti solo in particolari occasioni.

argotec per cristoforetti

Cibo appositamente creato dalla Argotec per l'astronauta Samantha Cristoforetti. Crediti: Argotec

Intervistato, lo chef del ristorante Campiello di Monselice (Padova) e collaboratore di Argotec dal 2012, Stefano Polato dice: “ci sono due sfide da superare nello spazio. Non esiste un frigorifero né un congelatore e quindi dobbiamo mantenere i cibi a temperatura ambiente in condizioni di alte pressioni ed assenza di gravità. Occorre anche mantenere e conservare i cibi per almeno 15-24 mesi ma a volte anche 3 anni.” e proseguendo “quando gli astronauti aprono le confezioni non devono volare briciole o pezzetti di cibo che potrebbero essere inalate o finire dentro qualche strumento delicato”.

Quindi per conservare i cibi occorre una operazione di sterilizzazione ad alte temperature, intorno ai 121 gradi, per 15 minuti per la carne ed il pesce che hanno una carica microbica molto alta. Per la frutta è sufficiente una pastorizzazione a 71 gradi che permette di lasciare il gusto inalterato e non distruggere i nutrienti necessari.

Per cuocere le pietanze e mantenere inalterato il sapore, il cibo sterilizzato viene messo in speciali sacchetti formati da 4 strati dove non entra né luce né aria per evitare ossidazioni e lì viene cucinato sottovuoto. Un altro metodo consiste nella liofilizzazione: il cibo viene congelato e poi privato dell’acqua che passa direttamente dai cristalli di ghiaccio a vapore e poi conservato sottovuoto. Quando è il momento del consumo si aggiunge il brodo e si ricostituisce la pietanza. In questo caso si mantengono inalterati i valori nutrizionali e si elimina il problema della carica microbica, anche se la consistenza non è proprio il massimo.

Ricordiamo a tal proposito che l'astronauta catanese Luca Parmitano portò sulla Stazione Spaziale un menù particolare composto da lasagna, parmigiana e tiramisù. Certo la lasagna era molto più leggera di quella che consumava a casa infatti al ragù erano state aggiunte molte verdure compresi gli spinaci e sono state utilizzate farine poco raffinate.

L'astronauta italiana Samantha Cristoforetti si è invece orientata per il pesce azzurro, proteine vegetali, carne bianca, cereali integrali al 100% e frutta e verdura. Tutti gli ingredienti sono da agricoltura biologica. Samantha vuole farsi portavoce dei principi di una buona e sana alimentazione, che è la sua mission.

Certo non solo lo chef Polato collabora a questo progetto ma viene affiancato da una squadra di persone tra cui un a un tecnologo alimentare, che fornisce le informazioni tecniche sulle modalità migliori per mantenere il cibo, un medico nutrizionista per formulare la dieta corretta per ogni astronauta, e da un tecnico di laboratorio che mette a punto le modalità di cottura migliori.

Dato che si è parlato di acqua, dobbiamo aggiungere che un certo quantitativo viene raccolto sfruttando la condensa dell’umidità e riciclando l’urina. Sulla stazione sono presenti alcuni distributori (‘water dispensers’) dai quali gli astronauti possono servirsi, decidendo di volta in volta la quantità e la temperatura di erogazione. Normalmente, gli astronauti si limitano ad aggiungere ai loro pasti solo acqua calda o fredda. Ma non si usano bicchieri in quanto versare l'acqua sarebbe impossibile, data l'assenza di gravità. L'acqua galleggerebbe nell'aria della navicella, restando sospesa anche con il bicchiere completamente capovolto. Si utilizza quindi uno speciale contenitore con una bocchetta che va ad attaccarsi al water dispenser e successivamente viene riempito muovendo una levetta. (vedasi foto). La maggior parte dell’acqua disponibile sulla I.S.S. è trasportata dalla Terra grazie a navette cargo.

water drinking

Distributore dell'acqua mentre sta riempiendo una piccola tanica della ISS. Crediti: NASA 

Diverso invece trattamento per tutte le altre bevande diverse dall’acqua (come ad esempio il thé e la limonata) che sono liofilizzate e contenute all’interno di appositi sacchetti. Questi hanno un piccolo attacco che permette sia il collegamento alle macchine erogatrici, sia l’inserimento di una speciale cannuccia per bere.

 

Adesso vi chiederete quanto costa questo cibo “spaziale”

Rispetto agli stessi prodotti in vendita al supermercato i prezzi lievitano di 5/6 volte. Innanzitutto per la qualità della materia prima che viene scelta; per esempio le mele sono state scelte personalmente in Trentino per poter avere le migliori e mature al punto giusto. Poi la produzione è ristretta (500 porzioni per ogni cibo) e il packaging incide molto sui costi perché nelle buste non devono entrare aria e luce, la pressione è alta e il materiale deve essere resistente.

Periodicamente le diverse navicelle automatizzate raggiungono la Stazione per fornire agli astronauti frutta fresca, acqua e pasti pronti.

Per concludere, se a qualcuno è venuto voglia di provare questo cibo “spaziale”, su Amazon sono in vendita gli stessi prodotti che potete trovare anche allo shop del Kennedy Space Center.

Assolutamente da provare sono il Gelato Biscotto alla Vaniglia, le Fragole, le Pesche e le Barrette di Emergenza.

 

Nel prossimo articolo "Sogni d'oro" ovvero come dormire nello spazio.