Nelle missioni a corto raggio non vi era la necessità di far dormire l'astronauta mentre per le missioni Apollo, soprattutto quelle sbarcate sulla Luna, fu necessario capire come poter far dormire gli astronauti.
Nella prima missione che sbarcò sulla Luna, Apollo 11, Buzz si raggomitolò sul pavimento mentre Neil sulla copertura del motore e quindi in salita. La posizione non era affatto comoda quindi Neil montò una cintura di sicurezza per le gambe in modo da tenerle più in alto e poterle muovere. Gli astronauti non tolsero le tute e quindi i bisogni fisiologici furono raccolti da un pannolone.
Nelle missioni Apollo successive furono inserite delle amache sistemate una parallela al pannello comandi, l'altra perpendicolare.
Nel disegno la disposizione delle amache nel modulo lunare Apollo. Crediti: NASA
Col maggiore spazio dello Skylab gli astronauti godettero di ambienti appositi, delle specie di cabine, dotate di sacco a pelo, in cui potevano chiudersi per passare la notte. Il sacco era posizionato in verticale ed agganciato alla paratia onde evitare che si muovesse per tutta la stazione.
Lo Skylab fornì un'esperienza unica, fino a quel momento, riguardo allo spazio vitale per gli astronauti. Per questa ragione fu deciso di monitorare il sonno durante le prime missioni per valutare le caratteristiche dello stesso in condizioni di micro gravità.
Venne inserito un hardware per l'analisi e la conservazione dei dati per valutare in tempo reale il sonno. Questo si misura in 5 fasi: la fase 1 è l'addormentamento, la fase 2 è un sonno leggero, la fase 3 e 4 sono relative al sonno profondo ed infine il sonno REM (Rapid Eye Movement, fase 5) in cui abbiamo i sogni. Durante la prima missione, che durò 28 giorni, l'analisi dimostrò che ci fu una diminuzione del tempo di sonno totale ed un aumento di sonno della fase 4. La seconda missione, che durò 59 giorni, dimostrò che ci fu una reale e sostanziale diminuzione del sonno REM. Questo perchè gli astronauti non godevano di un determinato periodo di riposo dovendo svolgere molti compiti e si svegliavano spesso durante il periodo di sonno. Da allora fu stabilito che i periodi di sonno fossero regolarmente programmati e durassero 8 ore durante i voli spaziali prolungati.
Nella foto uno degli astronauti dello Skylab dorme monitorato. Crediti: NASA
Una valutazione degli astronauti che prestavano servizio sulla stazione spaziale Mir ha rilevato che durante la microgravità avevano sperimentato periodi di sonno più brevi, maggiore veglia e cambiamenti nella struttura dei loro cicli di sonno.
Sulla MIR i cosmonauti avevano a disposizione una cabina dove conservare le foto della famiglia, un piccolo tavolino per documenti e fogli vari, un appendino dove mettere la giacca dell'uniforme. Nella cabina vi era anche un oblò e, naturalmente, un sacco per dormire.
In seguito sulla MIR ci furono osservazioni scientifiche riguardanti il sonno dato il periodo molto lungo delle missioni sovietiche. Tali osservazioni miravano soprattutto ad individuare differenze della respirazione e del ritmo cardiaco.
L'acclimatazione a lungo termine dei ritmi cardiaci alla microgravità è stata studiata su quattro astronauti a bordo della stazione spaziale russa MIR durante la veglia e il sonno. Le poligrafie del sonno sono state ottenute tra il terzo e il trentesimo giorno nello spazio e, inoltre, prima della missione a terra. Da ciascuna delle poligrafie del sonno sono stati determinati gli intervalli fra i battiti dei ritmi cardiaci. La risposta e la variabilità del periodo cardiaco alla microgravità dello stimolo è stata testata durante il sonno attraverso le fasi del sonno e durante la veglia. Nello spazio è stato riscontrato un allungamento del periodo cardiaco di circa 100 ms rispetto alle misurazioni a terra. Il rallentamento della frequenza cardiaca era più pronunciato per il sonno non REM che per il sonno REM. Non è stato possibile rilevare un cambiamento sistematico del periodo cardiaco in relazione alla durata della permanenza nello spazio. Un'analisi della variabilità del periodo cardiaco nella banda ad alta frequenza (aritmia sinusale respiratoria) supporta l'ipotesi che la diminuzione della frequenza cardiaca in condizioni di microgravità sia prodotta da un aumento dell'attività parasimpatica. Testare la risposta dei ritmi cardiaci alla microgravità attraverso stati comportamentali distinti sembra essere un potente strumento per studiare il sistema cardiovascolare.
Il Cosmonauta Yury Usachov nel suo compartimento sulla MIR: Crediti: NASA
Nelle missioni Shuttle, quando vi erano molte persone di equipaggio, si dividevano in due squadre (rossa e blu) ed utilizzavano delle stazioni del sonno a turno in modo che la squadra fuori turno potesse dormire indisturbata mentre la squadra di turno lavorava.
Purtroppo gli astronauti non disponevano, a causa del ristretto spazio, di un posto singolo dove dormire ma si raggruppavano in questa multipla cabina con letti a castello posta nel ponte inferiore. (vedasi schema).
Schema della stazione per dormire sullo Shuttle. Crediti: NASA
Quando invece le missioni prevedevano un numero ristretto di astronauti la stazione del sonno non era imbarcata quindi dovevano dormire in sacchi a pelo ancorati al pavimento od alla paratia onde non fluttuare per lo shuttle.
Alcuni astronauti dello Shuttle posti nella stazione per dormire appena svegliati. Crediti: NASA
Finalmente con la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale le cose cambiarono: gli astronauti ebbero delle cabine personali.
Da principio le cabine furono posizionate tutte in un modulo abitativo mentre poi venne scelto il Nodo 2, che si trova nel parte prodiera della stazione, e all'interno del modulo di servizio che è la poppa, un totale di sei piccole camere da letto, postazioni notte o capsule letto.
Le cabine private americane, grandi come cabine del telefono, sono insonorizzate e qui gli astronauti possono non solo dormire ma anche ascoltare musica, usare un computer portatile e riporre gli effetti personali in un grande cassetto o in reti fissate alle pareti della cabina. La cabina dispone anche di una luce di lettura, una mensola e una scrivania. È importante che le cabine siano ben aerate, altrimenti gli astronauti possono svegliarsi in debito di ossigeno a causa della bolla di anidride carbonica che si forma attorno alla loro testa durante la respirazione.
Sulla ISS vi sono 16 tramonti ed albe ogni 24 ore e pertanto non è facile capire quando è il momento di dormire.
Gli astronauti lavorano e dormono secondo un programma giornaliero. Generalmente è previsto che dormano otto ore al termine di ogni giornata di missione. Possono indossare mascherine o oscurare le finestre per evitare la luce del Sole durante il sonno. Dato che la velocità della Stazione la porta a compiere molti giri intorno alla Terra gli astronauti ricevono molti più raggi cosmici e possono vederli anche ad occhi chiusi. Questo non facilita il sonno ed è fonte di distrazione.
Expedition 64 l'astronauta giapponese Soichi Nogushi si affaccia dalla sua cabina. Crediti: NASA
Molti indossano anche tappi per le orecchie in quanto esiste un rumore incessante sulla Stazione, a causa della continua ventilazione forzata, che a tanti non concilia il sonno.
Per dormire usano un sacco a pelo legato al soffitto, alla parete od al pavimento. Può sembrare scomodo non avere un materasso od un cuscino ma non ne sentono il bisogno senza la gravità in quanto non devono sostenersi e quindi rilassano completamente ogni muscolo del corpo e le braccia fluttuano davanti a loro e la testa si inclina in avanti.
Per svegliarsi, gli astronauti usano una sveglia o la musica trasmessa dalla centrale di controllo della missione sulla Terra. Per regolare il tempo gli astronauti usano il Greenwich Mean Time (GMT) per mantenere un programma regolare. Questo fuso orario rappresenta un compromesso tra i centri di controllo della missione di Houston e Mosca.
Un possibile trattamento per alleviare la pressione del fluido nella testa è una variante del sacco a pelo sviluppato presso il Southwestern Medical Center dell'Università del Texas. Qui si sta sperimentando un nuovo sacco a pelo che utilizza l'aspirazione per ridurre la pressione dei fluidi sul cervello e può aiutare a eliminare i problemi di vista degli astronauti causati dal tempo prolungato a gravità zero. I ricercatori che lo stanno sviluppando pensano che potrebbe aiutare con potenziali problemi cardiovascolari e cognitivi che potrebbero causare problemi anche sui voli spaziali a lungo termine.
L'astronauta canadese Chris Hadfield saluta prima di mettersi a dormire. Crediti: NASA
Si è visto che, durante un lungo studio condotto dalla Divisione di disturbi del sonno e circadiani del Brigham and Women Hospital alla Harvard Medical School, gli astronauti soffrono di carenza di sonno considerevole. Questo porta gli astronauti a consumare farmaci per facilitare il sonno. La NASA programma 8 ore di sonno ma invece la durata media è risultata poco più di sei (6,09). Questi farmaci, zolpidem e zaleplon (favoriscono il sonno mitigando ansia ed insonnia), portano una mancanza di proattività in caso di sveglia di emergenza anche perchè il loro uso è sconsigliato in caso di occupazioni pericolose che richiedono una completa vigilanza mentale o coordinazione motoria. Questa considerazione è particolarmente importante perché tutti i membri dell’equipaggio di una determinata missione potrebbero essere sotto l’influenza di un sonnifero al medesimo tempo.
Gli scienziati NASA continuano a studiare il fenomeno del sonno durante i voli spaziali e non è stato trovato un singolo motivo per cui gli astronauti a volte possono fare una buona notte di sonno ed a volte invece si svegliano in continuazione.
Diversi fattori possono contribuire alla difficoltà di dormire compresi i ritmi circadiani interrotti. Il ritmo circadiano è un ciclo di 24 ore che dice al nostro corpo quando dormire e regola molti altri processi fisiologici. E' anche possibile che, a causa degli effetti della microgravità, le persone abbiano bisogno di dormire meno nello spazio ma in modo continuativo.
“Gli studi della NASA ci stanno aiutando a comprendere meglio le differenze individuali in risposta alla perdita di sonno, i biomarcatori per rilevare tali differenze e gli strumenti di monitoraggio e le strategie di contromisura per mitigare i problemi del sonno," ha affermato Lauren Leveton, scienziata della NASA per la salute comportamentale e le prestazioni nel programma di ricerca umana.
"Sono previsti sforzi per comprendere più a fondo l'ambiente del volo spaziale e il ruolo che altri fattori possono svolgere nel ridurre o favorire il sonno, tra cui la microgravità e vari fattori di stress psicologico come i livelli di carico di lavoro, lo stress e un'adeguata stimolazione sensoriale. La ricerca sta cercando contromisure più individualizzate per garantire la qualità e la quantità del sonno per le future missioni di volo spaziale," ha aggiunto Leveton
Gli astronauti lavorano in ambienti difficili e complessi dove a volte sono soggetti a situazioni di disagio e di forte stress. Ci sono molti professionisti sulla Terra in ambienti di lavoro simili. Questa ricerca sulla carenza e la privazione del sonno ha anche benefici per le persone sulla Terra, compresi i piloti di linea e i conducenti professionisti che trascorrono ore al volante. Ciò che stiamo imparando dagli astronauti nello spazio mentre lavoriamo per prepararci alle missioni di esplorazione umana nello spazio profondo può aiutare a prevenire l'affaticamento nelle cabine di pilotaggio delle compagnie aeree commerciali; può prevenire incidenti causati da camionisti assonnati sulle autostrade e può garantire che i medici siano completamente concentrati nelle sale operatorie di tutto il mondo.
La NASA continua a lavorare su contromisure contro il sonno e l'interruzione del ritmo circadiano.
L'astronauta Paolo Nespoli dorme in mezzo al corridoio. Crediti: NASA
Le future missioni di esplorazione sulla Luna, su Marte, od oltre, richiederanno lo sviluppo di contromisure più efficaci per favorire il sonno durante i voli spaziali al fine di ottimizzare le prestazioni umane. Tali misure possono includere modifiche alla pianificazione, l’esposizione a intervalli controllati a luce di specifiche lunghezze d’onda, nonché strategie comportamentali per garantire un sonno adeguato, che è essenziale per il mantenimento della salute, delle prestazioni e, in definitiva, della sicurezza.
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