La collaborazione "Cosmic Evolution Early Release Science" (CEERS) si propone di sfruttare contemporaneamente i diversi strumenti sul telescopio spaziale Webb per effettuare un'ampia perlustrazione dell'Universo estremamente lontano e primordiale, studiando la nascita delle prime galassie, la loro accrezione e la formazione dei primi buchi neri supermassicci. I primi risultati che scaturiscono da questa indagine stanno sconcertando gli astronomi e inducono a credere che presto dovremo rivedere i modelli di formazione galattica.

 Studi precedenti, come quelli condotti utilizzando il telescopio spaziale Hubble, avevano suggerito che, andando a ritroso verso un universo più giovane, i dischi stabili delle galassie a spirale odierne lasciano il posto a forme più caotiche, rappresentative delle fusioni violente che hanno costruito le prime galassie. Tuttavia, le indagini precedenti avevano difficoltà a classificare le tipologie di galassie più distanti, che apparivano poco più che macchie. È qui che entra in gioco il telescopio Webb che, avendo una superficie di raccolta 7 volte più grande di Hubble ed essendo ottimizzato per lavorare nell'infrarosso, fornisce immagini molto più nitide di quelle remote galassie e consente di analizzarne meglio lo spettro. Il gruppo CEERS ha utilizzato i nuovi dati (sia immagini che spettri) per trovare ben 850 galassie primitive, misurarne la distanza e l'età (tra 500 milioni e 2 miliardi di anni dopo il Big Bang) e classificarne la morfologia.

 Tali classificazioni (discoidali, sferoidali o irregolari) non si escludono a vicenda. "Le galassie sono complesse e non rientrano necessariamente in una sola scatola", spiega a Sky & Telescope Jeyhan Kartaltepe (Rochester Institute of Technology). Alcune galassie, ad esempio, hanno sia un disco che un rigonfiamento centrale, proprio come la Via Lattea. In futuro, tali classificazioni saranno sempre più affidate ai software, grazie a "reti neurali convoluzionali" e altri metodi computazionali, ma nel caso dello studio CEERS di cui parliamo il lavoro è stato in gran parte manuale.

 Nell'immagine di apertura, vediamo un mosaico di 690 singole riprese fatte con la "Near Infrared Camera" (NIRCam) di Webb in prossimità del "manico" dell'Orsa Maggiore, nell'ambito dalla collaborazione CEERS; essa contiene diversi esempi di galassie ad alto redshift con varie morfologie, inclusa una frazione sorprendentemente alta di dischi.  E' venuto fuori che, nonostante la loro giovinezza, le galassie avevano forme inaspettatamente simili a quelle a noi più vicine. La percentuale di galassie a disco diminuisce solo leggermente nell'universo primordiale, mentre la frazione di quelle con un rigonfiamento centrale e quelle con una forma irregolare è rimasta pressoché costante in epoche remote.

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 Un collage di immagini JWST mostra galassie barrate risalenti a un periodo compreso tra 8,4 miliardi e 11 miliardi di anni fa.

 Poiché si pensa che i dischi si formino solo in ambienti relativamente tranquilli, in cui le stelle riescono ad appiattire le loro orbite su un piano comune invece di venire continuamente perturbate dall'interazione e dal cannibalismo intergalattico, la loro prevalenza in un universo decine di volte più giovane è un po' come vedere degli adolescenti quando si aspetta di vedere dei neonati. "Non siamo sorpresi di vedere galassie a disco", chiarisce Kartaltepe. “Penso che la sorpresa sia vederne così tanti... Non stiamo ancora vedendo le prime fasi della formazione delle galassie”. Allo stesso tempo, nota che i dischi di ieri sono diversi da quelli moderni. "Non sono la Via Lattea di oggi", osserva. "Sono turbolenti e disordinati, dobbiamo studiarli meglio".

 Parlando alla stessa conferenza stampa dell'AAS, Haojing Yan (Università del Missouri) ha riferito di galassie ancora più remote, grazie alle immagini multi-banda di Webb. Yan ha trovato 87 galassie distanti dietro l'ammasso SMACS 0723, la cui luce viene distorta e amplificata dalla gravità dell'ammasso stesso. Sulla base del loro "colore" infrarosso, galassie sembrano esibire uno spostamento verso il rosso compreso tra 11 e 18, ovvero un'età di soli 200÷400 milioni di anni dopo il Big Bang. Anche se questi candidati attendono una conferma spettroscopica del loro red-shift, finora le conferme spettroscopiche fatte su altre galassie remote hanno confermato la stragrande maggioranza delle stime di distanza preliminari. Ebbene, se anche solo la metà della selezione di Yan risultasse composta da galassie vicine "intruse", mascherate da galassie lontane, il numero di quelle autenticamente primordiali sarebbe comunque inaspettatamente grande. "La nostra immagine precedentemente favorita della formazione delle galassie nell'universo primordiale deve essere rivista", afferma.

 Nella stessa conferenza, uno dei teorici che affrontano questo problema, Jordan Mirocha del JPL, ha affermato che c'è una sovrabbondanza di galassie oppure che esse sono molto più luminose di quanto previsto dai modelli. Le prime galassie si sono formate in aloni di materia oscura ancora in crescita, che hanno condizionato con la loro gravità le nubi di idrogeno gassoso addensandole. Quell'afflusso di materia, suggerisce Mirocha, potrebbe aver ostacolato il "feedback stellare" che rallenta la formazione stellare nelle galassie odierne. Eppure, anche se la furiosa formazione di nuove stelle farebbe apparire luminose le prime galassie, questo genererebbe anche polvere, che a sua volta offusca le galassie.

 Bilanciare tutti questi diversi fattori sarà la chiave per capire come si sono formate le prime galassie.