Negli ultimi 6 anni, gli osservatori di onde gravitazionali hanno rilevato fusioni di buchi neri, confermando le previsioni della teoria della gravità di Albert Einstein. Ma c'è un problema: molti di questi buchi neri sono inaspettatamente grandi.

Sebbene non emettano luce, le fusioni di buchi neri vengono osservate attraverso le emissione di onde gravitazionali, increspature nel tessuto dello spazio-tempo previste dalla teoria della relatività generale di Einstein. Questi buchi neri derivano da stelle massicce e non dovrebbero avere masse superiori alle 40 masse solari. Gli osservatori LIGO e Virgo, tuttavia, hanno trovato molti buchi neri con masse maggiori di quella di 50 soli, alcuni anche più massicci di 100 Soli.

Ad oggi, sono stati proposti numerosi scenari di formazione per produrre buchi neri così grandi, ma nessun è stato in grado di spiegare la diversità delle fusioni osservate finora e non c'è accordo su quale combinazione di formazione sia fisicamente praticabile. Questo nuovo studio, pubblicato sull'Astrophysical Journal Letters, è il primo a dimostrare che le masse dei buchi neri grandi e piccoli possono derivare da un unico percorso, in cui i buchi neri guadagnano massa dall'espansione dell'Universo.

L'accoppiamento cosmologico

Gli astronomi in genere modellano i buchi neri all'interno di un Universo che non può espandersi. "È un presupposto che semplifica le equazioni di Einstein", ha detto Kevin Croker, professore presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università delle Hawaii. "C'è però un compromesso: le previsioni possono essere ragionevoli solo per un periodo di tempo limitato". Questa semplificazione, ad esempio, ha senso se si stanno analizzando gli eventi registrati da LIGO e Virgo, che durano pochi secondi ma non possono spiegare l'intero processo di fusione che richiede potenzialmente miliardi di anni. E, durante il tempo che intercorre tra la formazione di una coppia di buchi neri e la loro eventuale fusione, l'Universo cresce profondamente. 

Se si considerano attentamente gli aspetti più sottili della teoria di Einstein, emerge una possibilità sorprendente: le masse dei buchi neri potrebbero crescere di pari passo con l'Universo, un fenomeno che Croker e il suo team chiamano accoppiamento cosmologico.

L'esempio più noto di materiale cosmologicamente accoppiato è la luce, che perde energia man mano che l'universo cresce.
"Abbiamo pensato di considerare l'effetto opposto", ha detto il coautore della ricerca e professore di fisica e astronomia della UH Mānoa, Duncan Farrah. "Cosa osserverebbero LIGO-Virgo se i buchi neri fossero accoppiati cosmologicamente e guadagnassero energia senza bisogno di consumare altre stelle o gas?"

Per indagare questa ipotesi, i ricercatori hanno simulato la nascita, la vita e la morte di milioni di coppie di grandi stelle.
Ogni coppia di stelle che avrebbe generato buchi neri è stata collegata alle dimensioni dell'Universo, a partire dalla loro morte.
In queste simulazioni, mentre l'Universo continuava ad espandersi, anche le masse di questi buchi neri cresceva mentre i mostri cosmici spiraleggiavano gli uni verso gli altri. I risultati hanno generato non solo buchi neri più massicci dopo la fusione ma anche più fusioni.

Quando i ricercatori hanno confrontato i dati di LIGO-Virgo con le loro previsioni si sono resi conto che erano in accordo.
"Devo dire che all'inizio non sapevo cosa pensare", ha affermato Gregory Tarlé, coautore della ricerca e professore dell'Università del Michigan. "Era un'idea così semplice, sono rimasto sorpreso che funzionasse così bene".


Un modello semplice che funziona

Secondo il team questo nuovo modello è importante perché non richiede alcuna modifica alla nostra attuale comprensione sulla formazione, evoluzione o morte stellare. L'accordo tra il nuovo modello e i nostri dati attuali deriva semplicemente dal riconoscere che i buchi neri reali non possono esistere in un Universo statico simulato.

Tuttavia, sottolineano i ricercatori, il mistero degli enormi buchi neri rilevati da LIGO e Virgo e lungi dall'essere risolto completamente.
"Molti aspetti della fusione dei buchi neri non sono noti in dettaglio, come gli ambienti di formazione dominanti e gli intricati processi fisici che persistono per tutta la vita", ha affermato il coautore dello studio Michael Zevin. "Mentre abbiamo usato una popolazione stellare simulata che riflette i dati che abbiamo attualmente, c'è molto margine di manovra".