Il campo magnetico globale viene generato da quel processo che gli scienziati chiamano dinamo (perché il suo funzionamento ricorda quello dell'omonima macchina elettrica): un flusso di metallo fuso all'interno del nucleo planetario che produce una corrente elettrica.
É una caratteristica fisica intrinsecamente legata all'evoluzione interiore, superficiale ed atmosferica di un pianeta.
Nei mondi terrestri, la magnetizzazione acquisita dalle rocce durante la loro formazione può essere preservata per miliardi di anni e quindi può fornire una finestra sulla storia antica. In pratica, le rocce fungono da registratore, soprattutto quelle vulcaniche in cui, durante il processo di raffreddamento e solidificazione, i diversi minerali si dispongono allineandosi con il campo magnetico globale. Il loro studio e la loro datazione, quindi, permette di stimare anche l'intensità e l'età della dinamo planetaria.

Sulla Terra, il campo magnetico è simile a quello generato da un dipolo magnetico e la dinamo è, in sostanza, quel meccanismo che fa puntare gli aghi della bussola verso nord. La dinamo di Marte, invece, si è estinta miliardi di anni fa. Attualmente il Pianeta Rosso ha solo dei campi magnetici locali residui concentrati nell'emisfero sud tuttavia, i dati rilevati dall'orbiter Mars Global Surveyor, attiva tra il 1999 e il 2006, hanno inequivocabile dimostrato la presenza di rocce magnetizzate da una dinamo passata.

Oggi sappiamo che il vulcanesimo dominava Marte nei primi miliardi di anni della sua storia, originato per la maggior parte dalla regione Tharsis; sappiamo che si sono formati grandi bacini da impatto come Hellas, Argyre, Isidis e Utopia e che le condizioni atmosferiche e climatiche antiche erano molto diverse da quelle odierne. Pertanto, stabilire i tempi e la durata del campo magnetico globale marziano, relativamente a questi importanti eventi storici, è fondamentale: ad esempio, per capire se i grandi impatti hanno avuto un ruolo nell'avvio o nella perdita della dinamo planetaria e se il cambiamento delle condizioni ambientali è associato alla perdita del campo magnetico globale.

Finora, il campo magnetico globale di Marte era stato confermato tra i 4,3 e 4,2 miliardi di anni fa, a causa dell'assenza di tracce nei tre grandi bacini Hellas, Argyre e Isidi formatesi indicativamente 3.9 anni fa, durante il cosiddetto Intenso Bombardamento Tardivo

Ora, un gruppo di ricercatori dell'University of British Columbia (UBC), in collaborazione con altri colleghi americani e francesi, hanno analizzato i nuovi dati satellitari della missione MAVEN (Mars Atmosphere and Volatile Evolution), che orbita a circa 135 chilometri dalla superficie offrendo una risoluzione migliore rispetto al Mars Global Surveyor. Dallo studio sono emerse chiare prove di un campo magnetico proveniente dal flusso di lava del bacino Lucus Planum che si è formato circa 3,7 miliardi di anni fa, estendendo la presenza di un campo magnetico globale sul Pianeta Rosso almeno dai 4,5 e i3,7 miliardi di anni fa.
I ricercatori hanno anche rilevato campi magnetici a bassa intensità sopra il bacino Borealis, nell'emisfero settentrionale del pianeta, che si è formato 4,5 miliardi di anni fa e sarebbe una delle caratteristiche più antiche su Marte.

Il loro lavoro è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.

"La dinamo ci racconta qualcosa sulla storia termica del pianeta, sulla sua evoluzione e su come è arrivato così oggi ed è unica per ciascuno dei pianeti terrestri: Terra, Marte, Venere e Mercurio", ha spiegato Anna Mittelholz, prima autrice dello studio.

Secondo i ricercatori, l’assenza del campo magnetico nei grandi bacini potrebbe avere due spiegazioni: la dinamo potrebbe essersi fermata prima della loro formazione e potrebbe essere ripartita in seguito, prima delle colate laviche in Lucus Planum; oppure, gli impatti che hanno generato i crateri sono stati talmente violenti da spostare tutta la porzione di crosta contenente quei minerali che avrebbero registrato tracce di magnetismo.

Lo studio si è concentrato solo su alcune caratteristiche della superficie marziana ma, come Mittelholz fa notare, i crateri sono lì, sulla superficie del pianeta, con storie da raccontare. In futuro, l'esplorazione potrebbe passare dai satelliti ai droni e l'esplorazione ancora più ravvicinata potrà offrire nuovi dettagli.