Vesta mappa di distribuzione delle rocce

In rosso: diogeniti (materiale formatosi attraverso processi magmatici profondi nella crosta)
In verde: howardite (roccia di superficie composta da materiali diversi, scavati, espulsi e mescolati da impatti meteorici)
In blu: eucrite (roccia formata nella crosta di Vesta ma non così in profondità come la diogenite)
Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/ASI/INAF

Proprio quando gli scienziati pensavano di aver la giusta teoria sulla storia dell'asteroide Vesta, un nuovo studio basato sui dati della missione Dawn della NASA suggerisce che la formazione è stata molto più complicata del previsto.

L'ipotesi suggeriva che l'asteroide avesse seguito un iter simile a quello dei pianeti.

Dall'analisi del vasto sistema di depressioni nella fascia equatoriale, gli scienziati ritenevano che il calore interno, presente alle origini, fosse stato trattenuto grazie alle grandi dimensioni del corpo celeste e questo avesse permesso alla roccia fusa più leggera di galleggiare verso l'esterno e, a quella più pesante, di affondare verso l'interno.
Il risultato è che la struttura di Vesta appare non tanto diversa da quella della Terra, o da quella di altri pianeti e lune più grandi, ossia a cipolla, con un nucleo, un mantello e una crosta.
In questo caso l'olivina si sarebbe dovuta concentrare nel mantello.

Tuttavia, come pubblicato in un articolo uscito questa settimana sulla rivista Nature, questa storia non è quella raccontata dallo spettrometro di mappatura visibile e infrarossa VIR a bordo della sonda Dawn.

Con le osservazioni dei grandi crateri nell'emisfero sud di Vesta, Veneneia, il più antico di 2 miliardi di anni fa, e Rheasilvia, in base alle simulazioni formati da due grandi impatti, è stato possibile osservare l'antico mantello esposto, ma dell'olivina nessuna traccia.
D'altra parte, una classe di meteoriti conosciuti come diogeniti, sono ritenuti provenienti dal mantello di Vesta o dalla crosta inferiore e, talvolta possiedono notevoli quantità di olivina, un importante ingrediente anche del mantello superiore della Terra.
L'olivina è stata invece rilevata in superficie nell'emisfero settentrionale.

"La mancanza di olivina pura nei profondi bacini scavati nell'emisfero sud di Vesta e la sua inaspettata scoperta nell'emisfero settentrionale, indicano una storia evolutiva più complessa di quanto dedotto da modelli prima dell'arrivo di Dawn", spiega Maria Cristina De Sanctis, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma.

Forse Vesta ha subito solo una parziale fusione che ha creato sacche concentrate di olivina, piuttosto che una distribuzione globale o forse, il mantello esposto nell'emisfero sud di Vesta è stato poi ricoperto da uno strato di altro materiale, che impedisce a Dawn di vedere l'olivina.

"Questi ultimi risultati di Dawn ci stimolano a testare alcune idee diverse circa l'origine di Vesta", dice Carol Raymond, vice ricercatore principale di Dawn al Jet Propulsion Laboratory della NASA, Pasadena, in California.

Dawn è al momento in viaggio verso la sua seconda destinazione, il pianeta nano Cerere, il più grande oggetto della fascia principale degli asteroidi tra Marte e Giove, dove arriverà all'inizio del 2015.