Il 17 luglio 1975, esattamente 46 anni fa, l'astronauta Thomas Stafford degli Stati Uniti strinse la mano al cosmonauta Aleksej Leonov dell'Unione Sovietica nell'anello di attracco delle navicelle Apollo e Sojuz unite. Si conclusero così cinque anni di lavoro e di pianificazione per la prima missione spaziale congiunta di Stati Uniti e Unione Sovietica. Fino al 1969, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica erano stati impegnati in una corsa nello spazio. L'Unione Sovietica prese subito il comando, lanciando il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin, ma il premio finale, lo sbarco sulla Luna, andò agli Stati Uniti.

 Mentre si svolgeva la corsa allo spazio, c'erano anche sforzi spaziali cooperativi, principalmente la condivisione di dati scientifici e aperture tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il presidente John F. Kennedy aveva suggerito missioni spaziali congiunte già nel 1963, e nel 1967 e 1968 furono firmati un paio di trattati spaziali dai due paesi che avrebbero consentito il salvataggio congiunto di astronauti/cosmonauti e il ritorno di oggetti spaziali nel loro paese dell'origine. Infatti, durante la missione Apollo 13 nell'aprile 1970, l'Unione Sovietica offrì assistenza nell'ambito del trattato di salvataggio. Nello stesso anno, l'Amministratore della NASA Thomas O. Paine scambiò una serie di lettere con il presidente dell'Accademia Sovietica delle Scienze, Mstislav V. Keldysh, che portò a una serie di discussioni informali sulla possibilità di una capacità di salvataggio congiunta USA-URSS. All'inizio del 1971, gli Stati Uniti proposero una missione congiunta per testare l'hardware di attracco che era stato progettato e i sovietici risposero positivamente. I colloqui negli Stati Uniti e in Unione Sovietica continuarono nei due anni successivi, guidati da George Low degli Stati Uniti e Boris Petrov dell'URSS, e l'obiettivo di attraccare un veicolo spaziale Apollo americano con un veicolo spaziale sovietico Soyuz nel 1975 fu formalizzato nel "Accordo relativo alla cooperazione nell'esplorazione e nell'uso dello spazio extra-atmosferico per scopi pacifici", firmato durante i colloqui del 1972 sul Trattato di limitazione delle armi strategiche tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.

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Nell'illustrazione, tratta da un documento ufficiale del periodo, i principali componenti del sistema Apollo-Soyuz . Crediti: NASA

 Rimanevano però numerosi problemi pratici, come l'effettivo design del modulo di attracco e le diverse atmosfere nei due veicoli spaziali. La navicella Apollo venne lanciata con un modulo di attracco appositamente progettato per consentire alle due navicelle di agganciarsi tra loro, ed utilizzato solo una volta per questa missione. Il veicolo di lancio Saturn IB e il CSM erano materiale in eccedenza del programma lunare Apollo e, come il modulo lunare Apollo, il modulo di attracco doveva essere recuperato dallo stadio superiore S-IVB del razzo Saturn IB dopo il lancio. Il modulo di attracco venne progettato sia come camera di equilibrio - poiché l'Apollo era pressurizzato a circa 5 psi (34 kPa) utilizzando ossigeno puro, mentre la Sojuz utilizzava un'atmosfera di azoto/ossigeno con una pressione pari a quella del livello del mare (circa 15 psi (100 kPa)) - e un adattatore, poiché l'hardware Apollo in eccedenza utilizzato per la missione ASTP (Apollo-Sojuz Test Project) non era dotato del collare di aggancio APAS sviluppato congiuntamente dalla NASA e dall'Accademia delle scienze dell'Unione Sovietica per la missione. Un'estremità del modulo di aggancio era collegata all'Apollo utilizzando lo stesso meccanismo di aggancio "sonda e drogue" utilizzato sul modulo lunare e sulla stazione spaziale Skylab, mentre l'altra estremità aveva il collare di aggancio APAS, che la Sojuz 19 portava nella stessa posizione standard per il sistema Sojuz/Saljut dell'epoca. Il collare APAS montato sulla Soyuz 19 era inoltre sganciabile, consentendo ai due veicoli spaziali di separarsi in caso di malfunzionamento. Il lavoro sull'Apollo-Soyuz Test Project (ASTP) servì anche ad abbattere le barriere tra le due nazioni quando l'Unione Sovietica aprì, per la prima volta, i suoi veicoli spaziali e le strutture di addestramento ai visitatori americani, compresi i giornalisti. Gli equipaggi furono annunciati ufficialmente dall'americano Glynn Lunney (uno degli ingegneri 'eroi' del centro controllo missione durante la crisi della missione Apollo 13), e dal sovietico, Konstantin Bushuyev, entrambi direttori del progetto per il loro Paese.

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Nella foto gli equipaggi della missione ASTP, da sinistra seduti, Deke Slayton, Vance Brand e Valerij Kubasov. In piedi homas Stafford ed Aleksei Leonov, i rispettivi comandanti di missione. Crediti: NASA

 Gli astronauti, Thomas Stafford (quarto ed ultimo volo), Donald "Deke" Slayton (unico volo spaziale) e Vance Brand (primo volo), insieme ai cosmonauti Aleksei Leonov (secondo ed ultimo volo spaziale) e Valerij Kubasov (secondo volo spaziale), iniziarono l'addestramento linguistico e di missione nel 1973. La storia di Slayton è particolare, perché era uno dei sette primi astronauti scelti dalla NASA per il progetto Mercury ma, per motivi medici, gli venne impedito di volare fino al 1972. Nel frattempo divenne il Capo dell'Ufficio Astronauti e Direttore delle Operazioni degli Equipaggi di Volo, in pratica colui che aveva l'ultima parola sulle assegnazioni degli astronauti alle missioni NASA. L'addestramento alla missione ASTP ebbe luogo presso centri spaziali negli Stati Uniti e nell'Unione Sovietica. La missione stessa iniziò con il lancio della Sojuz dal cosmodromo di Baikonur alle 12:20 UTC (le 14:20 italiane) del 15 luglio 1975, seguito dal lancio dell'Apollo dal Kennedy Space Center alle 19:50 UTC (le 21:50 italiane) dello stesso giorno. Per l'occasione il lancio del razzo russo venne trasmesso in televisione, per la prima volta, anche nel resto del mondo. L'attracco nello spazio delle due navicelle avvenne alle 16:19 UTC (le 18:19 italiane) del 17 luglio. Seguirono due giorni di operazioni congiunte durante le quali vennero eseguiti esperimenti ed i due equipaggi si scambiarono di posto fra le due capsule. Il giorno 19 i due veicoli si sganciarono e l'Apollo si interpose fra la Sojuz ed il Sole, creando una eclisse artificiale che venne osservata dall'equipaggio della capsula russa. I due veicoli poi si riagganciarono pochi minuti dopo, questa volta con la Sojuz come capsula attiva, ma i portelli fra i due veicoli spaziali rimasero chiusi. Dopo un paio di ore i due veicoli si separarono per l'ultima volta. Dopo la separazione, la Sojuz rimase nello spazio per quasi due giorni prima di atterrare in URSS il 21 luglio. La navicella spaziale Apollo rimase nello spazio per altri tre giorni prima di ammarare vicino alle Hawaii il 24 luglio. La missione è stata considerata un grande successo, sia tecnicamente che come esercizio di pubbliche relazioni per entrambe le nazioni.

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Nella foto, realizzata accostando due immagini riprese da ogni equipaggio, i due veicoli in orbita. Crediti: NASA/Processing Massimo Martini

 L'unico problema serio è stato durante il rientro e l'ammaraggio del velivolo Apollo, durante il quale l'equipaggio è stato accidentalmente esposto a fumi tossici di idrazina e tetrossido di azoto, causati da propellenti ipergolici del sistema di controllo (RCS) fuoriusciti dal veicolo spaziale e rientrati in una presa d'aria della cabina. L'RCS venne inavvertitamente lasciato acceso durante la discesa e i fumi tossici vennero risucchiati nella navicella mentre entrava l'aria esterna. Brand perse brevemente conoscenza, mentre Stafford recuperava maschere di ossigeno di emergenza, ne metteva una su Brand e ne dava una a Slayton. I tre astronauti vennero ricoverati per due settimane a Honolulu, nelle Hawaii., per sicurezza. Brand si assunse la responsabilità dell'incidente; a causa degli alti livelli di rumore nella cabina durante il rientro, crede di non essere stato in grado di sentire Stafford annullare un elemento della lista di controllo del rientro, quello che avrebbe richiesto la chiusura di due interruttori che avrebbero spento automaticamente l'RCS e iniziato il dispiegamento del paracadute. Queste procedure sono state eseguite manualmente più tardi del solito, consentendo l'ingestione dei fumi del propellente attraverso il sistema di ventilazione.

 Ma a parte il rientro, ,la missione fu un successo clamoroso sia per gli americani che per i sovietici. Entrambi avevano infatti raggiunto il loro obiettivo di ottenere esperienza di volo per l'appuntamento e l'attracco di veicoli spaziali umani. Inoltre, avevano anche dimostrato il trasferimento dell'equipaggio inter-veicolare in volo, oltre a realizzare una serie di esperimenti scientifici.

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Nelle foto, i lanci dei due veicoli spaziali, il russo Sojuz, a sinistra, ed il Saturn 1B, della missione ASTP. Crediti: NASA

 Nonostante la promessa di cooperazione internazionale creata dalla storica missione, ASTP si è rivelata più una fine che un inizio. La prossima volta che gli astronauti statunitensi e i cosmonauti russi voleranno insieme sarebbe avvenuto solo nel 1994, tre anni dopo la caduta dell'Unione Sovietica, e la prossima volta che un'astronave statunitense e russa attraccheranno insieme sarebbe stato nel giugno 1995, quando lo Space Shuttle Atlantis, missione STS-71, attraccò alla stazione spaziale russa MIR, nell'ambito del programma Shuttle-MIR, propedeutico per l'attuale Stazione Spaziale Internazionale (ISS).