Spazzatura spaziale

Credit: ESA

Oltre mezzo secolo di esplorazione spaziale e un affollamento di detriti intorno alla Terra: questo il quadro attuale.

La situazione diventa sempre più critica ed oltre a rappresentare una vera e propria forma di inquinamento, costituisce un pericolo per le attività in orbita, sia automatizzate che per gli astronauti ed anche per la vita sulla Terra.

I detriti si muovono nello spazio su orbite diverse e quindi a diverse velocità. Il pericolo maggiore viene dalla popolatissima LEO (low Earth orbit) dove si trovano i satelliti di osservazione e telecomunicazione, quelli meteorologici e la ISS (Stazione Spaziale Internazionale). Qui i corpi possono muoversi a velocità superiori a 15 chilometri al secondo e basta un oggetto da un milligrammo per creare danni considerevoli.

In linea di massima, piccoli frammenti rimangono un pericolo circoscritto allo spazio, senza dimenticare però che sulla Stazione Spaziale Internazionale c'è costantemente attività umana e che sempre più frequentemente, l'equipaggio deve effettuare manovre evasive o evacuazioni preventive a causa di qualche detrito che minaccia un impatto.

Tuttavia, esistono anche detriti sufficientemente grandi che, arrivati in un orbita di decadimento, entrano nella nostra atmosfera e non bruciano completamente ma possono raggiungere il suolo.
Basta ricordare che lo scorso anno, più o meno di questo periodo, abbiamo vissuto con apprensione il rientro del satellite americano UARS, portato nello spazio dallo Space Shuttle nel 1991 e non funzionante dal 2005 e poco dopo, del telescopio orbitante tedesco Rosat, dismesso dal 1999. Oltre alle dimensioni dei frammenti (svariate tonnellate!), in questi casi a preoccupare maggiormente erano particolari componenti che difficilmente sarebbero bruciati al rientro in atmosfera.

Da non sottovalutare poi, l'attività solare che potrebbe causare un rientro prematuro dei detriti.
Da una parte questo aspetto viene considerato positivo: in un certo senso è un modo naturale per depurare l'orbita dagli oggetti più piccoli, che non possono essere catalogati e controllati, facendoli rientrare sulla Terra e quindi bruciare in atmosfera.
Le tempeste solari infatti, aumentano la densità atmosferica rallentando la velocità dei detriti che si trovano nella LEO. Quando la velocità si riduce sufficientemente, la forza di gravità ha la meglio e i frammenti precipitano.
Certo è che, se il detrito non si distrugge costituisce invece un problema!

 

Dopo tanti monitoraggi, studi ed idee ora, l'ESA prende l'iniziativa e decide di passare all'azione.

Circa 5000 lanci dal 1957, hanno restituito oggi oltre 22000 oggetti tracciabili più grandi di una tazza di caffè. Di cui 1100 sono satelliti ancora operativi, i restanti solo detriti spaziali.

Più di un centinaio di industriali, accademici ed esperti delle agenzie spaziali internazionali, si sono riuniti il 17 e il 18 settembre all'ESOC (ESA’s European Space Operations Centre) a Darmstadt, Germania, per discutere come risolvere attivamente il problema.
L'evento si è svolto nel quadro della nuova iniziativa dell'ESA, Clean Space, per lo sviluppo di tecniche e strumenti per ridurre l'impatto ambientale del settore spaziale e garantirne la sostenibilità.
L'iniziativa riguarda le attività industriali a Terra ma anche il mantenimento dello spazio vicino alla Terra affinchè resti utilizzabile.
Anche se l'Europa non è la fonte principale di questo tipo di inquinamento, il problema riguarda tutti.

Thomas Reiter, Director for Human Spaceflight and Operations per l'ESA, ha sottolineato l'urgenza del provvedimento: "La vita moderna è diventata impensabile senza servizi forniti dallo spazio. Tuttavia, lo spazio è diventato affollato e le nostre attività di volo sono esposte a rischi sempre maggiori. "

I frammenti che obbligano gli astronauti a bordo della ISS ad effettuare manovre per evitare collisioni sono ormai all'ordine del giorno e negli ultimi 5 anni i detriti presenti nella LEO sono aumentati del 50%.
Anche se da domani cessasse l'attività spaziale, la quantità di rifiuti sarebbe destinata ad aumentare.
C'è anche un altro pericolo: i satelliti contengono spesso combustibile o batterie che potrebbero esplodere e lanciare nello spazio frammenti ancor più incontrollabili.

L'unico modo per ridurre i rischi è recuperare attivamente gli oggetti dismessi, una vera sfida tecnologica che l'ESA ha deciso di intraprendere.