Il modello standard ΛCDM e la sua crisi
L'ipotesi della esistenza di una componente dell'universo con pressione negativa, chiamata Energia Oscura o "quintessenza", era stata avanzata dopo la scoperta del fenomeno di accelerazione cosmica, un aumento nella velocità di espansione dell'universo che contraddiceva le aspettative di una generale decelerazione legata alla gravità. Quella scoperta, risalente a un quarto di secolo fa, derivava principalmente dall'osservazione, tramite il telescopio spaziale Hubble, di supernove tipo Ia in galassie distanti; essa valse il premio Nobel del 2011 a Perlmutter, Schmidt e Riess.
Da quelle osservazioni è nato il modello "standard" chiamato ΛCDM (Lambda Cold Dark Matter), dove la lettera greca iniziale fa riferimento alla celebre "costante cosmologica", parametro inizialmente introdotto da Einstein per garantire un modello di universo stazionario e poi ripudiato dal grande scienziato, a seguito della scoperta dell'espansione cosmica. Si tratterebbe della componente più importante dell'universo, contribuendo al 68% del contenuto di materia e energia totale e capace di compensare quasi perfettamente la curvatura dello spazio-tempo dovuta alla materia, rendendo la geometria dell'Universo praticamente piatta su grande scala.
Il modello ΛCDM ha riscosso grandi successi nello spiegare le disomogeneità e la polarizzazione del fondo di radiazione cosmica CMB e anche la distribuzione della materia su grande scala. Tuttavia, oltre ad avere una natura sostanzialmente empirica e una genesi ignota, richiede ipotesi "ad hoc" sulla evoluzione temporale della Dark Energy (DE), tanto da portare alcuni ad invocare il "principio antropico", che impone la nascita della nostra specie come requisiti "a posteriori" per vincolare le condizioni iniziali. Da un lato, la densità di energia della DE è di gran lunga troppo bassa per essere spiegata dalle particelle elementari note o ipotetiche mentre, d'altro canto, essa è attualmente comparabile con la densità totale della materia (oscura e non), coincidenza curiosa che ne consente l'osservazione nella presente epoca.
Il modello standard, ultimamente, ha iniziato a mostrare altri gravi limiti. Uno di essi è la famigerata "tensione di Hubble" ovvero la discrepanza, divenuta ormai inconciliabile, tra il valore della costante di Hubble H0 (che misura della velocità di espansione dell'universo) ricavato dalle classiche "candele standard" nell'Universo locale (cefeidi e supernove Ia) e quello dedotto dalle disomogeneità nella radiazione CMB.
Un altro motivo di discussione, meno noto al grande pubblico ma ben conosciuto dagli specialisti, è chiamato "tensione S8" ed è legato alla scarsa ampiezza dell'effetto di "weak lensing" gravitazionale nelle rassegne di galassie lontane, anche qui rispetto al valore suggerito dallo studio del CMB.
Negli ultimi anni, questa crisi cosmologica ha portato molti a dubitare della reale esistenza dell'energia oscura. Si sono fatte strada numerose ipotesi alternative, ad esempio teorie modificate della gravità (MOND), con termini addizionali che dipendono in maniera non-lineare dalla densità della materia. Una recente ipotesi esotica ma accattivante fa ricorso ad un accrescimento accelerato dei buchi neri supermassicci a scapito dell'energia media del vuoto; questa diminuirebbe accelerando l'espansione cosmica. Molti studi si concentrano più semplicemente sulla sovrastima nelle misure classiche della costante H0, a causa di un "vuoto locale" ovvero la presenza di una regione mediamente poco densa nelle nostre vicinanza. Più in generale, le disomogeneità e le anisotropie nella distribuzione della materia potrebbero alterare la nostra percezione dell'espansione cosmica dandoci l'illusione di un'accelerazione che, in realtà, non c'è.
Il nuovo modello ηCDM
Un recente studio del gruppo di Astrofisica e Cosmologia della SISSA di Trieste, guidato da Andrea Lapi e pubblicato su "The Astrophysical Journal", prende le mosse proprio dalla evidente disuniformità locale dell'Universo per spiegarne l’accelerazione senza modificare la relatività generale o invocare l’energia oscura.
L'ipotesi parte dalla constatazione che la presunta accelerazione dell'Universo coincide temporalmente con la formazione della "ragnatela cosmica", una rete di filamenti separati da enormi spazi vuoti che costituiscono la struttura su larga scala dell’Universo. La ragnatela si forma a causa della gravità, che attira la materia verso le aree più dense e lascia vuote altre zone, creando un Universo disomogeneo e anisotropo su una scala di 140-230 milioni di anni luce, secondo gli autori.
Andando nello specifico, sarebbero proprio le variazioni di densità nella materia (oscura e visibile) con quelle dimensioni tipiche a poter essere descritte da una versione "stocastica" o casuale delle classiche equazioni sulla evoluzione di massa ed energia che governano l'evoluzione cosmica. In aggiunta alla classica diluizione dovuta all'espansione cosmica, pertanto, le fluttuazioni locali implicano un termine di "rumore statistico" che viene indicato con la lettera greca η (eta) e che tiene conto delle inomogeneità, dello stress anisotropo (cioè diverso in diverse direzioni) e dei flussi locali di materia che ne derivano.
Il modello che ne deriva, chiamato ηCDM, media l’effetto di questo rumore stocastico sul comportamento complessivo dell’Universo e riesce a spiegarne l’espansione accelerata grazie alla progressiva dominanza dei vuoti rispetto alle regioni più dense della ragnatela cosmica. L'immagine in apertura descrive appunto questo effetto, applicato ad un modello numerico di universo attuale ampio 9 miliardi di anni luce e contenente un miliardo di particelle di materia. Le tre viste superiori mostrano la fluttuazione di densità dovuta alla ragnatela cosmica con tre diverse scale di dettaglio, mediando su una lunghezza caratteristica R pari a 7, 70 e 700 milioni di anni luce rispettivamente. I due grafici in basso, invece, mostrano il valore medio e la dispersione di tali fluttuazioni al variare del parametro R, con la curva e i cerchi rossi che fanno riferimento ai tre pannelli superiori (epoca attuale, z=0); le altre curve che evidenziano la netta riduzione di tali disuniformità nelle epoche passate, associate a valori crescenti del red-shift z.
Il nuovo modello ηCDM risolve anche due misteri addizionali, finora inspiegati dal modello standard. Scompare infatti la tensione di Hubble, di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo, proprio perchè valori diversi sono riferiti ad epoche diverse. Inoltre, viene risolto anche il problema della cosiddetta “coincidenza cosmica”, cioè la sorprendente osservazione che, proprio nell'epoca attuale, le densità di energia oscura e materia sono simili. Coincidenza particolare perché, il modello standard prevede che, nel corso della storia cosmica, la densità della materia diminuisca radicalmente con l'espansione dell'Universo, mentre la densità dell'energia oscura rimarrebbe all'incirca costante. Il fatto che le nostre osservazioni cadano proprio in questo breve periodo rispetto alla lunghissima storia dell’Universo sembra statisticamente improbabile e il modello ηCDM risolve la coincidenza, poiché prevede invece che l’Universo avrà valori cosmologici simili a quelli attuali molto a lungo, forse per sempre.
Lapi conclude: “Speriamo che il modello ηCDM, esteso in un contesto di relatività generale completa, possa infine fornire una spiegazione teoricamente solida dell'accelerazione cosmica, senza invocare forme esotiche di energia o ricorrere a revisioni sostanziali della teoria della gravità di Einstein, che rimane confermata dalle osservazioni”.