Combinando i dati dell'osservatorio a raggi X Chandra e del telescopio spaziale James Webb della NASA, un team di ricercatori è riuscito a trovare la firma rivelatrice del buco nero più antico conosciuto finora, risalente a soli 470 milioni di anni dopo il Big Bang. L'oggetto è così antico che se i 13,8 miliardi di anni di storia dell’universo fossero concentrati in un anno solare, il buco nero sarebbe datato alla seconda settimana di gennaio!

"È davvero presto nell'universo perché sia diventato un tale colosso", ha detto la coautrice dello studio Priyamvada Natarajan, astrofisica dell'Università di Yale. “È sorprendente come questa cosa sia già al suo posto con la sua galassia così presto nell’universo”.

Al di là della sua incredibile età, questo buco nero è anche enorme, tra 10 e 100 milioni di volte più massiccio del Sole del nostro Sistema Solare.

Il buco nero è in una fase iniziale di crescita mai vista prima, dove la sua massa è simile a quella della galassia che lo ospita.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy.


Il dilemma dei buchi neri supermassicci nell'Universo primordiale

I buchi neri sono quantità inimmaginabili di materia stipate in uno spazio relativamente piccolo, il che crea campi gravitazionali che risucchiano qualsiasi cosa nelle vicinanze, compresa la luce. Alcuni buchi neri, chiamati buchi neri di “massa stellare”, si formano quando le stelle collassano. Queste strutture relativamente ridotte possono avere masse che vanno da poche a cento volte quella del nostro Sole.

Tuttavia, quasi tutte le grandi galassie contengono un buco nero supermassiccio, con una massa che va da milioni a miliardi di volte quella del nostro Sole. Studiando i quasar, nuclei estremamente luminosi di galassie, gli scienziati sanno che molti buchi neri supermassicci esistevano meno di 700 milioni di anni dopo il Big Bang. Ma non sono sicuri di come siano nati questi enormi oggetti cosmici in così poco tempo. Si formarono direttamente dal collasso di enormi nubi di gas, oppure dall'esplosioni delle prime stelle? Altre teorie prendono in considerazione anche soluzioni più esotiche che contemplano l'energia oscura e la materia oscura.

Per cercare la risposta, i ricercatori hanno esaminato 11 galassie rilevate dal telescopio spaziale James Webb. Quindi, hanno cercato i buchi neri al loro interno utilizzando l’Osservatorio a raggi X Chandra. I raggi X sono un segno distintivo della presenza di un buco nero. Vengono emessi quando la materia e il gas risucchiati all'interno del buco nero, come l’acqua di un lavandino che si vuota finisce nel buco di scarico, ruotano e si riscaldano a migliaia di gradi, prima di scomparire oltre il cosiddetto orizzonte degli eventi.

I dati di Chandra hanno indicato la presenza di un buco nero in una galassia chiamata UHZ1, la cui luce ha impiegato 13,2 miliardi di anni per raggiungere il nostro pianeta.


Un'immagine completa

 "Avevamo bisogno di Webb per trovare questa galassia straordinariamente distante e di Chandra per trovare il suo buco nero supermassiccio", ha affermato Akos Bogdan del Center for Astrophysicals | Harvard & Smithsonian (CfA) che ha guidato il nuovo studio. “Abbiamo anche approfittato di una lente d’ingrandimento cosmica [ossia una lente gravitazionale] che ha aumentato la quantità di luce rilevata”.

Bogdan e il suo team hanno trovato il buco nero in una galassia chiamata UHZ1 in direzione dell'ammasso galattico Abell 2744, situato a 3,5 miliardi di anni luce dalla Terra. I dati Webb, tuttavia, hanno rivelato che la galassia è molto più distante dell’ammasso, a 13,2 miliardi di anni luce dalla Terra, quando l’universo aveva solo il 3% della sua età attuale.

Poi, nel corso di due settimane di osservazioni con Chandra, è stata dimostrata la presenza di gas intenso, surriscaldato che emette raggi X in UHZ1 che è un segno distintivo della presenza di un buco nero supermassiccio in crescita.

La luce della galassia e i raggi X del gas attorno al suo buco nero supermassiccio sono stati amplificati di circa un fattore quattro dalla lente gravitazionale, potenziando il segnale infrarosso rilevato da Webb e consentendo a Chandra di rilevare la debole sorgente di raggi X.


Massiccio dalla nascita

 La luminosità e l’energia dei raggi X indicano che questo buco nero era gigantesco fin dall'inizio: la sua massa è paragonabile a quella di tutte le stelle della sua galassia messe insieme. Nelle galassie più vicine, per fare un confronto, le stelle hanno complessivamente una massa circa 1.000 volte maggiore di quella dei loro buchi neri.

Ci sono limiti fisici alla velocità con cui i buchi neri possono crescere una volta formati ma quelli che nascono più massicci hanno un vantaggio. È come piantare un alberello, che impiega meno tempo per crescere fino a diventare un albero a grandezza naturale rispetto a quando si inizia solo con un seme”, ha affermato il coautore Andy Goulding dell’Università di Princeton.

Le nuove scoperte supportano l'idea che questo buco nero sia nato massiccio, ossia sia un heavy seed (letteralmente, seme pesante).

Questi risultati suggeriscono che il mostro cosmico si sia formato direttamente dal collasso di un’enorme nube di gas, favorendo una teoria piuttosto che l'altra.
Ma lo studio ha esaminato un solo buco nero quindi è impossibile trarre conclusioni per tutti i buchi neri supermassicci dell'Universo primordiale. Ora, i ricercatori dovranno utilizzare questo studio e altri dati ricavati da Webb, in combinazione con altri telescopi, per completare un quadro più ampio.