Licheni - Antartico

Credit: German Aerospace Center's Institute of Planetary Research

Nonostante il Pianeta Rosso sia da tempo nel nostro immaginario e nei nostri sogni, poterci vivere allo stato attuale sarebbe tutt'altro discorso: l'essere umano dovrebbe fare i conti con sbalzi termici, tempeste di sabbia e un bel po' di radiazioni. Fattibile con il supporto della tecnologia ma non certo semplice.

Il micromondo ha già abbondantemente dimostrato una resistenza a condizioni di vita estreme di gran lunga superiore alla nostra, ma sulla Terra esisterebbero altri organismi più complessi in grado di adattarsi facilmente: i licheni artici.

Un team di scienziati tedeschi e colleghi statunitensi, guidati da Jean-Pierre de Vera, scienziato presso l'Istituto di Ricerca Planetaria del Centro Aerospaziale tedesco di Berlino, Germania, ha selezionato per l'esperimento, i licheni P. chlorophanum, noti per essere campioni di sopravvivenza, provenienti dalle rocce Black Ridge della Terra Vittoria settentrionale in Antartide, un posto ghiacciato e secco di per sé non dissimile da molti luoghi di Marte.

Il semplice atto di sopravvivere a -51° Celsiusbombardati da radiazioni per 34 giorni potrebbe sembrare già un grande risultato ma i licheni, una massa simbiotica di funghi ed alghe, hanno dimostrato di saper fare molto di più, adattandosi fisiologicamente e conducendo una "vita normale" in condizioni estreme.

"Non c'erano studi sull'adattamento alle condizioni marziane prima", sottolinea de Vera.
"L'adattamento è molto importante da indagare perché racconta di più sulle interazioni della vita in relazione al suo ambiente".

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Planetary and Space Science.

Quelli di Vera non sono i primi esperimenti sui licheni, altri erano stati condotti dall'Agenzia Spaziale Europea ESA a bordo dei satelliti russi FOTON e della Stazione Spaziale Internazionale ISS ma si erano limitati a verificare la sopravvivenza di un dato organismo al termine di un periodo di stress.
In questo caso, il team, invece, ha monitorato i "parametri vitali" dei licheni durante tutto l'esperimento dimostrando che non sono rimasti inattivi, semplicemente aggrappati alla vita, ma hanno continuato le loro attività fisiologiche.

Due diversi gruppi di licheni sono stati collocati all'interno di una camera di simulazione marziana grande come pentola a pressione, posta all'interno di un frigorifero delle dimensioni di un armadio.
Questo ha permesso ai ricercatori di simulare quasi tutte le condizioni ambientali del Pianeta Rosso, come la chimica atmosferica, la pressione, la temperatura, l'umidità e le radiazioni solari, ad eccezione della gravità e delle radiazioni cosmiche galattiche.

Uno dei campioni è stato esposto alla dose completa di radiazioni necessaria per simulare l'ambiente marziano, attraverso una lampada allo Xenon; mentre l'altro ad una dose 24 volte inferiore per simulare una condizione protetta, quale potrebbe essere la vita in una micro-nicchia o una fessura all'interno di una roccia o del terreno.

Un terzo gruppo di licheni, invece, è stato lasciato in esterno come riferimento.

Entrambi i gruppi di campioni sono sopravvissuti ad un mese in condizioni marziane.

Addirittura, i licheni "protetti" hanno svolto normale attività di fotosintesi per trasformare la luce solare in energia chimica, recuperando abbastanza velocemente, dopo uno shock iniziale, le loro attività.
Vera sottolinea: "abbiamo dimostrato, per la prima volta, che la fotosintesi è possibile in micro-nicchie sulla superficie di Marte".

Il ricercatore, tra l'altro, fa notare che i licheni possono sopravvivere in uno stato di riposo per migliaia di anni sulla Terra, così non avrebbero problemi a resistere alle tempeste di polvere marziane che possono avvolgere il pianeta per diverso tempo.

Altri studi di Vera dimostrano che i licheni non sarebbero gli unici superstiti terrestri su Marte ma anche i batteri produttori di metano, noti come metanogeni, potrebbero gestire le dure condizioni di vita del Pianeta Rosso.

I risultati di questo esperimento hanno enormi implicazioni per le missioni in corso e future.
In primo luogo forniscono un importante suggerimento: la vita, su Marte, andrebbe cercata prima di tutto in ambienti protetti. In secondo luogo, lasciano sperare che alcune forme di vita autoctone possano essere sopravvissute fino ad oggi. In ultimo, evidenziano come sia di fondamentale importanza garantire che organismi terrestri non raggiungano il Pianeta Rosso, soprattutto in previsione delle future esplorazioni umane.