Perseverance è un rover con una grande quantità di fotocamere: 7 scientifiche, 9 di supporto alle operazioni, 7 per monitorare le varie fasi dell'atterraggio.

Perseverance fotocamereCrediti: NASA/JPL-Caltech

Una di queste, WATSON (Wide Angle Topographic Sensor for Operations and eNgineering), è il fedele compagno di SHERLOC, il primo strumento che utilizzerà su Marte la spettroscopia UV Raman.
E' stata costruita dal Malin Space Science Systems di San Diego, come il MAHLI di Curiosity e, proprio come quest'ultimo, è posizionata sul braccio robotico per scattare foto ravvicinate dei target (e selfie a Perseverance!).
E' una fotocamera a colori con una vasta gamma di risoluzioni (da infinito a 13,1 micron/pixel) e potrà supportare il lavoro di diversi strumenti come lo spettrometro a raggi X PIXL (Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry), che cercherà di scoprire se all'interno dei campioni è presente vita microbica fossilizzata.

SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals) combina l'imaging con la risonanza UV Raman (Deep UV . DUV) e la spettroscopia a fluorescenza UV nativa, tramite un laser a 248,6 nanometri con dimensione del fascio inferiore a 100 micron, per identificare potenziali biosignature e capire la storia abitabile del cratere Jezero, dove atterrerà Perseverance.
Questa tecnica scientifica prende il nome dal fisico indiano C.V. Raman che l'ha scoperta negli anni '20:
"Mentre viaggiava in nave, stava cercando di scoprire perché il colore del mare era blu", ha dichiarato Luther Beegle del JPL, ricercatore principale di SHERLOC. "Quindi, capì che se fai brillare un raggio di luce su una superficie, la lunghezza d'onda della luce diffusa può cambiare a seconda dei materiali di quella superficie". Questo effetto è chiamato scattering Raman. Gli scienziati possono identificare diverse molecole in base alla "impronta digitale" spettrale distintiva presente nella loro luce emessa.

Costruire uno spettrometro UV Raman per Marte è stata una grande sfida a causa di una serie di vincoli che caratterizzano ogni progetto spaziale, tra cui il volume limitato, il budget di potenza e di massa, la necessità operare in ambienti difficili ed in modo indipendente e intelligente per lunghi periodi di tempo (a causa dei limiti imposti dalle comunicazioni).

SHERLOC consente il rilevamento e la caratterizzazione senza contatto, lavorando su un'area di 7×7 millimetri. La profondità di scansione sarà di 500 micron.
In combinazione con i meccanismi di messa a fuoco automatica di una seconda fotocamera, Autofocuing Contextual Imager (ACI) che produce immagini in scala di grigio con una risoluzione di 10,1 micron/pixel a 48 millimetri, può essere posizionato a 48 millimetri sopra le superfici naturali o abrase. 

La fluorescenza nativa indotta è molto sensibile al carbonio condensato, ai composti organici aromatici ed alifatici. Inoltre, consente il rilevamento e la classificazione di minerali rilevanti per i processi chimici che coinvolgono l'acqua, con granulometrie inferiori a 20 µm. D'altra parte, le sostanze organiche possono formarsi anche con processi abiotici per cui rimane fondamentale dimostrare anche l'abitabilità dell'ambiente passato. Quindi, attraverso l'uso dell'imaging, SHERLOC potrà correlare le classi di sostanze organiche rilevate con la morfologia (larghezze e forme) per determinare se i candidati per microfossili come filamenti o stratificazioni stromatolitiche sono potenzialmente biogenici.

L'indagine di SHERLOC combina due fenomeni spettrali: la fluorescenza nativa e lo scattering Raman pre-risonanza / risonanza. Questi eventi si verificano quando una sorgente laser ad alta luminosità illumina un campione. I prodotti organici che ne emergono assorbono il fotone incidente e riemettono a una lunghezza d'onda più elevata. La differenza tra la lunghezza d'onda di eccitazione e la lunghezza d'onda di emissione indica il numero di transizioni elettroniche, che aumenta con l'aumentare delle strutture aromatiche (cioè il numero di anelli nel sistema ciclico).

L'emissione nativa di fluorescenza di sostanze organiche si estende da ~ 270 nm al visibile. Ciò è particolarmente utile perché "crea" una regione di buco (da 250 a 270 nm) in cui, invece, può verificarsi la dispersione Raman.

SHERLOC è costituito da tre sotto-sistemi separati:

  1. il gruppo torretta SHERLOC (STA) montato sul torretta a braccio robotico
  2. il gruppo corpo SHERLOC (SBA) situato all'interno del telaio del rover
  3. il target di calibrazione SHERLOC (SCT) montato sulla staffa di estensione per l'articolazione del gomito del braccio robotico

SCT è di 150 x 89 x 33 millimetri ed ha una massa di ~ 437 grammi. Sei bersagli sono tondi, quattro quadrati.

 

SHERLOC calobration target

 

Per calibrare lo strumento, inevitabilmente soggetto ad importanti escursioni termiche, radiazioni e raggi cosmici, SHERLOC ha dieci accessori tra cui un campione di un meteorite marziano che ha viaggiato sulla Terra ed è stato trovato nel deserto dell'Oman nel 1999 (noto come Sayh al Uhaymir 008 - SAU008). Questo sarà di fatto il primo pezzo di Marte che verrà riportato a casa! Studiare come questo frammento di meteorite cambierà nel corso della missione, aiuterà gli scienziati a comprendere le interazioni chimiche tra la superficie del pianeta e la sua atmosfera.

Il meteorite usato per SHERLOC

Un pezzo del meteorite SAU008, incastonato poi nel gruppo SCT di SHERLOC.
Crediti: NASA/JPL-Caltech

I meteoriti marziani sono preziosi nella loro rarità. Solo circa 200 sono stati confermati dalla The Meteoritical Society.
Per selezionare quello giusto, il JPL si è rivolto al Johnson Space Center della NASA a Houston ed al Museo di Storia Naturale di Londra.
Non se ne poteva usare uno qualsiasi: le sue condizioni dovevano essere abbastanza solide da non sfaldarsi durante l'intensità del lancio e dell'atterraggio. Inoltre, doveva possedere alcune caratteristiche chimiche per testare la sensibilità di SHERLOC: queste dovevano anche essere ragionevolmente facili da rilevare ripetutamente perché l'obiettivo di calibrazione fosse utile.
Oltre ad essere più robusto di altri campioni, SAU008 era disponibile per gentile concessione di Caroline Smith, principale curatrice dei meteoriti presso il Museo di Storia Naturale di Londra.

Prima di Perseverance, un altro meteorite, noto come Zagami, aveva viaggiato verso Marte a bordo della sonda Mars Global Surveyor, che oggi sta ancora fluttuando, defunta, attorno al Pianeta Rosso.

SuperCam, un altro strumento a bordo di Perseverance, ha anche un pezzo di meteorite marziano sul suo target di calibrazione.
Questa è stata davvero una grande idea: perché se è vero che un giorno riporteremo sulla Terra campioni di suolo marziano, ancora non possiamo farlo e quindi, perché non inviare noi un pezzo di roccia di cui già conosciamo le proprietà chimico-fisiche?

Accanto al meteorite marziano ci sono cinque campioni di tessuto per tute spaziali e materiale per visiere sviluppati dal Johnson Space Center della NASA. SHERLOC controllerà periodicamente lo stato di questi materiali durante la missione, fornendo ai progettisti un quadro completo di come si degradano nel tempo sottoposti alle intemperie di Marte. Quando i primi astronauti arriveranno sul Pianeta Rosso, dovranno probabilmente ringraziare SHERLOC se la loro tuta li terrà al sicuro.

Gli obiettivi di indagine SHERLOC sono:

  • Valutare il potenziale di abitabilità di un campione e la sua storia in presenza di acqua
  • Valutare la disponibilità di elementi chiave e fonte di energia per la vita (C, H, N, O, P, S ecc.)
  • Determinare se ci sono potenziali biosignature conservate in rocce ed affioramenti marziani
  • Fornire analisi organiche e minerali

Perserverance raccoglierà dozzine di campioni di roccia e suolo per il futuro ritorno sulla Terra.