Nei giorni scorsi ha fatto il giro della rete una notizia riguardante la "100x Asteroid Declaration" una sorta di petizione sottoscritta da personaggi famosi (da Kip Thorne, sceneggiatore di Interstellar, a Brian May, chitarrista dei Queen); lo scopo dichiarato è quello di incoraggiare una rapida e drastica accelerazione nella scoperta e catalogazione di oggetti potenzialmente pericolosi che incrociano l'orbita terrestre, passando da 1000 a 100mila scoperte all'anno.

L'appello è stato criticato da molti addetti al settore perché appare un pò troppo generico e allarmistico ma, di sicuro, da alcuni anni a questa parte è cresciuta la consapevolezza del rischio associato a un possibile impatto catastrofico o anche solo localmente pericoloso; l'attenzione è cresciuta in particolare dopo l'impatto di Chelyabinsk che ha dimostrato come un oggetto di dimensioni relativamente contenute (circa 18m), pur senza raggiungere integro il suolo, possa comunque liberare parecchia potenza nell'atmosfera (stimata nell'equivalente di 500 kton) e soprattutto possa passare inosservato e piombarci addosso senza alcun preavviso! La caduta di oggetto di questo tipo, sebbene non sia pericolosa per la sopravvivenza del genere umano, è un evento comunque relativamente frequente e, come tutte le catastrofi naturali, bisogna cercare di prevenirlo.

 

Il bolide di Chelyabinsk

Prima di andare avanti e vedere a che punto è la ricerca, è necessario capire un attimo la terminologia. Gli asteroidi che si avvicinano a meno di 0.3 au1 all'orbita terrestre vengono genericamente indicati con la sigla NEA (Near Earth Asteroids) e vengono a loro volta suddivisi in sotto-categorie (Apollo, Amor, Aten); se aggiungiamo anche le comete che incrociano l'orbita terrestre, si parla più genericamente di "oggetti" vicini alla Terra (NEO). Gli oggetti davvero pericolosi sono però un sottoinsieme dei NEA, chiamato PHA (Potentially Azardous Asteroids), definiti come quelli che passano a meno di 0.05 au dall'orbita terrestre e hanno una "magnitudine assoluta"2 inferiore a 22 (diametro maggiore di 140m). 

Nel secolo scorso, la scoperta di oggetti che incrociano l'orbita terrestre era essenzialmente casuale, una specie di prodotto secondario di altre "survey" a largo campo rivolte, ad esempio, allo studio di stelle variabili e alla scoperta di supernove. In effetti, negli anni '90 si scoprivano solo poche decine di NEA all'anno e il numero totale di oggetti grandi oltre 1 km era inferiore a 200 (all'epoca si stimava che ce ne fossero circa 1500, dunque l'85% doveva ancora venire scoperto). Nel 1998 la NASA decise di dare un impulso decisivo alla scoperta e catalogazione degli oggetti più pericolosi: il NEO Observations program si proponeva di scoprire il 90% degli oggetti sopra il kilometro entro il 2005.

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Il grafico riportato sopra mostra come, a partire da quell'anno, il numero di oggetti di grande taglia scoperti ogni anno sia rapidamente salito a oltre 50 all'anno, con una punta di quasi 100 nel 2000. Questo è avvenuto, come si vede, grazie soprattutto ad alcuni programmi di ricerca dedicati, primo fra tutti il LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research) che utilizzava un telescopio automatizzato con sensore elettronico, inizialmente progettato e usato dai militari per sorvegliare i satelliti artificiali. Negli ultimi anni si sono aggiunti altri programmi (come CATALINA o NEOWISE, quest'ultimo basato sulle osservazioni del satellite infrarosso WISE) ma, nonostante questo, il numero di oggetti di grande dimensione scoperti ogni anno è andato progressivamente scemando e adesso siamo praticamente tornati ai livelli di quasi 20 anni fa!

Cosa è successo? Ovviamente questo rallentamento non è dovuto a una riduzione degli sforzi ma semmai al fatto che stiamo ormai "raschiando il fondo del barile" ovvero non ci sono letteralmente più oggetti da scoprire sopra il kilometro di diametro! Questo è ancora più evidente andando a guardare l'andamento cumulativo degli oggetti scoperti, come ho fatto nel seguente grafico basato sui dati degli ultimi 7 anni, riportati nella pagina http://neo.jpl.nasa.gov/stats/ :

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E' evidente come entrambi gli andamenti tendono a saturare e in effetti le curve continue, che approssimano abbastanza bene l'andamento, sono basate sul classico andamento asintotico con "esponente negativo" tipico di questi fenomeni; esse suggeriscono che il numero totale di oggetti ammonta a circa 160 PHA e poco più di 900 NEA (meno di quanti se ne stimavano in passato) e che quindi ormai abbiamo catalogato oltre il 95% di oggetti di queste dimensioni, raggiungendo e superando gli obiettivi del 1998. Nel frattempo, però, la NASA ha rivisto quegli obiettivi e li ha aggiornati includendo oggetti più piccoli ma comunque capaci di fare gravi danni a livello regionale. Il nuovo obiettivo  è quello di scoprire il 90% di tutti i PHA entro il 2020 (si veda il rapporto "Near-Earth Object Survey and Deflection Analysis of Alternatives"). Secondo le stime IAU, gli oggetti di questo tipo sono quasi 4000 (su un totale di 15000 NEA) e, di questi, circa 1500 sono già catalogati. Il grafico sottostante, sempre tratto dal sito del JPL, mostra come il numero complessivo di oggetti NEA stia in realtà continuando ad aumentare ad un ritmo crescente (superando 1000 all'anno negli ultimi 12 mesi) soprattutto a nuove "Survey" altamente automatizzate come Catalina e Pan-STARRS:

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Il modo in cui le nuove ricerche stanno cambiando la popolazione di NEA scoperti è illustrato dai seguenti istogrammi che mostrano la distribuzione dei vari oggetti in 3 anni di riferimento per intervallo di magnitudine assoluta e quindi di dimensione/danno potenziale (si tenga presente che, per una data magnitudine, le dimensioni possono variare a causa dell'albedo del corpo mentre il potenziale di danno dipende da molti altri fattori come la densità, la composizione e soprattutto la velocità di impatto - si veda l'ultimo link nei riferimenti):

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istogrammi della distribuzione di NEA in base alla magnitudine - fonte:  http://smallbodies.ru/ - processing: M. Di Lorenzo

 Come si vede, grazie all'accresciuta sensibilità degli strumenti, negli ultimi anni si assiste a un deciso popolamento della regione degli asteroidi di dimensioni inferiori al kilomentro, mentre sulla parte sinistra è evidente che c'è ormai una saturazione! Ad esempio, negli ultimi 9 anni il numero di oggetti con dimensioni di 500-600 m è raddoppiato e quelli intorno ai 140m (dimensioni limite dei PHA) sono quadruplicati! Inoltre, da queste distribuzioni è sempre più evidente che esistono due popolazioni di NEA separate da un "gap" intorno ai 100 metri; probabilmente, questo è dovuto alla evoluzione e alle collisioni tra questi corpi. Nel grafico seguente, ho preso spunto da questi dati per estrapolare la distribuzione che dovremmo avere intorno al 2023 se il trend degli ultimi 9 anni venisse confermato (in termini di aumento relativo e tenendo conto degli effetti di saturazione per oggetti grandi); si vede come il "doppio picco" del grafico precedente sia destinato a divenire un "plateau":

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 Anche il numero di PHA (che sono gli oggetti su cui adesso ci si sta concentrando) cresce ma ad un ritmo decisamente più contenuto: circa 90 all'anno; perciò, per scoprire i circa 2500 oggetti che si stima manchino ancora all'appello, sarebbero necessari oltre 25 anni al ritmo attuale. Da qui nasce l'esigenza, secondo alcuni, di accelerare la ricerca, magari tramite satelliti dedicati. Uno di questi progetti è la "Sentinel Mission", promossa dal gruppo privato B612 (composto anche da ex-astronauti) e che prevede la messa in orbita solare (simile a quella di Venere) di un satellite con una batteria di telescopi infrarossi a largo campo.

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 Satellite Sentinel - Image courtesy of Ball Aerospace.

Note
1) au = Unità Astronomica o distanza media Terra-Sole (1.496·1011 m)

2) La magnitudine assoluta di un oggetto nel sistema solare è pari alla magnitudine apparente se si immagina di porre questo oggetto a 1 ua dal Sole e dalla Terra.

Riferimenti: 
http://neo.jpl.nasa.gov/neo/
http://smallbodies.ru/en/asteroids/summary/closest/?sort=risk&dir=1&pg=1
http://www.asteroidday.org/ 

http://impact.ese.ic.ac.uk/ImpactEffects/