Il 7 dicembre 2010, il veicolo spaziale sarebbe dovuto entrare in orbita attorno a Venere ma il computer di bordo interruppe la manovra per un malfunzionamento e la missione fu un insuccesso. A parte questo, però, la strumentazione era in ottimo stato, come testimoniarono le foto rilasciate pochi giorni più tardi.

Akatsuki: Venere 2010

Credit: ISAS / JAXA

Akatsuki: Venere 2010

Venere ripresa nel 2010, con le camere UV1, IR1, e LIR (radiazione termica), due giorni dopo il fallimento.
Credit: ISAS / JAXA

Da quel momento, la sonda è rimasta in orbita eliocentrica a circa 134 milioni chilometri da Venere, portando avanti studi sul vento solare. Ora, però, la JAXA farà un secondo tentativo prima che il carburante si esaurisca e la strumentazione si deteriori.

Dopo un approfondito esame sulle possibili cause del fallimento, è stato determinato che l'anomalia che bruciò il motore principale, acceso per decelerare, e rilevata dal computer di bordo che interruppe la sequenza, fu probabilmente dovuta ad un guasto di una valvola nel sistema di pressione del combustibile, causato da depositi salini tra il serbatoio di pressurizzazione dell'elio e il serbatoio del carburante. Ciò comportò danni alla camera di combustione ed all'ugello del motore per le alte temperature raggiunte.

JAXA, però, non si arrese e mise la sonda in orbita eliocentrica sperando di poterla indirizzare nuovamente verso il pianeta.
Inizialmente era previsto un nuovo tentativo entro il 2016, quando l'orbita avrebbe naturalmente riavvicinato la navicella al pianeta ma la velocità della sonda è diminuita più del previsto e così il team ha calcolato che la cattura potrebbe essere tentata in anticipo. 

Akatsuki orbita

Credit: Yomiuri Shimbun - the-japan-news.com/news/article/0001832475

Questo secondo tentativo sarà fortemente influenzato dallo stato dei sistemi, dei motori e dai danni riportati: tuttavia, se dovesse andare a buon fine, sarebbe la prima volta in cui il Giappone piazza una sonda in orbita attorno ad un pianeta del Sistema Solare diverso dalla Terra.

Se tutto andrà come previsto, Akatsuki entrerà nell'orbita venusiana tra la fine di novembre ed i primi di dicembre, ad una distanza tra i 300.000 e i 400.000 km dalla superficie, utilizzando solo i suoi 12 piccoli motori (la missione originale prevedeva un'orbita ellittica tra i 300 e gli 80.000 km, una grande variazione che avrebbe permesso agli strumenti di bordo di studiare sia la superficie che l'atmosfera del pianeta).
A tale distanza la qualità e il dettaglio delle immagini sarà notevolmente ridotto, tuttavia la JAXA è fiduciosa di riuscire a portare a termine la maggior parte degli obiettivi scientifici programmati, come confermare la presenza dei vulcani, per i quali diversi indizi sono già stati rilevati dalla sonda dell'ESA Venus Express, ora rimasta a corto di carburante. Ma soprattutto si spera che Akatsuki riesca a fornire nuovi dati sulle intriganti tempeste che corrono sulla superficie del pianeta, immergendosi in un mondo fatto di spesse nuvole, pioggia solforica, fulmini e venti ad alta velocità.

Buona fortuna Akatsuki!