Generalmente, la prima domanda che si fa in questi casi è "ti è piaciuto?" ma è dura per un film di fantascienza qualsiasi fare breccia su una fan di Star Trek come me! Ciò nonostante, il mio parere non è del tutto negativo.

La storia è ambientata in un futuro piuttosto vicino a noi e il ritmo della narrazione ricorda più un film storico come "Apollo 13" che un racconto di fantascienza. Ciò rende "The Martian" quasi reale.

Racconta di Mark Watney, un botanico interpretato da Matt Damon, accidentalmente bloccato sulla superficie di Marte dopo essere stato abbandonato dai compagni di avventura, che lo credevano morto a seguito di una violenta tempesta di sabbia. Le avventure di Watney si svolgono in Acidalia Planitia una zona situata tra Tharsis e Arabia Terra, a nord della Valles Marineris, fino ad arrivare nel cratere Shiapparelli.

Naturalmente c'è stato qualcosa nel film che non mi ha convinta del tutto.
In un precedente post avevo scritto sulla tecnologia utilizzata ed avevo mostrato la mappa della traversata del protagonista sul Pianeta Rosso. Ora, però, ho intenzione di scendere in dettaglio quindi se ancora non avete visto il film e non gradite anticipazioni NON CONTINUATE LA LETTURA.

ATTENZIONE SPOILER!

 

La storia

Mark Watney è un membro dell'equipaggio della missione Ares 3. La squadra ha il campo base in Acidalia Planitia.
Il film parte dal sol 18, il giorno marziano in cui una violenta ed improbabile tempesta si abbatte sul sito di atterraggio (la timeline del film è sostanzialmente diversa rispetto a quella della carta stampata).

Ormai le missione robotiche sul Pianeta Rosso ci hanno abituati al concetto di "sol" ma è giusto ricordare che con questo termine viene indicato il giorno marziano che dura un po' di più di quello terrestre, 24 ore 39 minuti e 35,244 secondi. I sol non fanno riferimento ad un calendario globale ma ogni missione ha una propria timeline che parte dal sol 1.

Ad ogni modo, durante il sol 18, la squadra è costretta ad evacuare ma durante la fuga Watney viene colpito da qualcosa rimanendo a terra. I compagni provano a cercarlo ma la visibilità è praticamente nulla e, credendolo morto, partono con il MAV (Mars Ascending Vehicle), il veicolo destinato a riportare l'equipaggio nella bassa orbita marziana per il rendezvous con la nave madre, Hermes.

Mark in realtà è svenuto ma ancora vivo.
Svegliato dall'allarme di decompressione della sua tuta, si ritrova da solo a lottare per la sopravvivenza su Marte.
Il suo obiettivo è quello di resistere per 4 anni fino all'arrivo della missione successiva, Ares 4. Ma i problemi da affrontare sono molti, a cominciare da quelli vitali come la produzione di acqua, ossigeno e il cibo, chiaramente insufficiente (la missione Ares 3 doveva durare per 31 sol ma aveva viveri per 6 persone per 68 sol: Mark calcola che razionando le scorte può arrivare a 300 massimo 400 sol con quelle provviste, insufficienti per aspettare l'Ares 4).

Mentre Mark lotta sul Pianeta Rosso e come "MacGyver" inventa soluzioni igegnose per risolvere un problema dopo l'altro, a Terra la NASA arranca per cercare soluzioni, districandosi tra tempistiche, budget ed immagine. Determinante è anche l'aiuto dell'Agenzia Spaziale Cinese (CNSA) che offre alla NASA un proprio lanciatore fino a quel momento classificato segreto.
E' curioso notare come da tempo la Cina abbia sostituito la Russia nelle storie fantascientifiche hollywoodiane!

Il viaggio

In accordo con quanto pubblicato sulla pagina di Facebook di Andy Weir, l'Ares 3 è stata lanciata il 7 luglio 2035, atterra su Marte (sol 1) il 7 novembre 2035 e, nel libro, la storia inizia con il sol 6, 13 novembre 2035, giorno in cui avviene la tempesta posticipata al sol 18 per qualche motivo dal regista Ridley Scott.
Sembra che Weir abbia prestato grande attenzione nei calcoli per pianificare la missione, costruendo anche un proprio simulatore.
Qui sotto un'infografica del viaggio secondo il libro.

The Martian - infografica libro

Fonte: https://www.insidescience.org/sites/default/files/TheMartian_Calendar.pdf

Forse la tempistica della missione e le ardite ma possibili manovre di gravity-assist sono tra gli aspetti scientifici più accurati del film.

Le comunicazioni

I segnali radio sono onde elettromagnetiche che viaggiano nel vuoto a 300.000 chilometri al secondo (circa).
Quando Marte e la Terra sono ai lati opposti del Sole la distanza è maggiore, circa 378 milioni di chilometri e il tempo necessario ad un'onda elettromagnetica per coprire questa distanza è di circa 21 minuti. Quando Marte è alla distanza minima dalla Terra è a 78 milioni di chilometri e il tempo in questo caso è di 4,3 minuti.

All'inizio del film Marte e la Terra non sono nella loro configurazione ottimale, che si verifica ogni 780 giorni terrestri circa, e ci sono "intervalli di 32 minuti nelle comunicazioni" (immagino si intenda andata e ritorno del segnale), mentre verso la fine viene detto "avviene tutto a 12 minuti da qui, ci vogliono 24 minuti perché gli arrivi una risposta a qualunque domanda ci faccia".

Tuttavia, questo è stato l'aspetto del film che mi è piaciuto meno.
Anche se viene ribadito che le comunicazioni hanno un tempo di latenza, soprattutto nei momenti cruciali sembrano essere così istantanee da diventare l'elemento che scandisce ritmo e genera trepidazione. Personalmente avrei preferito percepire il reale effetto differita che, tra l'altro, avrebbe creato anche più suspense.

Simpatica, invece, l'idea di riesumare il Mars Pathfinder per stabilire un primo contatto con la Terra.
Il lander della NASA atterrò con il piccolo rover, Sojourner, nella Ares Vallis, in una regione chiamata Chryse Planitia, poco più a sud rispetto al campo base di Mark.

The Martian - Pathfinder

Credit: 20th Century Fox

Dopo 40 sol di missione, la batteria a bordo del Pathfinder non aveva più carica così il lander poteva lavorare solo con l'energia immagazzinata di giorno dai pannelli solari. Tuttavia, ad un certo punto smise di trasmettere forse a causa di un guasto nell'elettronica dovuto alle rigide temperature notturne. Quindi, solo teoricamente, se tutti i sistemi fossero funzionanti potrebbe essere effettivamente risvegliato, tranne per il fatto che il lander originale non aveva una porta di alimentazione, come mostrato nel film, eccetto i connettori utilizzati dai pannelli solari.

In ogni caso, Donna Shirley, che fu manager del Mars Exploration Program della NASA nel '97 e, Rob Manning che fu ingegnere capo del Pathfinder avevano  espresso la loro opinione positiva sulla ricostruzione cinematografica.
Il Pathfinder reale e quello di Scott differiscono però per qualche dettaglio, come la presenza dei LED assenti invece sulla sonda della NASA.

Nel film, il lander appare anche completamente seppellito dalla sabbia 38 anni dopo lo sbarco ma le immagini ad alta definizione della fotocamera HiRISE a bordo della sonda MRO (Mars Reconnaissance Orbiter) hanno dimostrato più volte che i resti delle vecchie missioni rimangono facilmente identificabili dall'orbita anche a distanza di anni.

The Martian - comunicazione NASA - Pathfinder

Credit: 20th Century Fox

Dopo aver puntato l'antenna ad alto guadagno del lander in direzione della Terra (manualmente?!?), la prima comunicazione avviene grazie alla fotocamera girevole montata sull'albero del Pathfinder.
Mark pone davanti l'obiettivo tre cartelli: al centro la domanda "mi state ricevendo?" e ai lati le due risposte "Si" e "No". La NASA risponde puntando gli occhi elettronici del lander sul "Si", un comando inviato da Terra assolutamente possibile anche nella realtà.

Quando i messaggi tra Mark e la NASA riescono a diventare più sofisticati, gli ingegneri del JPL suggeriscono un modo per collegare il Pathfinder al rover di ultima generazione della missione Ares 3 per stabilire una vera comunicazione, operazione che sarebbe fattibile perché il lander dispone realmente di un'interfaccia seriale, utilizzata dal team di Terra per accedere al software di volo.

Il paesaggio e l'ambiente marziano

Ci sono nebbie e nuvole sopra Acidalia Planitia e dust devil in lontananza in molte scene del film.
Uno degli aspetti più controversi è proprio la grande tempesta di polvere che da il via a tutta la storia.

"Ogni anno ci sono su Marte tempeste di polvere moderatamente forti che coprono aree di dimensioni continentali e durano per settimane", aveva commentato Michael Smith, scienzato planetario del Goddard Space Flight Center della NASA, nel Greenbelt, Maryland. Ma al di là degli eventi stagionali ci sono anche importanti ed intense tempeste che si verificano più raramente.
"In media una volta ogni tre anni (circa 5 anni e mezzo terrestri), le tempeste normali crescono fino a circondare il pianeta e sono quelle che generalmente chiamiamo tempeste di polvere globale", aveva aggiunto Smith ma secondo la NASA è altamente improbabile che questi fenomeni possano bloccare un astronauta sul pianeta e tanto meno essere in grado di far volare le attrezzature.

"La differenza fondamentale tra la Terra e Marte è che la pressione atmosferica che su Marte è molto ridotta", aveva detto William Farrell, un fisico del plasma che studia le tempeste di polvere marziane al Goddard. "Così il vento soffia ma non con la stessa intensità".
"L'aria è semplicemente troppo sottile perché il vento possa fare danni", aveva dichiarato Jim Green direttore planetario della NASA, quindi, anche una folata da 160 chilometri orari, che sulla Terra sembra spaventosa, su Marte quasi non ha forza.

Ciò ovviamente non significa che le tempeste marziane non siano insidiose: le particelle di polvere che volano in aria possono essere molto piccole e anche un po' elettrostatiche tanto da rimanere incollate sulle superfici, un vero grattacapo per gli ingegneri. Tante volte abbiamo visto i rover Opportunity e Curiosity impolverati, poi di nuovo puliti e di nuovo ancora impolverati a causa del vento birichino. Oltre a questo, tempeste molto intense possono opacizzare l'atmosfera riducendo sensibilmente la luce solare.

Alla fine, però, il succo è che tutta la storia parte proprio dall'evento più improbabile ma in ogni caso, stiamo comunque parlando di un film di fantascienza: a voi la scelta se dar per buona questa licenza poetica degli autori!

Personalmente non sono stata convinta dalla sabbia molto terrestre e poco marziana.
Elaborando quasi quotidianamente molte immagini reali di Marte, posso dire che la sabbia del Pianeta Rosso appare molto diversa dalla tipica sabbia dei set hollywoodiani e del sud della Giordania, vicino all'Arabia Saudita, dove sono state girate alcune scene.
Su Marte c'è un velo di fine polvere rossa che permea superfici ed atmosfera. E' così sottile in alcuni punti quasi da sembrare umida e aggregata, è appiccicosa e compatta al passaggio dei rover che lasciando tracce nitide e distinguibili anche dall'orbita.

Le radiazioni

Mark e l'equipaggio dell'Ares 3 non hanno avuto molta scelta ma alla fine il tempo trascorso nello spazio e su Marte dagli astronauti è davvero molto, sicuramente al di fuori dei valori di radiazioni consentiti dalla NASA nei viaggi spaziali, almeno senza un'adeguata protezione.
D'altra parte il protagonista passa anche alcuni sol con un generatore termoelettrico al radioisotopo RTG (Radioisotope Thermoelectric Generators) dietro le spalle per scaldarsi, per cui direi che il problema radiazioni ambientali può essere trascurabile in questo caso!

La gravità

Ho notato che Mark si muove sulla superficie di Marte così come si muoverebbe sulla Terra.
Nessun uomo ha messo ancora piede sul Pianeta Rosso ma il fatto che la gravità è un terzo di quella terrestre è un dato di fatto. Così, forse, i primi astronauti non saltelleranno agilmente come i pionieri delle missioni Apollo ma i loro movimenti saranno comunque un po' più "fluttuanti".

Naturalmente, potrei andare avanti e scrivere, ad esempio, della narrazione forzata in alcuni punti con il solo scopo di spiegare alcuni dettagli tecnici altrimenti incomprensibili, o parlare di alcuni dialoghi un po' goffi tra i membri della NASA, ma sarebbero comunque osservazioni soggettive. In ogni caso, se ancora non lo avete fatto, il consiglio è quello di andarlo a vedere perché questo film, anche se con lo stile del grande schermo, ci trasporta in modo piuttosto realistico verso la prossima era dell'esplorazione spaziale umana.