Lo studio, pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal, indica il mezzo interstellare locale contiene circa il 40% in più di atomi di idrogeno rispetto a quanto precedentemente stimato.

 

Il viaggio del Sistema Solare

Proprio come la Terra si muove attorno al Sole, il Sistema Solare sfreccia attraverso la Via Lattea, a velocità superiori agli 80.000 chilometri orari. La bolla magnetica attorno alla nostra stella, l'eliosfera, ci separa dallo spazio esterno. I gas e le particelle dello spazio interstellare scivolano su di essa, ma non tutte: solo quelle elettricamente cariche vengono respinte perché guidate dai campi magnetici. Tuttavia, i gas interstellari locali sono per una buona parte neutri, ossia fanno protoni ed elettroni in equilibrio. Questi, pertanto, riescono a penetrare e si aggiungono alla massa di materia trasportata dal vento solare. "È come se stessi correndo attraverso una nebbia pesante, raccogliendo acqua", ha detto Eric Christian, fisico spaziale presso il Goddard Space Flight Center della NASA . "Mentre corri, i vestiti si inzuppano e ti rallentano".
Quando questi atomi neutri entrano nell'eliosfera, vengono colpiti dalla luce del Sole e dal vento solare. Molti perdono elettroni e rimangono caricati positivamente. Comunque, questa nuova popolazione di particelle rimane ben distinta e conserva tracce della sua vita passata nel mezzo interstellare. E New Horizons è in grado di rilevarle.

 

Merito di SWAP

Grazie al Solar Wind Around Plutone (SWAP) la sonda della NASA è riuscita a captare gli ioni provenienti dal mezzo interstellare, nella fascia di Kuiper, alla periferia del Sistema Solare, dove queste particelle sono più fresche. Lo strumento era nato principalmente con lo scopo di misurare il tasso di fuga atmosferica su Plutuno e le iterazioni con il vento solare.

La quantità di ioni rilevati da New Horizons mostra che lo spessore della "nebbia" interstellare che stiamo attraversando è più fitto di quanto si pensasse. Questi valori potrebbero essere relazionati alle misurazioni delle sonde Voyager che mostrano una densità del mezzo interstellare maggiore del previsto.

Pawel Swaczyna, della Princeton University e primo autore del documento, ha utilizzato le misurazioni di SWAP per ricavare la densità dell'idrogeno neutro al termination shock. Questa è la regione di confine dell'eliosfera dove il vento solare rallenta a causa delle interazioni con il mezzo interstellare. I dati indicano, in questa regione, una densità di circa 0,13 particelle per centimetro cubo (130 atomi di idrogeno in un litro), che diventano quasi 0,2 particelle/cm3 nello spazio interstellare indisturbato, in buon accordo con altre stime fatte dagli astrofisici. 

Studi precedenti, basati sulla missione Ulysses della NASA, convergevano attorno a valori di 85 atomi di idrogeno per litro.
"Sai, se scopri qualcosa di diverso dal lavoro precedente, la tendenza naturale è quella di iniziare a cercare i tuoi errori", ha detto Swaczyna. "Ma dopo aver scavato un po', il nuovo numero ha cominciato ad assomigliare a quello giusto. Le misurazioni di Ulysses, d'altra parte, avevano un difetto: sono state effettuate molto più vicino al Sole, dove gli ioni captati sono più rari e le misurazioni più incerte".

 

Nuovi numeri, nuova scienza

La nuova stima potrebbe aiutare a spiegare uno dei più grandi misteri dell'eliofisica degli ultimi anni.
Quando la missione Interstellar Boundary Explorer (IBEX) della NASA ha restituito i primi dati, gli scienziati hanno notato una strana striscia di particelle energetiche proveniente dal bordo anteriore della nostra eliosfera. Chiamata "nastro IBEX", "è stata una grande sorpresa: questa struttura ai margini del nostro sistema solare, larga un miliardo e mezzo di chilometri, lunga 16 miliardi di chilometri, che nessuno sapeva fosse lì", ha detto Eric Christian, scienziato del Goddard Space Flight Center della NASA. "Ma anche quando abbiamo sviluppato i modelli per spiegare perché era lì, tutti i modelli hanno mostrato che non dovrebbe essere così brillante come è".
"La densità interstellare, superiore del 40%, osservata in questo studio è assolutamente critica", ha affermato David McComas, professore di scienze astrofisiche alla Princeton University, ricercatore principale per la missione IBEX della NASA e coautore dello studio. "Questo non solo mostra che il nostro Sole è incorporato in una parte molto più densa dello spazio interstellare ma può anche spiegare un errore significativo nelle nostre simulazioni rispetto alle effettive osservazioni di IBEX". Soprattutto, questo risultato offre un'immagine migliore del nostro quartiere stellare locale.