C'è un debole bagliore visibile all'orizzonte appena prima dell'alba o dopo il tramonto che si chiama luce zodiacale. È una debole luminosità lungo l'eclittica, creata dalla luce solare riflessa, in direzione della Terra, da una nuvola di minuscole particelle di polvere in orbita attorno alla nostra stella. Gli astronomi hanno a lungo pensato che la polvere venga portata nel Sistema Solare interno da alcune delle famiglie di asteroidi e comete, che si avvicinano a noi da molto lontano. Tuttavia, ora il team della missione Juno sostiene che potrebbe provenire da Marte. La ricerca è stata pubblicata su Journal of Geophysical Research: Planets.
Juno ha a bordo 4 star tracker che supportano le operazioni del magnetometro. Sono fotocamere che tracciano le stelle e consentono di calcolare e determinare più accuratamente l'orientamento della navicella e, quindi, dello strumento. Quando sono state progettate da John Leif Jørgensen, professore alla Technical University in Danimarca, non ci si aspettava che sarebbero anche andate a caccia di polvere interplanetaria.
Due star tracker di Juno (che assomigliano a degli altoparlanti).
Crediti: Patrick H. Corkery / Lockheed Martin
Ma Jørgensen sperava che le sue fotocamere potessero scorgere qualche nuovo asteroide. Quindi ne ha programmata una per segnalare oggetti rilevati in più immagini consecutive ma non presenti nel catalogo degli oggetti celesti conosciuti, senza attendersi grossi risultati. Tuttavia, quando la fotocamera ha iniziato a trasmettere migliaia di immagini di oggetti non identificabili, strisce che apparivano e misteriosamente scomparivano, Jørgensen e colleghi sono rimasti sconcertati. "Stavamo guardando le immagini e dicevamo: 'Cosa potrebbe essere?'", ha detto.
Il team ha quindi iniziato a valutare tutte le possibili cause, tra cui anche l'inquietante possibilità che lo star tracker avesse catturato un serbatoio del carburante di Juno che perdeva. "Abbiamo pensato, 'Qualcosa non va'", ha detto Jørgensen. "Dalle immagini sembrava che qualcuno stesse scuotendo una tovaglia impolverata fuori dalla finestra".
Solo quando la squadra ha calcolato le dimensioni apparenti e la velocità degli oggetti fotografati è stato possibile mettere insieme i pezzi del puzzle: i granelli di polvere si erano schiantati su Juno a circa 16.000 chilometri orari, scheggiando pezzi sub-millimetrici del veicolo spaziale. "Anche se stiamo parlando di oggetti con una piccola massa, hanno l'effetto di un pugno medio", ha commentato Jack Connerney del Goddard Space Flight Center della NASA, capo delle indagini sul magnetometro e vice-scienziato principale della missione. Lo spruzzo di detriti proveniva dai grandi pannelli solari della sonda, il più grande e sensibile rilevatore di polvere non intenzionale mai costruito. Per fortuna, questi non hanno subito danni perché le celle solari sono ben protette dall'impatto sul retro ma piccole particelle che viaggiano a velocità così elevate possono scavare fino a 1.000 volte la loro massa da un veicolo spaziale.
Andamento del numero di impatti registrati quotidianamente da Juno (puntini neri) nel tempo, con indicazione della distanza dal Sole (curva verde), della velocità (in rosso) e del volume di spazio attraversato in 1 secondo dalla sonda (curva lilla, che dipende anche dall'orientamento del veicolo). Sono indicati anche alcune distanze ed eventi cruciali, tra cui l'attraversamento di una coda cometaria, fino all'inserimento in orbita gioviana. Le fasce azzurre identificano periodi in cui la raccolta dei dati si è interrotta o è stata parziale. Notare che, dopo il gravity assist con la Terra, la sonda si è mossa al di sopra dell'eclittica, registrando quindi meno impatti a parità di distanza dal Sole.
Crediti: J.R.Lorgensen et al., "Distribution of Interplanetary Dust Detected by the Juno Spacecraft and Its Contribution to the Zodiacal Light", AGU, JGR. - Processing/Improvement: Marco Di Lorenzo
Juno è stata lanciata nel 2011. Dopo una manovra nello spazio profondo nella fascia degli asteroidi nel 2012, è tornata nel sistema solare interno per un gravity assist attorno alla Terra nel 2013, che l'ha messa sulla strada per Giove. Connerney e Jørgensen hanno notato che la maggior parte degli impatti con le particella di polvere sono stati registrati tra la Terra e la fascia degli asteroidi, con alcune lacune nella distribuzione dovute all'influenza gravitazionale del gigante gassoso.
Prima d'ora, gli scienziati non erano stati in grado di misurare la distribuzione di queste particelle di polvere nello spazio. Generalmente, i rilevatori di particelle dedicati hanno aree di raccolta piccole e quindi una sensibilità limitata ad una scarsa popolazione di polvere. Contano principalmente le particelle più abbondanti e molto più piccole dello spazio interstellare ma, in confronto, gli ampi pannelli solari di Juno hanno un'area di raccolta 1.000 volte maggiore rispetto alla maggior parte dei rilevatori di polvere utilizzati.
Il team ha stabilito che la nube di polvere finisce sul nostro pianeta, risucchiata dalla stessa gravità terrestre. "Questa è la polvere che vediamo come luce zodiacale", ha detto Jørgensen.
Il bordo esterno, a circa 2 Unità Astronomiche (UA) dal Sole (1 UA è la distanza tra la Terra e il Sole), finisce appena oltre Marte. A quel punto, l'influenza della gravità di Giove funge da barriera, impedendo alle particelle di polvere di passare dal Sistema Solare interno allo spazio profondo. Questo stesso fenomeno, funziona anche nel modo inverso, bloccando il passaggio nel Sistema Solare interno della polvere proveniente dallo spazio profondo. "La profonda influenza della barriera gravitazionale indica che le particelle di polvere si trovano in un'orbita quasi circolare attorno al Sole, ha detto Jørgensen. "E l'unico oggetto che conosciamo in un'orbita quasi circolare intorno a 2 UA è Marte, quindi il pensiero naturale è che Marte sia una fonte di questa polvere".
Modello di distribuzione della polvere interplanetaria ricavato dai dati di Juno, tra 1 e 2,25 UA dal Sole. La popolazione primaria, vicina all'eclittica, è presumibilmente generata da Marte mentre quella secondaria, più ampia, deriva dalla successiva diffusione indotta dalla gravità di Giove (effetto Kozai‐Lidov); sulla destra è indicata la traiettoria di Juno attraverso una sezione del disco di polvere.
Crediti: J.R.Lorgensen et al., "Distribution of Interplanetary Dust Detected by the Juno Spacecraft and Its Contribution to the Zodiacal Light", AGU, JGR. - Processing/Improvement: Marco Di Lorenzo
I ricercatori hanno sviluppato un modello computerizzato per prevedere la luce riflessa dalla nube di polvere, dispersa dall'interazione gravitazionale con Giove. Lo scattering dipende solo da due grandezze: l'inclinazione della polvere rispetto all'eclittica e la sua eccentricità orbitale. Tutti elementi che sembrano essere coerenti con i parametri orbitali di Marte.
Mentre ora ci sono buone prove che Marte, il pianeta più polveroso che conosciamo, sia la fonte della luce zodiacale, Jørgensen e colleghi non possono ancora spiegare come la polvere possa sfuggire alla morsa della gravità marziana.