Quando la sonda della NASA Juno è arrivata su Giove a luglio 2016 le sue telecamere ad infrarossi hanno scoperto cicloni giganti che circondano i poli del pianeta: nove a nord e sei a sud. Questi cicloni sono analoghi agli uragani sulla Terra ma, così come avviene per il famoso esagono al polo nord di Saturno, anche quelli di Giove si raccolgono ai poli seguendo uno schema esagonale.
Si trattava di fenomeni transitori o avrebbero richiesto settimane per formarsi ed altrettante per scomparire? O erano addirittura permanenti?
Il sesto ciclone australe è stato scoperto il 3 novembre 2019, durante il ventiduesimo fly-by e ad ogni sorvolo della sonda sul polo sud del pianeta, si rafforzava l'idea che le tempeste fossero permanenti e ruotassero attorno ad un vortice centrale secondo uno schema esagonale.
Una vista in infrarosso (5 micron) del polo sud di Giove, ripresa da JIRAM durante il 23* perigiove.
Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/ASI/INAF/JIRAM
Secondo Andy Ingersoll, professore di scienze planetarie della Caltech, le tempeste gioviane sono notevolmente simili a quelle che colpiscono la costa orientale degli Stati Uniti ogni estate ed autunno, solo su scala molto più ampia. "Se andassi sotto le cime delle nuvole, probabilmente troverai gocce d'acqua liquida, grandine e neve", dice. "I venti sarebbero venti da uragano". Come sulla Terra, le tempeste di Giove tendono a formarsi vicino all'equatore e poi a spostarsi verso i poli. Tuttavia, gli uragani e i tifoni terrestri si dissipano lungo il percorso per via dell'orografia della superficie. Ma quelli di Giove non incontrano alcun ostacolo. Tuttavia, Ingersoll sottolinea che i vortici gioviani hanno comunque un comportamento insolito per gli uragani dei giganti gassosi perché non si fondono tra loro. Un lavoro di 150 anni fa guidato da Alfred Mayer, fisico americano, e Lord Kelvin, fisico matematico ed ingegnere britannico, potrebbe suggerire la spiegazione.
Mayer aveva posizionato magneti circolari galleggianti in una pozza d'acqua ed aveva osservato che si disponevano spontaneamente in configurazioni geometriche, simili a quelle viste su Giove, con forme che dipendevano dal numero di magneti. Kelvin aveva utilizzato le osservazioni di Mayer per sviluppare un modello matematico e spiegare il comportamento dei magneti. Ma, "sebbene esistessero molti studi di laboratorio su questi poligoni fluidi, nessuno ha pensato di applicarli a una superficie planetaria", dice Ingersoll.
In alcune condizioni sperimentali, e su Giove, le tempeste cicloniche si respingono a vicenda, invece di fondersi. Crediti: California Institute of Technology
Per fare ciò, il team di ricerca ha utilizzato una serie di equazioni note come equazioni delle acque basse per costruire un modello computerizzato di ciò che potrebbe accadere su Giove e ha iniziato a eseguire simulazioni per scoprire tutte le combinazioni che avrebbero potuto rendere stabili i sei cicloni, invece di spingerli alla fusione. Alla fine, è stato scoperto che le tempeste possono rimanere in una configurazione geometrica stabile, come quella di Giove, se ciascuna è circondata da un anello di venti rotante nella direzione opposta rispetto alla tempesta stessa, il cosiddetto anello anticiclonico. La presenza di anelli anticiclonici fa sì che i vortici si respingano a vicenda, piuttosto che fondersi.
Sondando lo strato meteorologico fino a 50-70 chilometri sotto le cime delle nuvole di Giove, il Jovian Infrared Auroral Mapper (JIRAM) a bordo della sonda Juno, cattura la luce infrarossa che emerge dalle profondità di Giove. I suoi dati indicano che nell'ultimo ciclone scoperto, la velocità del vento è in media di 362 km/h, paragonabile alla velocità che già era stata rilevata nelle altre tempeste.
La ricerca è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences.