La settimana scorsa si è riunita l'organizzazione "Outer Planet Assessment Group" (OPAG), una sorta di Forum di esperti sponsorizzato dalla NASA che si occupa di esplorare quelli che, insieme a Venere, sono gli obiettivi più interessanti e meno conosciuti del Sistema Solare, quelli posti nelle sue regioni esterne.

 Insieme a proposte molto ardite ma anche molto impegnative, sia in termini di mezzi economici che di tempistiche inevitabilmente lunghe per la realizzazione e soprattutto per il viaggio fino all'obiettivo finale, spicca la presentazione fatta da Scott Bolton del SWrI e che propone una estensione della missione per la sonda Juno, in orbita attorno al gigante gioviano da 4 anni e la cui missione nominale si avvia alla conclusione nel luglio del prossimo anno. L'idea è quella di sfruttare il carburante residuo a bordo della sonda per variarne progressivamente l'orbita, sia in termini di distanza massima che di inclinazione, fino a poter effettuare una serie di incontri ravvicinati con i satelliti galileiani, compiendo una serie di indagini inedite anche sul pianeta e i suoi immediati dintorni. L'avventura si concluderebbe tra 5 anni (l'ultima orbita è prevista nel settembre 2025). 

 Ad oggi Juno ha effettuato oltre 28 giri attorno al gigante gassoso, facendo una rivoluzione ogni 53 giorni su un'orbita estremamente allungata che tipicamente oscilla tra 75000 e 8 milioni di km dal centro di Giove. Il punto più vicino (peri-Giove) cadeva a latitudini sempre più settentrionali, dai 3,75° iniziali fino a 25,15° dell'ultimo perigiove, lo scorso 25 luglio, Per la cronaca, l'ultimo "apo-Giove" è stato raggiunto la sera del 20 agosto, a 8,037 milioni di km; invece, il peri-giove n.29 verificherà alle 2:11 UT di mercoledì prossimo, a una distanza di 74000 km dal centro del pianeta e quindi circa 4000 km sopra le nubi, ad una latitudine di 25,9° (queste informazioni sono state ricavate dal sottoscritto utilizzando l'applicazione Horizons di JPL/NASA).

 A parte la lenta deriva nell'orientamento, però, finora le orbite sono cambiate ben poco: il periodo si è allungato di  circa 10 ore e l'eccentricità è cresciuta solo dello 0,02%.

Juno EM 4

Intensità del campo magnetico gioviano, calcolata a circa 7000 km sotto il livello delle nubi; la mappa in alto è basata sulle prime 9 orbite, quella in basso sulle 24 orbite compiute fino a tutto il 2019. Sono indicate anche le proiezioni delle traiettorie della sonda durante le varie orbite - Credits: S.Bolton/OPAG - Processing: Marco Di Lorenzo

 Oltre alle spettacolari immagini ravvicinate dell'atmosfera gioviana, riprese dalla JunoCam, le osservazioni fatte finora hanno consentito, tra l'altro, di ricavare una mappa piuttosto dettagliata del campo magnetico del pianeta; come si vede nella figura qui sopra, la risoluzione della mappa è migliorata nettamente con il crescere del numero di orbite. Juno ha anche fotografato i satelliti di Giove, ma da lontano; in particolare, lo strumento italiano JIRAM ha ottenuto già interessanti immagini infrarosse dei vulcani e delle zone calde di Io (visionabili qui e in una slide più in basso) e di recente ha fotografato per la prima volta l'emisfero Nord di Ganimede. Lo stesso strumento, in precedenza, aveva ripreso spettacolari immagini dell'atmosfera, dei vortici polari e delle aurore gioviane, come illustrato di seguito. La missione ha recentemente consentito di fare una scoperta inattesa sull'interno di Giove, che conterrebbe un nucleo roccioso "diluito", dai confini confusi e sfumati che necessita di una caratterizzazione approfondita.

Juno JIRAM gallery 

In alto, ricostruzione tridimensionale del polo nord di Giove in infrarosso, in basso l'ovale dell'aurora australe e le fasce calde del pianeta; tutte le immagini sono basate sui dati raccolti dallo strumento Jovian Infrared Auroral Mapper a bordo della sonda Juno della Nasa. Crediti: NasaJpl-Caltech/Swri/Asi/Inaf/Jiram/J.E.P. Connerney et al/Science

 Lo scopo della "Extended Mission" (EM) è di migliorare ed ampliare tutte queste osservazioni. I passaggi sopra il polo Nord di Giove, ad esempio, consentiranno di ricavare una mappatura profonda dei cicloni polari usando le microonde (strumento MWR). Un'altra indagine interessante riguarda gli anelli di Giove, nei quali si cercheranno altre concentrazioni di materia come quelle già fotografate nei pressi di Adrastea (immagine qui sotto, a sinistra); si spera anche di osservare altre ondate di impatti di particelle sottili mentre si attraverserà l'alone interno, come è già successo durante il perigiove n.21 (figura in basso a destra).

Juno EM 3

Concentrazioni di materiale sul bordo dell'anello principale e, a destra, densità di impatti registrati nei passaggi al perielio finora (in falsi colori) e la nuova zona da esplorare durante la EM (in viola) - Credits: S.Bolton/OPAG - Processing: Marco Di Lorenzo

 La parte più ghiotta della EM, però, sarà l'esplorazione ravvicinata dei satelliti galileiani, qualcosa di cui si sente fortemente il bisogno dal momento che le missioni Voyager, con i loro fugaci passaggi di 40 anni fa, non hanno fornito una copertura completa e sufficientemente ravvicinata di questi mondi mentre la sfortunata missione Galileo, che avrebbe dovuto colmare tali lacune, ci riuscì solo in minima parte a causa della mancata apertura dell'antenna ad alto guadagno, che ridusse drasticamente la quantità di informazioni trasmesse a Terra. A dire il vero, Juno avrà la possibilità di esplorare solo 3 dei quattro satelliti perchè il più esterno Callisto non sarà raggiungibile.

Juno EM 2

Credits: S.Bolton/OPAG - Improvement: Marco Di Lorenzo

 L'esplorazione delle 3 grandi lune inizierà dall'orbita numero 34 e continuerà nelle 23 rivoluzioni successive, grazie alle progressive modifiche orbitali effettuate anche grazie ai "gravity assist" durante gli incontri più ravvicinati con tali satelliti. Sulla base di questa progressione, le 43 orbite della EM sono state ripartite in 3 gruppi, come illustrato qui sopra e anche nella figura d'apertura. Qui sotto, invece, c'è un elenco degli incontri pianificati, con indicazione di massima dell'altezza e della data prevista. 

Juno EM 5

Credits: S.Bolton/OPAG - Improvement: Marco Di Lorenzo

 Come si vede, la maggior parte degli incontri saranno "tipo Voyager", a distanze di alcune decine di migliaia di km. Tuttavia, sono previsti anche un passaggio a bassa quota su Ganimede, due su Io e, soprattutto, un incontro mozzafiato con Europa, a poco più di 300 km di altezza. Lo scopo di questo passaggio radente è quello di tentare di intercettare i cristalli di ghiaccio emessi dagli enormi geyser in superficie, la cui esistenza è stata dimostrata recentemente, riesaminando i dati raccolti dalla sonda Galileo durante un passaggio analogo nel 1997. Insomma, si tratterà di una manovra simile a quella effettuata dalla Cassini quando sorvolò i getti di cristallo emessi dalle spaccature vicino al polo sud di Encelado. Lo strumento al plasma dovrebbe consentire di porre dei limiti sull'effetto di "sputtering" o erosione/deposizione superficiale.

EuroGeyser

Rappresentazione artistica di un gayser su Europa, un possibile obiettivo futuro di Juno - NASA/ESA/K. Retherford/SWRI

 La speranza è anche quella di riuscire a caratterizzare lo spessore dello strato di ghiaccio superficiale di Europa tramite lo strumento MWR, con una risoluzione migliore di 200 km; gli altri strumenti consentiranno di mappare la distribuzione di acqua, CO2 e altri materiali organici con 10 km di risoluzione.

 Per quanto riguarda gli altri due satelliti, invece, la speranza è di fotografarne la superficie alla ricerca di eventuali cambiamenti rispetto alle missioni precedenti, di mapparne la composizione superficiale e di comprendere meglio le loro interazioni magnetiche col campo gioviano. Si cercherà anche di scoprire di più sull'oceano di magma di Io e sulla distribuzione dei vulcani e dell'ossido di zolfo nelle regioni polari del corpo geologicamente più attivo nel sistema solare. Alcuni obiettivi sono mostrati nella slide seguente, dove sono mostrate le riprese fatte con i tre strumenti di imaging a bordo di Juno, solo una pallida anticipazione di ciò che che si potrà vedere durante gli incontri ravvicinati; in basso a sinistra, sono mostrati anche due diversi modelli sul mantello di Io tra i quali Juno potrebbe riuscire a fare una discriminazione.

Juno EM 6

Credits: S.Bolton/OPAG - improvement: Marco Di Lorenzo

 Insomma, la missione Juno intorno a Giove era partita con il piede sbagliato, a causa di una anomalia e un safe mode che, nel 2016, aveva impedito di inserirla su un'orbita più stretta; in seguito, però, ci ha restituito splendide immagini e preziosi dati, specialmente sull'atmosfera e il campo magnetico di Giove. Entro la fine dell'anno sapremo se questa missione estesa si realizzerà (e sarebbe sciocco non approvarla, dato che avrebbe un costo trascurabile a fronte di un ritorno scientifico ricco e, soprattutto, immediato); in caso affermativo, nei prossimi anni Juno potrebbe regalarci nuove visioni e una messe ricchissima di dati che terrebbe la comunità scientifica impegnata per molti anni a venire, in attesa che si realizzino nuove imprese verso il sistema solare esterno.

 Una osservazione finale: non è chiaro cosa dovrebbe accadere alla sonda alla fine della missione estesa ma è probabile che il suo destino sia analogo a quello della sonda Cassini: con il poco carburante residuo, verrà fatta precipitare nell'atmosfera gioviana per non contaminare altri corpi nelle sue vicinanze.