Il 5 dicembre 2020, la sonda Hayabusa 2 ha restituito con successo i campioni raccolti dall'asteroide Near-Earth (NEA), 162173 Ryugu.
Si ritiene che queste rocce spaziali contengano materiale residuo originario della formazione del Sistema Solare. In particolare, gli scienziati sono interessati a determinare come le molecole organiche si sono diffuse 4,6 miliardi di anni fa, favorendo l'emergere della vita.
I campioni hanno già fornito numerose informazioni, tra cui uracile una delle basi azotate che (insieme ad adenina, guanina e citosina) formano i nucleotidi dell'acido nucleico RNA, più di 20 aminoacidi, vitamina B3 (niacina) e polvere interstellare. E, secondo un recente studio condotto da un team di scienziati dell’Università di Tohoku e pubblicato sulla rivista Science Advances, i campioni di Ryugu mostrano anche prove di impatti di micrometeoroidi. Questi piccoli detriti hanno formato macchie di vetro fuso e minerali sull'asteroide e provenivano probabilmente dalle comete che contenevano materiali carboniosi simili alla materia organica primitiva tipicamente presente nell’antica polvere cometaria.
Capsula temporale
Come la Luna e altri corpi senz'aria, Ryugu non ha un'atmosfera protettiva e non è soggetto agli agenti atmosferici o all'erosione. Ciò garantisce che le tracce di eventi passati siano rimaste preservate fino ai nostri giorni. In particolare, gli impatti generano un calore intenso che forma chiazze di vetro fuso che si solidificano rapidamente nel vuoto dello spazio. Nei punti in cui ciò avviene, la composizione dei materiali sulla superficie dell'asteroide cambia e, questi cambiamenti, raccontano agli scienziati la storia di un oggetto.
Dopo aver analizzato i campioni di Ryugu, il team, guidato da Megumi Matsumoto, un assistente professore del Dipartimento di Scienze della Terra presso la Tohoku University Graduate School of Science, ha trovato "schizzi di fusione" di dimensioni variabili da 5 a 20 micrometri. La loro composizione suggerisce che provenissero da fonti cometarie che hanno colpito Ryugu mentre era in un'orbita vicino alla Terra.
"Le nostre immagini 3D CT e le analisi chimiche hanno mostrato che gli schizzi di fusione sono costituiti principalmente da vetri di silicato con vuoti e piccole inclusioni di solfuri di ferro sferici", ha affermato Matsumoto in un recente comunicato stampa. "La composizione chimica degli schizzi di fusione suggerisce che i silicati idrati di Ryugu si siano mescolati con polvere cometaria".
La loro analisi ha rivelato piccoli materiali carboniosi con una consistenza spugnosa indicativa di nano-pori, piccoli vuoti causati dal rilascio di vapore acqueo dai silicati idrati. Questo vapore è stato successivamente catturato dalle chiazze di vetro fuso, che contenevano anche silicati ricchi di magnesio e ferro (Mg-Fe) e solfuri di ferro-nichel.
I materiali carboniosi sono simili nella struttura alla materia organica primitiva osservata nella polvere cometaria ma differiscono nella composizione, essendo privi di azoto e ossigeno.
"Proponiamo che i materiali carboniosi si siano formati dalla materia organica cometaria attraverso l'evaporazione di sostanze volatili, come azoto e ossigeno, durante il riscaldamento indotto dall'impatto. Ciò suggerisce che la materia cometaria sia stata trasportata nella regione vicina alla Terra dal sistema solare esterno. Questa materia organica potrebbe essere i piccoli semi della vita una volta consegnati dallo spazio alla Terra", ha detto Matsumoto.
Nel frattempo, gli scienziati del Johnson Space Center della NASA hanno recentemente completato l’attento processo di rimozione dei campioni dal contenitore, raccolti dalla missione OSIRIS-REx.
L’analisi di questi reperti rivelerà la composizione e la storia dell’asteroide Bennu, un altro NEA che fornirà informazioni vitali su come si è evoluto il nostro Sistema Solare.