lo scorso 11 luglio, alle 3:20 ora italiana, il "falco" Hayabusa-2 ha effettuato un manovra rischiosa e piena di incognite, avvicinandosi autonomamente alla superficie dell'asteroide Ryugu fino a toccarlo, a soli 60 cm dal punto previsto. Di questa ennesima impresa dell'agenzia spaziale giapponese abbiamo raccontato quasi in diretta e nei giorni immediatamente successivi, adesso però, dopo una conferenza stampa tenutasi il 25 luglio, emergono nuovi dettagli e nuove spettacolari immagini scattate dalla sonda in quei momenti.
Cominciamo con due immagini che ci mostrano il luogo esatto del Touchdown in un contesto "globale", sia tramite una ripresa reale fatta dalla "home position" (a 20 km dall'asteroide) lo scorso 20 maggio, sia in una mappa che ci mostra anche i diversi tipi di terreno e le principali formazioni superficiali, ribattezzate con nomi tratti, in buona parte, dalle tradizioni fiabesche giapponesi.
Image credit: JAXA, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, University of Aizu, AIST - Processing: Marco Di Lorenzo
Come si vede, il nome del nuovo punto di touchdown è "Uchide-no-kozuchi"; nella tradizione giapponese, è il nome di un miracoloso martello che procura grandi benefici, gli stessi che sperano di ottenere i ricercatori dall'analisi dei campioni prelevati.
La sequenza qui sotto mostra il luogo di prelievo in dettaglio; le prime due sono immagini reali, con diverso dettaglio, riprese nella discesa precedente al Touchdown mentre l'ultima è basata su un modello digitale di elevazione del terreno. In particolare, la prima foto mostra chiaramente, in basso, il cratere SCI scavato dall'omonimo proiettile il 5 Aprile e la zona prescelta per l'atterraggio, una decina di metri dal bordo settentrionale del cratere e con un raggio di 3,5 metri.
Il motivo per cui è stato scelto questo luogo e non l'interno stesso del cratere è presumibilmente legato ai rischi di un touchdown dentro SCI, vista la natura scoscesa del terreno e soprattutto la presenza di due grossi massi sporgenti. Invece, come si vede nella seconda immagine più dettagliata, la regione denominata C01-Cb è caratterizzata da una relativa assenza di pericolosi rilievi; il sasso più alto, come si vede, sporge di 65 centimetri e quindi non avrebbe potuto causare danni dato che la "tromba" di raccolta campioni sporge di 1 metro sotto la pancia della sonda.
Credit&JAXA#University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, University of Aizu, AIST
L'opportunità di scegliere una zona a nord di SCI, invece, risulta evidente da questa particolare elaborazione che mostra, con un colore bianco-azzurro, la distribuzione del materiale sollevato dall'impatto e presumibilmente proveniente dall'interno del cratere. L'immagine è basata sul confronto della topografia prima e dopo l'esplosione.
Credits: JAXA - Processing: Marco Di Lorenzo
Uno dei problemi che hanno fatto esitare sull'opportunità di effettuare questo secondo touchdown è stato il fatto che, in occasione del contatto precedente, parecchi detriti si sono sollevati e depositati sulla lente della camera di navigazione ONC-W1, essenziale per le operazioni di avvicinamento e allineamento (gli ingegneri giapponesi hanno definito "nuvolose" le immagini raccolte dopo questo evento). La ONC-W1 ha il compito di rilevare sia la posizione del "Target Marker" depositato sulla superficie, sia di riconoscere le caratteristiche e il moto relativo delle strutture superficiali dell'asteroide, in modo da inviare le corrette informazioni di navigazione alla sonda per l'approccio finale; per evitare problemi legati alla visione degradata di questa telecamera, si è quindi deciso di ridurre da 45 a 39 metri la distanza a cui sarebbe iniziata l'acquisizione di queste informazioni. Stesso discordo per la finestra ottica dello strumento LRF (Laser Range Finder), che utilizza uno spot laser per misurare la distanza dalla superficie; in questo caso, l'altezza operativa è stata abbassata da 28 a soli 17 metri. Tra l'altro, un ulteriore spot laser (LRF-S2) illumina la parte superiore del sistema di campionamento ed è servito a confermare l'avvenuto touchdown tramite la deformazione meccanica del campionatore stesso; esso è visibile nell'immagine a sinistra qui sotto, evidenziato da una freccia verde:
Credit: JAXA, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, University of Aizu, AIST
L'immagine è stata ripresa dalla fotocamera CAM-H un attimo prima del touchdown e, nel mosaico di contesto sulla destra, le ellissi viola e gialla indicano rispettivamente una grossa roccia vicino al punto di contatto e l'impronta da parte della tromba di campionamento durante il touchdown. Peraltro, proprio con la fotocamera CAM-H è stato ripreso uno spettacolare filmato del touchdown che consigliamo vivamente a coloro che non lo hanno ancora visto.
Qui sotto, uno schema riassuntivo della fase cruciale della discesa e del touchdown (i tempi indicati sono quelli dell'orologio di bordo, in anticipo di 14 minuti rispetto al fuso orario del Giappone, a sua volta in anticipo di 7 ore sul nostro). Come ricordato in fondo all'immagine, le fasi da 1 a 6 sono state gestite autonomamente dal software della sonda, che ogni volta ha dovuto decidere se proseguire o meno.
Arriviamo dunque alle immagini del touchdown, cominciando da questo spettacolare mosaico di due riprese, scattate contemporaneamente dalle fotocamere grandangolari ONC-W1 (parte superiore) e ONC-W2 (parte inferiore), quando la sonda era giunta a soli 8 metri dalla superficie, nella cosiddetta fase di "hover" prima della discesa finale; entrambi gli obiettivi hanno un campo di vista di poco superiore a 60° per lato ma, mentre la prima guarda lateralmente e leggermente in basso, la seconda fotocamera punta esattamente sul Nadir della sonda, dunque in basso. In pratica, l'angolo complessivo abbracciato è paragonabile a quello di una "GoPro" (120°) e, contrariamente all'originale, qui ho lavorato soprattutto nella regione di transizione tra le due riprese per dare una continuità quasi perfetta e quindi l'illusione di una unica ripresa super-grandangolare:
Credit: JAXA, Chiba Institute of Technology, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Meiji University, University of Aizu, AIST - Processing: Marco Di Lorenzo
Della stessa immagine, qui sotto c'è una versione con la descrizione delle principali caratteristiche visibili, dall'ellisse formata dal bordo del cratere SCI, vicino all'orizzonte, al punto di contatto del campionatore in basso, passando per il "Target Marker" ingrandito sulla sinistra. Sono indicate anche le scale, valide solo per la parte inferiore della panoramica; ricordiamo che il chiarore visibile in basso a destra non è dovuto a una fonte di luce artificiale ma è il solito "effetto di opposizione" dovuto alla illuminazione frontale della superficie da parte del Sole, che era alle spalle della sonda.
Credit: JAXA, Chiba Institute of Technology, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Meiji University, University of Aizu, AIST - Processing: Marco Di Lorenzo
Arriviamo alla drammatica immagine in apertura, sempre ripresa dalla ONC-W1 soltanto 15 secondi dopo il contatto, quando la sonda aveva già sparato un proiettile (il terzo) per inviare frammenti di superficie lungo il tubo del campionatore. L'impatto ha sollevato un gran numero di detriti e polvere che si vedono sospesi sopra la superficie e sembrano gettare anche un'ombra su di essa; in quel momento, Hayabusa-2 si stava sollevando verticalmente a 60 cm/s. La ripresa sottostante, invece, è stata effettuata 2,5 minuti dopo, quando la sonda era ormai a 90 metri d'altezza e i frammenti sono scomparsi, lasciando vedere meglio lo sbuffo di polvere ancora sospesa poco sopra il terreno, probabilmente per repulsione elettrostatica; essa appare gettare un'ombra sbiadita (questa è, perlomeno, l'interpretazione di quello che mostra l'immagine da parte del sottoscritto, in assenza di una descrizione ufficiale!).
Credit: JAXA, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, University of Aizu, AIST - Processing: Marco Di Lorenzo
A proposito di detriti sollevati e poi scomparsi, ricordiamoci che, nelle zone equatoriali in cui è avvenuto il touchdown, la gravità di Ryugu ammonta a circa 0,11 mm/s2, ovvero poco più di un centomillesimo di quella terrestre! Perciò, un sasso scagliato a soltanto 1 cm/s verso l'alto, impiegherà ben 3 minuti per ricadere a terra molto lentamente, dopo avere toccato un'altezza massima di 45 centimetri dal suolo. Se poi il detrito ha una velocità superiore a 35 cm/s, esso sfuggirà definitivamente dall'attrazione gravitazionale dell'asteroide; questo implica che molti dei detriti inquadrati nell'immagine precedente, scattata subito dopo il touchdown, non sono ricaduti sull'asteroide ma sono probabilmente persi nello spazio!
Dallo schema seguente, si vede come i nuovi campioni sono stati stivati nell'ultima delle tre "stanze" disponibili, all'interno della capsula "sample return". La camera A ha raccolto i campioni del primo touchdown, lo scorso 22 Febbraio; la camera B è stata aperta poco dopo ed è rimasta così fino al 24 giugno, mentre Hayabusa compiva ben 7 manovre di discesa senza contatti con la superficie di Ryugu; infine la camera C è stata aperta fino a 64 minuti dopo il secondo touchdown e, siccome mezz'ora prima della chiusura la velocità di salita è stata ridotta di 2 cm/s, i detriti eventualmente rimasti nella tromba di raccolta dovrebbero essere finiti, per inerzia, al suo interno a causa della "frenata".
Image credit:JAXA - Improvements: Marco Di Lorenzo
Dopo il Touchdown, dal 20 al 31 luglio, Hayabusa-2 ha effettuato una serie di manovre nel cosiddetto "Box-C", avvicinandosi fino a 5 km dall'asteroide. A Novembre o Dicembre, la sonda riaccenderà e motori a ioni e riporterà i campioni prelevati a Terra, dove dovrebbero atterrare nel deserto australiano a fine 2020.
Riferimenti:
http://www.hayabusa2.jaxa.jp/en/enjoy/material/press/Hayabusa2_Press20190725_ver9_en3.pdf
http://www.hayabusa2.jaxa.jp/en/