La navicella ha raggiunto il pianeta nano nel 2015 e lo ha studiato da vicino per circa tre anni e mezzo. Come il cratere Occator, il cratere Urvara potrebbe essere stato teatro di attività criovulcanica, sostengono i ricercatori. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications e guidato dai ricercatori del Max Planck Institute for Solar System Research (MPS) di Gottinga, dell'Università di Münster (WWU) e del National Institute of Science Education and Research (NISER) di Bhubaneswar, supporta la teoria in base alla quale un oceano salino globale si estendeva in passato sotto la crosta di Cerere e, in alcuni punti, potrebbe essere liquido ancora oggi.

La superficie del pianeta nano, che è il corpo più grande della Fascia di Asteroidi con un diametro di circa 960 chilometri, appare molto craterizzata. Il bacino da impatto più sorprendente è senza dubbio Occator, nell'emisfero meridionale. Le aree altamente luminose al suo interno sono state avvistate quando la sonda Dawn era ancora lontana. Si è discusso molto su queste caratteristiche che poi, si sono rivelate i resti salini di una salamoia sotterranea, salita in superficie attraverso processi criovulcanici, anche in tempi geologici recenti.  In un altro grande cratere, chiamato Ernutet, sono state trovate prove di composti organici esposti e quindi di una chimica molto complessa.

Nella nuova pubblicazione, il team rivolge la propria attenzione al cratere Urvara. Situato nell'emisfero sud, è il terzo cratere più grande di Cerere con un diametro di 170 chilometri. Si pensa che l'impatto che lo ha formato circa 250 milioni di anni fa abbia esposto materiale fino a 50 chilometri di profondità.

"Le grandi strutture da impatto su Cerere ci danno accesso agli strati più profondi del pianeta nano", ha detto Andreas Nathues dell'MPS, primo autore dello studio e ricercatore principale del sistema di telecamere di Dawn. "A quanto pare, l'attuale topografia e composizione mineralogica di alcuni dei grandi crateri di Cerere è il risultato di processi geologici complessi e di lunga durata che hanno alterato la superficie del pianeta nano", ha aggiunto.

cerere mappa urvalaCrediti: MPS, sulla base dei dati della missione Dawn: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA


Il cratere Urvara

I dati osservativi più dettagliati del cratere Urvara sono stati ottenuti durante la missione estesa di Dawn. Quando la missione primaria di due anni è terminata, il carburante rimanente è stato sufficiente per volare su orbite più audaci e altamente ellittiche portando la navicella entro 35 chilometri di superficie. Durante questa fase le due Dawn Framing Cameras hanno scattato immagini in cui si possono risolvere strutture di diversi metri di grandezza.

Le immagini ad alta risoluzione del cratere Urvara rivelano un paesaggio geologicamente diversificato.
Il bacino da impatto è racchiuso da pareti crateriche terrazzate: la caratteristica più importante è una catena montuosa lunga circa 25 chilometri e alta 3 chilometri, che si eleva dal centro del cratere. Il suo fianco meridionale è formato da aspre scogliere, aree costellate di massi e, occasionalmente, da materiale luminoso che ricorda i famosi "Bright Spot" del cratere Occator.  Inoltre, le immagini mostrano una profonda depressione centrale, aree con superfici notevolmente lisce e alcune punteggiate da numerose depressioni più piccole e arrotondate.

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La zona circostante la "Gerber Catena", nell'emisfero sud di Cerere (PIA20187)
Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

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Un terrazzamento sul bordo del cratere Urvara, probabilmente causato da una frana. L'immagine è stata ripresa dalla sonda Dawn il 16 luglio 2018 da 56 km di quota.
Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA


Una storia movimentata

"La nostra analisi rivela che diverse aree del cratere hanno età molto diverse", ha affermato Nico Schmedemann dell'Istituto di Planetologia della WWU. "La differenza di età arriva fino a 100 milioni di anni. Ciò suggerisce che erano in atto processi che sono durati molto tempo dopo la formazione del cratere". Per datazioni di questo tipo, su corpi privi di atmosfera, i ricercatori si affidano alla "conta dei crateri", dato che le superfici più vecchie hanno avuto più tempo per "accumulare" impatti rispetto a quelle più giovani. Poi, per determinare l'età esatta, queste valutazioni visive vengono abbinate e supportate con modelli sulla forza del bombardamento in epoche diverse.

Secondo questi modelli, le aree più incontaminate del cratere Urvara hanno circa 250 milioni di anni, un'età che corrisponde all'epoca della formazione del cratere stesso. Le superfici più giovani al suo interno includono vaste aree lisce e scure, nonché pozzi probabilmente formati da fuoriuscite di gas nel sottosuolo.

Ulteriori indizi sul turbolento passato del cratere sono forniti dalle immagini riprese da Dawn utilizzando filtri a diverse lunghezze.
Analizzando la luce riflessa, i ricercatori hanno determinato che il materiale brillante sono i sali. I dati dello spettrometro VIR, fornito dalla missione dall'Agenzia Spaziale Italiana ASI, indicano anche che i composti organici sono stati depositati insieme ai sali su un pendio a ovest della catena montuosa centrale. E, anche i depositi di composti organici sembrano essere relativamente giovani. 

L'origine e la formazione della sostanza organica su Cerere rimangono interessanti questioni aperte che hanno importanti implicazioni per la storia geologica complessiva di Cerere, nonché potenziali collegamenti con l'astrobiologia e l'abitabilità. Le sostanze organiche che crediamo di aver trovato nel bacino di Urvara nell'emisfero australe differiscono dalle aree ricche di sostanze organiche nel cratere Ernutet nell'emisfero settentrionale e ci aiuteranno a rispondere a queste domande", ha commentato Guneshwar Thangjam, scienziato del NISER. "Il team sta lavorando su questi aspetti utilizzando dati spettrali sia FC che VIR", ha aggiunto.

"Nel complesso, il cratere Urvara ci presenta un quadro decisamente complesso che non comprendiamo ancora del tutto e che lascia spazio a due interpretazioni", ha riassunto Nathues. Ad esempio, l'impatto che ha formato il cratere Urvara potrebbe aver trasportato i sali dall'interno del pianeta nano alla superficie. Tuttavia, alcune prove suggeriscono che possa essere invece coinvolta una salamoia salata, che si sollevava dall'interno e avviava ulteriori processi. Non è chiaro se la salamoia abbia raggiunto la superficie o si sia semplicemente accumulata appena sotto di essa. In ogni caso, qualunque sia l'interpretazione, lo studio sul cratere Ursava rafforza l'immagine di un corpo geologicamente attivo, nonostante la grande distanza dal Sole, con strati salini che si estendono sotto la sua crosta a varie profondità.  Questi possono essere correlati a un precedente oceano sotterraneo che conteneva anche composti organici.

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Macchie bianche: uno sguardo da vicino alla catena montuosa all'interno del cratere Urvara. Sul fianco meridionale si trova materiale luminoso che è stato identificato come giacimento di sale.
Crediti: MPS, sulla base dei dati della missione Dawn: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA