L'atmosfera terrestre è composta principalmente da azoto, ossigeno e un po' di anidride carbonica ma i chimici hanno appena scoperto che c'è molto di più.
Ieri si sono celebrati i 122 anni dalla nascita di Cecilia H. Payne, l'astrofisica che per prima misurò la reale composizione chimica dell'Universo.
In un nuovo studio, gli scienziati hanno modellato come l'evaporazione dell'oceano di magma che un tempo ricopriva la superficie di Mercurio, potrebbe aver fornito una prima atmosfera e come la perdita di quest'ultima potrebbe aver alterato la composizione del pianeta.
Gli strumenti della sonda della NASA Juno hanno messo in evidenza una corrispondenza tra le colorate bande che caratterizzano la veste esterna di Giove e in processi che avvengono in profondità nell'atmosfera del pianeta.
Gli scienziati hanno previsto che, in futuro, l'ossigeno scarseggerà nell'atmosfera terrestre e questa tornerà ad essere ricca di metano come in origine.
Precedenti esperimenti hanno dimostrato che, senza il Protocollo di Montreal, l'ozono atmosferico si sarebbe esaurito a livello globale entro la metà del ventunesimo secolo. Questo gas protegge anche la capacità del nostro pianeta di estrarre il carbonio dall'atmosfera e trattenerlo.
Nonostante Marte riceva meno di un terzo della radiazione solare che arriva sulla Terra, in passato deve aver avuto un clima sufficientemente caldo tanto da favorire lo scorrere dell'acqua liquida in superficie, a causa di un meccanismo di riscaldamento sconosciuto. Un nuovo studio condotto dall'Università di Chicago cerca di fornire una possibile spiegazione.
Secondo un nuovo studio, le gocce di pioggia su altri pianeti e lune sono sorprendentemente simili nelle dimensioni delle gocce di pioggia sulla Terra nonostante abbiano composizioni chimiche diverse e cadano attraverso atmosfere molto diverse.
Utilizzando ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), un gruppo di astronomi ha misurato direttamente e per la prima volta, i venti nella stratosfera di Giove grazie alla collisione con la cometa Shoemaker–Levy 9 avvenuta nel 1994.
Gli scienziati che utilizzano il telescopio spaziale Hubble hanno trovato prove che il pianeta extrasolare GJ 1132 b potrebbe aver perso la sua atmosfera originale, guadagnandone una seconda rifornita dall'attività vulcanica.