Sembra la trama di un film di fantascienza ma, invece, ci riguarda da vicino: questa è una delle dirette conseguenze del cambiamento climatico.
I ghiacciai ed il permafrost, una volta ritenuti ambienti troppo gelidi e inospitali per sostenere la vita, oggigiorno vengono considerati uno dei principali ecosistemi del nostro pianeta. Ospitano una marea di microrganismi, molti metabolicamente attivi, altri dormienti, alcuni morti.
Ma il cambiamento climatico sta radicalmente modificando questi habitat.
Nel 2019, l’Islanda ha celebrato un funerale per il ghiacciaio Okjökull, il primo ghiacciaio islandese perso a causa del riscaldamento globale. A livello globale, in un periodo di 14 anni dal 2002 al 2016 i ghiacciai continentali hanno perso tanta massa da contribuire ad un aumento del livello del mare di 8 millimetri e negli ultimi cinque anni i tassi di scioglimento sono quasi raddoppiati. Un recente documento, che combina osservazioni satellitari e modelli numerici, quantifica la perdita globale di ghiaccio in circa 28 trilioni di tonnellate, dal 1994 al 2017.
Negli ultimi 10 anni, il riscaldamento nell’Artico ha superato le proiezioni così rapidamente che gli scienziati ora suggeriscono che i poli si stanno riscaldando quattro volte più velocemente rispetto al resto del globo. Ciò ha portato allo scioglimento dei ghiacciai e a livelli di disgelo del permafrost che non si prevedevano fino al 2050 o oltre. In Siberia e nel Canada settentrionale, questo brusco innalzamento termico ha creato morfologie irregolari e paludose, chiamate termocarsiche, dove il permafrost più antico e profondo è esposto all’aria per la prima volta in centinaia o addirittura migliaia di anni.
In questo scenario, i microrganismi attivi potrebbero raggiungere più facilmente altri habitat, quelli dormienti potrebbero risvegliarsi con conseguenze inaspettate per la flora e la fauna moderna e anche per l’uomo.
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