Introduzione

 Spesso si sente parlare di "gravity assist", ovvero manovre fatte dalle sonde spaziali per trarre vantaggio dall'incontro con altri corpi di grande massa, in modo da ottenere una spinta addizionale e cambiare la propria orbita. A partire dalle missioni Pioneer e Voyager negli anni '70, queste tecniche sono state utilizzate sempre più spesso nelle missioni spaziali ma il loro esatto funzionamento non è noto al grande pubblico; in effetti, i meccanismi sottostanti non sono molto intuitivi e, infatti, si tratta di conquiste intellettuali relativamente recenti, nonostante la fisica utilizzata (dinamica e gravitazione) sia nota da ormai 3 secoli!

 In aggiunta al celebre "effetto fionda", di cui parleremo presto in un' altra puntata di questa serie, ultimamente si parla spesso della "manovra di Oberth", in riferimento a una ipotetica missione per raggiungere l'oggetto interstellare 'Oumuamua sfruttando la gravità del Sole. Qui vediamo in dettaglio come funziona quest'ultima manovra, che venne descritta per la prima volta nel 1927 da Hermann Oberth, fisico tedesco di origini austro-ungariche, uno dei fondatori della moderna astronautica e che ebbe von Braun tra i suoi allievi. Essenzialmente, essa consente di sfruttare l'elevata energia cinetica del combustibile contenuto in un razzo quando questo si trova in prossimità del periastro in un'orbita ellittica, aumentando di fatto l'efficienza della spinta dei motori.


Un esperimento di Fisica

 Per capire di cosa si tratta, cominciamo con un tipico problemino di fisica. Si tratta di esempio di "urto completamente anelastico", visto però da due diversi sistemi di riferimento.  Immaginiamo un sistema formato da due masse uguali (pari a m), e da una molla di massa trascurabile posta tra le due, inizialmente tenuta compressa da un blocco, anch'esso di massa trascurabile. Quando questo vincolo viene rimosso, la molla è libera di estendersi, spingendo le due masse sulle sue estremità in direzioni opposte, accelerandole allo stesso modo per il "principio di azione e reazione", fino a che si staccano con velocità finale vf e con questa procedono senza attrito, allontanandosi. Il tutto è illustrato nella figura sottostante.

 Se siamo nel sistema di riferimento del centro di massa, all'inizio tutto è fermo e quindi anche la quantità di moto (vettore dato dal prodotto di massa per velocità di ciascun oggetto) e l'energia cinetica complessive sono nulle; dopo lo sblocco, le quantità di moto delle due masse hanno segni opposti e continuano ad avere somma nulla mentre appare una energia cinetica, legata al movimento delle due masse e dovuta alla conversione dell'energia potenziale della molla, non più compressa. Quindi la quantità di moto totale e l'energia totale sono conservate, come vogliono le Leggi della Dinamica. Inoltre, il centro di massa (cm) del sistema fisico, indicato da una piccola croce nera nel diagramma, risulterà immobile sia prima che dopo lo sblocco, nel rispetto della prima legge della Dinamica (infatti non ci sono forze esterne che agiscono sul sistema).

 Adesso però guardiamo il fenomeno da una prospettiva diversa, quella di un sistema di riferimento che si muove a velocità vf verso sinistra, ovvero con la direzione e il verso in cui si muove la prima delle due masse dopo lo sblocco nel caso precedente. Stavolta, il sistema formato dalle due masse, dal blocco e dalla molla, si muove inizialmente verso destra, a velocità vf, e quindi quantità di moto ed energia cinetica non sono nulle. Anche il centro di massa si muove con questa velocità e deve continuare a farlo anche dopo, sempre per il Principio d'Inerzia; pertanto, dopo l'estensione della molla, dato che stavolta la seconda massa si arresta, la prima massa si dovrà muovere a velocità +2vf. Il tutto è illustrato nella figura sottostante e, di nuovo, vengono rispettate le leggi di conservazioni della quantità di moto e dell'energia. Nonostante ciò, l'energia cinetica della seconda sfera adesso è cresciuta di 4 volte rispetto al caso precedente, avvalendosi del valore non nullo che aveva già nella fase iniziale.

Oberth dopo

 Quanto ho detto finora può apparire ovvio ma è essenziale per capire i risultati apparentemente paradossali della propulsione a razzo, al variare della velocità di quest'ultimo. Immaginiamo che la seconda sfera sia un veicolo spaziale e la prima sfera sia il combustibile in esso contenuto. Al posto dell'energia potenziale elastica della molla c'è l'energia potenziale della reazione chimica che si libera durante la combustione, spingendo a grande velocità il gas e fornendo la spinta al veicolo nell'altra direzione, per il principio di azione e reazione. In genere, i motori di un razzo forniscono una spinta costante fino a quando il combustibile nei serbatoi non si esaurisce; questo significa che il razzo accelera e lo fa con accelerazione crescente, perché nelle fasi finali della spinta la sua massa si è "alleggerita" del combustibile espulso e quindi la sua inerzia è scesa. 

 Se vogliamo realizzare in pratica la situazione appena descritta, dobbiamo impartire al razzo una velocità iniziale aggiuntiva; questo è possibile sfruttando la forza di gravità e, naturalmente, il vantaggio che se ne trae è tanto maggiore quanto più profonda è la "buca gravitazionale" in cui il razzo cade; nel sistema solare, il posto migliore per farlo è naturalmente nei pressi del Sole, la cui massa è migliaia di volte superiore a quella di qualsiasi pianeta. Si potrebbe obiettare che il vantaggio è solo apparente o momentaneo perché, nel momento in cui il razzo si allontana dal Sole, l'attrazione di quest'ultimo lo rallenta e alla fine la velocità risulterà la stessa di quella che si sarebbe raggiunta semplicemente accendendo i motori in una regione vuota, lontano da qualsiasi massa; infatti, il principio di conservazione dell'energia meccanica sembra imporre che gran parte dell'energia cinetica venga riassorbita come energia potenziale gravitazionale, una volta lontani dal Sole, cancellando il vantaggio.

 Ebbene, contrariamente a quel che suggerisce l'intuito, non è così! Il razzo, anche quando si è allontanato tantissimo dal Sole, esibisce un eccesso di velocità rispetto alla manovra effettuata "partendo da fermo": Questo apparente paradosso deriva dalla natura dell'energia cinetica, che non cresce in maniera lineare ma va col quadrato della velocità. La discrepanza è illustrata geometricamente nell'immagine di apertura e matematicamente nel paragrafo seguente.


Qualche calcolo...

 Supponiamo che l'espulsione di una certa quantità di combustibile per un certo tempo produca sul razzo una variazione di velocità Δv e calcoliamo la velocità finale vf nei soliti due sistemi di riferimento, quello solidale al sistema di riferimento del razzo inizialmente fermo e quello "esterno" che potrebbe essere il Sole e rispetto al quale il razzo ha una velocità iniziale vi: Nel primo sistema, vf = Δv, nel secondo invece vf = vi+Δv. Pertanto, nei due casi l'energia cinetica finale del razzo è data da:

K1f = ½ M Δv2  ;  K2f =  ½ M ( viΔv )2½ M vi2½ M Δv2 + vi Δv = K2iK1f vi Δv

 Guardiamo attentamente l'ultima espressione: alla energia cinetica iniziale nel secondo sistema di riferimento K2i si sono aggiunti due termini; il primo è di fatto l'incremento che osserviamo anche nell'altro sistema di riferimento, ma poi c'è un elemento aggiuntivo (evidenziato in rosso) che è proporzionale a vi ; questo termine rimane anche quando il razzo si ri-allontana dalla "buca gravitazionale" perdendo energia cinetica che torna ed essere energia potenziale gravitazionale, dal momento che quella porzione di energia corrisponde proprio al termine K2i, cioè l'energia cinetica acquistata cadendo nella buca e poi restituita. Naturalmente, in questi calcoli abbiamo supposto che la massa M subisca una variazione trascurabile ovvero che la massa del gas espulso sia molto piccola rispetto a quella del razzo; anche se nei casi "reali" non è affatto così, il termine aggiuntivo rimane comunque.

 La figura in apertura è una splendida trasposizione geometrica del procedimento appena illustrato, in cui il volume del solido (prisma ottenuto dividendo un parallelepipedo) rappresenta l'energia cinetica finale; nella figura, Vb corrisponde al nostro vi mentre v è Δv.

 Naturalmente, non abbiamo creato energia o quantità di moto dal nulla e la violazione dei principi di conservazione è solo apparente. Questo perché dobbiamo considerare anche quello che succede al gas espulso dai motori. Nel secondo sistema di riferimento, infatti, il gas viene espulso ad una velocità nettamente inferiore, pari alla differenza tra la velocità di espulsione "nel vuoto" e la velocità di traslazione del missile (principio di composizione galileiana delle velocità). Quindi il sacrificio "energetico" è svolto dai gas espulsi dal razzo, a tutto vantaggio del carico utile!

 La situazione è perfettamente spiegata dal seguente diagramma, che mostra il gas espulso (con massa Mex e velocità vex), spinto sull'orbita arancione molto meno allungata di quella seguita inizialmente dal sistema razzo+gas, in verde; ancora più chiaro al riguardo il filmato inserito a fine articolo. Al limite, se vex=v1, il gas espulso risulta fermo rispetto al Sole e precipita direttamente su di esso!

Oberth 3

Credits: R.Blanco & C.E.Mungan, "Rocket Propulsion, Classical Relativity, and the Oberth Effect" ;Phys. Teach. 57, 439 (2019) - Processing: Marco Di Lorenzo

Orbite e velocità

 Immaginiamo il nostro razzo che accende i motori per un tempo relativamente breve in prossimità del perielio. Se la velocità complessiva eccede quella di fuga, la sua traiettoria diventa iperbolica e il razzo è destinato ad allontanarsi definitivamente dal sistema solare. La sua velocità v lungo questa iperbole è legata alla distanza r dal Sole dalla relazione:

Oberth 5

dove μ = MG è il cosiddetto parametro standard gravitazionale (che per il Sole vale 1.3271244·1020 m3s-2), a è il semiasse maggiore (negativo per un'orbita iperbolica) e v è la velocità residua o in eccesso a cui si tende quando la distanza dal Sole tende appunto all'infinito. Se tale velocità è nulla, allora il corpo è in realtà su una traiettoria parabolica e infatti, in questo caso, l'ultimo termine dell'equazione fornisce proprio la "velocità di fuga" Vesc a distanza r, ovvero la velocità minima per allontanarsi indefinitamente dal Sole ritrovandosi senza alcun eccesso di velocità a distanza infinita.

 Per quanto abbiamo detto prima, la "velocità in eccesso" v∞  conterrà anche il termine di Oberth, quello evidenziato in rosso nella equazione del paragrafo precedente. Al limite, se prima del "burn" la velocità è proprio quella di fuga (cioè il primo tratto è parabolico), allora la velocità residua sarà data da: 

Oberth 6

 L'ultima equivalenza è approssimativamente vera solo se Δv << Vesc e dimostra che la spinta fornita al razzo durante la manovra di Oberth viene "amplificata" secondo un termine che cresce quanto più la velocità al perielio è grande rispetto a Δv. Da qui l'opportunità, come abbiamo detto all'inizio, di sfruttare una "buca di potenziale" profonda come quella del Sole.

 Facciamo qualche esempio:

  • Un satellite si trova su un'orbita terrestre molto allungata, con perigeo a circa 200 km di altezza e apogeo oltre 100000 km. Accendendo i motori nel punto più basso, riceve un incremento di velocità Δv=2 km/s che si aggiungono ai quasi 11 Km/s del moto orbitale; il satellite abbandonerà l'orbita e si ritroverà, lontano dalla Terra, a muoversi a quasi 7 km/s, oltre il triplo della spinta originale dei motori.
  • Una sonda che sfiora Giove, seguendo una parabola che la porta a 7000 km sopra le nubi (ovvero 1,1 raggi gioviani dal centro) sfrecciando a 57,5 km/s; se la spinta dei motori aggiunge 3 km/s, alla fine la sonda si allontanerà da Giove a quasi 19 km/s, amplificando di oltre 6 volte l'effetto dei motori; nel calcolo, non si è considerato l'effetto del "gravity assist".
  • Una ipotetica sonda che arriva su traiettoria parabolica a una distanza di 4 raggi solari dal centro del Sole (quasi 2,1 milioni di km dalla fotosfera); la velocità al perielio si avvicina ai 309 km/s ma supponiamo che, a quel punto, i motori impartiscano ulteriori 4 km/s alla sonda. Alla fine, essa si allontanerà con una velocità pari a quasi 50 km/s, moltiplicando per 12,5 volte la spinta originale dei motori!

 Naturalmente, negli ultimi due casi si dovranno prendere accorgimenti speciali per riparare la sonda dalle intense radiazioni dovute al campo magnetico gioviano e all'irraggiamento solare, rispettivamente.

 

Applicazioni

 Abbiamo già accennato al progetto "Lyra", che prevede di lanciare una sonda all'inseguimento di 'Oumuamua dopo averla fatta passare a distanza di pochi raggi solari dalla nostra stella e, contestualmente, accendere dei motori a combustibile solido per ottenere una velocità in eccesso; quest'ultima dovrebbe essere dell'ordine di 40 km/s, 10 volte superiore a quella fornita dai motori senza utilizzare la manovra di Oberth. Ne parleremo più ampiamente a breve, in un articolo dedicato.

 L'effetto Oberth viene sfruttato anche in una particolare manovra di cambiamento dell'orbita, detta "trasferimento bi-ellittico". Per effettuare un innalzamento o abbassamento di orbita, normalmente si ricorre ad una "trasferimento di Hohmann", ovvero un tratto di orbita ellittica tra le due orbite iniziale e finale, generalmente quasi circolari; questo richiede due accensioni (una all'abbandono della prima orbita, l'altra all'arrivo nella seconda) e spesso le sonde interplanetarie che devono entrare in orbita attorno ad un altro pianeta (ad esempio Marte) eseguono questa operazione. Tuttavia, in certe condizioni, risulta energeticamente più conveniente utilizzare una trasferimento più ampio che sfrutta due tratti diversi di orbita ellittica e tre diverse accensioni, di cui la più consistente è quella iniziale che si avvantaggia, appunto, della manovra di Oberth. La manovra però richiede un tempo molto più lungo rispetto a quella tradizionale ed è vantaggiosa solo se l'orbita finale è molto più ampia di quella iniziale, almeno una dozzina di volte.

Oberth 4

I due tratti del trasferimento bi-ellittico (in verde e arancione) a confronto con la traiettoria di Hohmann (in fucsia). Sono indicati anche i tre punti di accensione ("burn"). - AndrewBuck / CC BY-SA 4.0 - Modified by Marco Di Lorenzo