Nettuno è il pianeta più remoto del Sistema Solare ed è stato visitato da vicino solo una volta, grazie a Voyager-2 nel lontano 1989. In quella occasione, la sonda fece un sorvolo ravvicinato anche sul satellite più grande, Tritone, fotografandone in dettaglio soprattutto l'emisfero meridionale, sul lato rivolto al pianeta; quelle immagini rivelarono un mondo affascinante, con una superficie estremamente giovane e variegata, segni inconfondibili di una intensa attività geologica e di un'atmosfera importante.
Con un diametro di 2700 km, Tritone è l'oggetto più grande nel sistema solare tra quelli noti a non essere stato fotografato completamente ed è anche il più grosso satellite in orbita retrograda attorno ad un pianeta. Quest'ultimo fatto è un chiaro indizio della sua origine slegata da Nettuno, che lo avrebbe catturato dalla fascia di Kuiper solo successivamente alla formazione dei due corpi. In effetti Tritone, sia per dimensioni che per varietà e giovinezza della superficie, ricorda molto un altro oggetto della fascia di Kuiper, il pianeta nano Plutone.
Nel 2006 C.Agnor e D.Hamilton presentarono su Nature un modello in grado di spiegare l'orbita anomala di Tritone, il quale sarebbe stato in origine un membro di un sistema binario in orbita intorno al Sole, per poi perdere il suo compagno per effetto mareale, durante un incontro particolarmente ravvicinato con Nettuno. In effetti, negli anni successivi, sono stati scoperti numerosi sistemi binari, che ammonterebbero all'11 per cento degli oggetti nella fascia di Kuiper. Inoltre, sempre in quegli stessi anni, le simulazioni sul "problema a N-corpi" mostrarono che inizialmente Urano e Nettuno dovevano essersi formati più vicini al Sole, entro 15 UA; successivamente, a causa delle interazioni gravitazionali con Giove e Saturno, sono stati portati in regioni più esterne. Secondo questo modello, Nettuno e Tritone si sarebbero formati poco oltre l'orbita di Saturno.
Ma non basta: Voyager 2 ha immortalato fratture superficiali e possibili pennacchi d'acqua sulla superficie di Tritone, indicando la presenza di un oceano sepolto, mantenuto allo stato liquido grazie anche alla presenza di ammoniaca disciolta in esso. E poiché si ritiene che Tritone ospiti le molecole "mattoni della vita", non si esclude che essa possa essersi evoluta in qualche modo in questo mondo lontano e inospitale; queste caratteristiche, se confermate, estenderebbero il concetto di "zona abitabile" oltre le 30 Unità Astronomiche dal Sole!
Le falci di Nettuno (a sinistra) e Tritone (al centro) fotografate da Voyager-2 tre giorni dopo il massimo avvicinamento, a quasi 5 milioni di km di distanza; il Nord è in alto. L'immagine originale è pressoché monocromatica e qui i colori sono stati aggiunti artificialmente. - Credits: NASA/JPL (https://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA02215) - Processing: Marco Di Lorenzo
La stima dell'età della superficie fotografata da Voyager-2 è basata sul livello di craterizzazione e spazia da un massimo di 50 milioni di anni a un minimo di soli 6 milioni di anni, in corrispondenza del terreno "a melone" rivolto verso Nettuno. Si vedono anche fratture superficiali simili a quelle di Europa e possibili "criovulcani" che richiamano i getti osservati su Encelado; l'energia è probabilmente generata dalle interazioni mareali con Nettuno, data l'inclinazione orbitale; potrebbe esserci anche una notevole quantità di calore generata dal decadimento di elementi radioattivi e dal residuo dell'interazione gravitazionale durante la cattura iniziale. Si riscontrano poi ulteriori somiglianze con la tettonica di Ganimede, anch'esso dotato di un oceano sotterraneo.
L'atmosfera di Tritone, anche se rarefatta (con una pressione dell'ordine di 1 Pa ovvero centomila volte inferiore a quella terrestre) contiene azoto e probabilmente metano. Il primo è anche in forma ghiacciata sull'emisfero meridionale mentre poco sabbiamo sul lato settentrionale in ombra; si sospetta che lì non ci sia una calotta ghiacciata e questo genererebbe una dicotomia. Inoltre, l'atmosfera avrebbe una chimica simile a quella di Titano, anche se meno attiva, con abbondanza di molecole organiche in superficie.
Tutte queste analogie ed anche le peculiarità di Tritone fanno si che gli astronomi sognino una missione ad hoc per studiare a fondo questo corpo celeste unico. Già nel 2009, nell'ambito del progetto "New Frontiers 4", il JPL propose la missione Argo, una sonda a costo relativamente contenuto che sarebbe dovuta decollare tra il 2015 e il 1019 e, sfruttando i "gravity assist" di Giove e Saturno, avrebbe raggiunto Nettuno nel giro di 8-11 anni, proseguendo poi alla volta di un KBO da esplorare da vicino.
Quella missione non fu approvata ma adesso gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory tornano all'attacco e, nel corso della "Lunar and Planetary Science Conference" tenutasi in Texas, hanno proposto una nuova missione a basso costo su Tritone, ribattezzata TRIDENT. Il nome richiama il tridente di Nettuno ma anche il triplice obiettivo della missione:
- stabilire se Tritone ha davvero un oceano sotterraneo;
- capire perché Tritone ha la superficie più giovane di qualsiasi altro mondo ghiacciato nel sistema solare e quali processi ne sono responsabili;
- spiegare perché la ionosfera di Tritone è così insolitamente attiva.
“È giunto il momento di fare questa missione”, dichiarava quasi un anno fa la dottoressa Louise Prockter, a capo degli scienziati che hanno proposto la missione e direttrice del prestigioso Lunar and Planetary Institute di Houston. Ed in effetti, la disposizione dei pianeti esterni offre una opportunità unica e limitata nel tempo per poter effettuare questa missione con poco carburante e costi contenuti, senza contare il fatto che la stagione estiva sta per finire sull'emisfero meridionale di Tritone e questo potrebbe cambiare le carte in tavola poiché impedirebbe lo studio dei getti d'acqua intravisti da Voyager.
La tabella di marcia verso i "mondi-oceano" stabilita dalla NASA mostra che Tritone è un obiettivo strategico poichè fa anche da anello di congiunzione tra questo tipo di corpi e i KBO. - Credits: Mitchell et al, "Exploring triton with trident: a discovery-class mission", LPSC2019
L'attenzione che Trident dedicherà alla struttura interna, la geologia di superficie, i processi organici e le caratteristiche atmosferiche di Tritone si allineano strettamente con le priorità chiave stabilite nel "Planetary Decadal Survey" del 2013 e nel "white paper " della NASA del 2018 la "Roadmaps to Ocean Worlds" cui fa riferimento la figura sopra. Sono comunque previste anche ulteriori osservazioni "bonus" al di fuori di questi obiettivi prioritari, come vedremo.
Nei diagrammi riportati sotto, tratti sempre dall'articolo presentato alla cinquantesima "Lunar and Planetary Science Conference", sono mostrate la traiettoria globale e il dettaglio del fly-by con Nettuno (in basso). Dopo il lancio nell'autunno del 2026, un gravity assist con Venere e altri due con la Terra, la sonda si lancerà verso Giove e nel 2032 ne sfiorerà le nuvole, dopo avere fotografato da vicino anche il vulcanico satellite Io. Lo slancio dato dall'effetto fionda consentirà, nel giro di altri 6 anni, di raggiungere il sistema Nettuniano e le osservazioni su Tritone inizieranno già alcuni giorni prima, utilizzando una telecamera ad alta risoluzione. Questo consentirà di riprendere il satellite durante una rotazione completa, che dura quasi 6 giorni, riuscendo a mapparne tutta la superficie illuminata.
Credits: Mitchell et al, "Exploring Triton with Trident: a discovery--class mission", LPSC2019
Trident passerà entro 500 km da Tritone, all'interno della sua atmosfera, fotografandone la superficie, campionando la sua ionosfera e facendo misure di induzione magnetica ad elevata risoluzione, in grado di rilevare la presenza di un oceano sotterraneo. Uno spettrometro infrarosso consentirà di ricavare la composizione chimica della superficie e, infine, il passaggio attraverso una regione di eclissi totale renderà possibili misure di occultazioni atmosferiche. Queste osservazioni serviranno a sopperire alle carenze dell'indagine di Voyager e dovrebbero fornire un quadro soddisfacente sulla geologia, la meteorologia e la chimica tritoniane. Rispetto a una missione con inserimento in orbita, il tempo per effettuare osservazioni sarà necessariamente limitato però il recente sorvolo di Plutone da parte di New Horizons ha dimostrato che è possibile comunque ricavare una grande quantità di informazioni con la giusta strumentazione, molta memoria di bordo e una attenta pianificazione dei tempi, spendendo molto di meno rispetto a una missione orbitale prolungata, sul modello della Cassini.
A sinistra la traiettoria di Trident con le varie fasi di indagine e a destra uno schema delle posizioni relative dei corpi (non in scala), con i numeri che fanno riferimento alle fasi descritte a sinistra. - Source: Mitchell et al, "Exploring Triton with Trident: a discovery-class mission", LPSC2019 - Improvement/correction: Marco Di Lorenzo
La sonda sarà dotata di una suite completa di 6 strumenti, con una tecnologia consolidata e già utilizzati in altre missioni. Oltre ai già citati magnetometro, spettrometro infrarosso e fotocamera ad alta risoluzione, ci saranno anche un'antenna per radio-scienza durante l'occultazione atmosferica, uno spettrometro al plasma per lo studio della ionosfera e una fotocamera a bassa risoluzione per immortalare, durante l'eclisse di Sole da parte di Tritone, anche l'emisfero in ombra illuminato indirettamente da Nettuno, in cerca di differenze rispetto a quanto fotografato da Voyager. Naturalmente, verranno effettuate anche osservazioni sul pianeta e si spera di indirizzare poi la sonda verso un nuovo obiettivo nella fascia di Kuiper, data l'elevata velocità acquistata (17 km/s, confrontabile con il valore record di Voyager-1).
Adesso Trident rientra tra le quattro missioni prioritarie selezionate per il "Discovery Program"; le altre riguardano l'esplorazione di Venere (un obiettivo su cui la NASA non ritorna da ben 42 anni) e i vulcani di Io. Ciascun progetto riceverà un finanziamento di 3 milioni di dollari in 9 mesi per lo sviluppo e non è detto che alla fine si concretizzino tutte le missioni proposte. Se l'esplorazione di Tritone verrà approvata, l'unico rammarico per quelli che, come il sottoscritto, sono già avanti con l'età è il rischio di non riuscire a vederne a pieno i risultati sicuramente notevoli; però, il genere umano ne beneficerà!
Riferimenti:
https://www.nasa.gov/press-release/nasa-selects-four-possible-missions-to-study-the-secrets-of-the-solar-system
https://www.hou.usra.edu/meetings/lpsc2019/pdf/3188.pdf
http://www.hou.usra.edu/meetings/lpsc2019/pdf/3200.pdf