Sono trascorsi più di due decenni dalla scoperta dell’energia oscura, la sostanza invisibile che sta causando, tramite una grande pressione negativa, l'espansione accelerata dell'universo. Eppure si sa ancora molto poco su di essa: potrebbe non essere nemmeno una sostanza. Potrebbe essere una forza o addirittura una proprietà intrinseca dello spazio stesso.
Il modello standard della cosmologia (Lambda CDM), la nostra principale teoria sull’evoluzione cosmica, suggerisce che l’energia oscura sia costante nell’universo e anche nel tempo, tanto da essere considerata una proprietà fondamentale dello spazio. Con questi presupposti, si stima che costituisca circa il 70% della massa-energia dell'universo. Tuttavia, una recente e imponente indagine suggerisce che l'energia oscura potrebbe evolversi nel tempo anziché rimanere costante e, conseguentemente, l'espansione dell'universo potrebbe rallentare.
Anche se questi risultati preliminari sono lungi dall’essere confermati, potrebbero rendere l’energia oscura ancora più misteriosa e indicare che manca qualcosa di importante nella nostra comprensione del cosmo.
I segnali mutevoli dell'universo sono stati individuati dal Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI), situato in cima a un telescopio presso l'Osservatorio nazionale di Kitt Peak, nello stato americano dell'Arizona. Si tratta di uno strumento con 5.000 minuscoli occhi robotici che scansiona il cielo notturno individuando le posizioni di un milione di galassie ogni mese. Attraverso queste osservazioni, i cosmologi hanno potuto tracciare quella che è stata definita la mappa 3D dell'universo più grande mai realizzata e misurare il tasso di espansione dell'universo.
La mappa comprende sei milioni di galassie e quasar e si estende fino a 11 miliardi di anni nel passato cosmico.
DESI ha iniziato a lavorare nel 2021 ed è un programma quinquennale. Sono stati rilasciati i dati del primo anno e i risultati sono stati annunciati in occasione di conferenze negli Stati Uniti e in Svizzera, prima della pubblicazione di una serie di articoli scientifici sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics. Tuttavia, le prove sono provvisorie ovvero, non raggiungono la cosiddetta soglia "5-sigma", che rappresenta un valore di probabilità sul quale gli scienziati sono pronti a considerare un'intuizione, una scoperta.
"Non è un'evidenza abbastanza forte da poter dire che Lambda CDM sia sbagliato", ha detto Kyle Dawson, portavoce del progetto DESI presso l'Università dello Utah. "In realtà non abbiamo mai trovato prima deviazioni da quel modello con un significato reale". Ma se fosse vero "siamo in un territorio inesplorato", ha commentato Dillon Brout della Boston University, che misura, invece, l'accelerazione dell'universo con le supernove.
Ragnatela cosmica
Oltre alle innumerevoli galassie raggruppate insieme come fili annodati, la nuova mappa 3D di DESI mette in luce le Oscillazioni Acustiche Barioniche (BAO).
Queste onde, la cui esistenza è stata dimostrata per la prima volta nel 2005, sono una delle poche tracce ancora rilevabili lasciate dal Big Bang. Sono fluttuazioni nella densità della materia barionica visibile (materia normale) dell'universo, causate dalle onde di densità (pressione) nel plasma dell'universo primordiale.
Come quando si getta un sasso in uno stagno, si diffusero durante i primi 380.000 anni di vita del cosmo e si espansero come onde acustiche attraverso la materia così calda da comportarsi come un fluido. Dopo l'inflazione (ossia la fase di espansione accelerata), l'universo si raffreddò e le BAO si "congelarono" nel tempo., imprimendo un'impronta caratteristica nella materia, analoga a quella della CMB (Cosmic Microwave Background Radiation, radiazione cosmica di fondo), visibile nella distribuzione spaziale delle galassie.
Mappando le dimensioni delle BAO congelatie, i ricercatori sono riusciti a stimare le distanze delle galassie e a dedurre la velocità con cui l’universo si stava espandendo nel tempo. Inoltre, studiando la luce proveniente da oltre 400.000 quasar e come viene assorbita da nubi di gas e polvere mentre attraversa lo spazio, i cosmologi hanno potuto mappare le sacche di materia densa.
Queste misurazioni "ci hanno permesso di guardare oltre, quando l'universo era molto giovane", ha detto in un comunicato Andreu Font-Ribera, scienziato dell'Istituto di fisica delle Alte Energie in Spagna e membro della collaborazione DESI. "È una misurazione davvero difficile da eseguire ed è molto bello vedere che ha avuto successo".