La galassia, denominata GN-z11, è stata scoperta dal telescopio spaziale Hubble nel 2015 e, prima del lancio del telescopio spaziale James Webb, era considerata la galassia più lontana conosciuta.
Con un redshift di 10,6, questa galassia risale a 430 milioni di anni dopo il Big Bang, mentre l’universo oggi ha 13,8 miliardi di anni.
Ora, due nuovi articoli rivelano altri dettagli sull'aspetto e la crescita delle galassie nell'universo primordiale.
Anche se il telescopio spaziale James Webb (JWST) sta scoprendo regolarmente antiche galassie, GN-z11 è particolare perché è molto più luminosa di altre galassie con uno spostamento verso il rosso simile e molto più luminosa di quanto previsto dai modelli basati sulla cosmologia standard.
Più rossa del previsto
Le nuove osservazioni di Webb hanno fatto luce su questa peculiarità.
Un team di astronomi, guidato da Roberto Maiolino dell'Università di Cambridge, ha sondato GN-z11 con i due strumenti del vicino infrarosso del JWST, la Near-Infrared Camera (NIRCam) e il Near-Infrared Spectrometer (NIRSpec). I ricercatori hanno scoperto prove dell’esistenza delle stelle Popolazione III, ossia la prima generazione di stelle nell'universo, nonché di un buco nero supermassiccio che divora enormi quantità di materia e cresce a un ritmo notevolmente accelerato.
Precedentemente, un altro team aveva trovato indizi di un'alta densità di azoto che, secondo i ricercatori, potrebbe essere stato prodotto solo da stelle supermassiccie, come quelle di Popolazione III.
Anche il team di Maiolino non ha visto direttamente una stella della prima generazione ma ha scoperto altre prove indirette. La NIRSpec ha osservato un grumo di elio ionizzato vicino al bordo della galassia. Questo gas viene ionizzato da qualcosa che produce enormi quantità di luce ultravioletta, come potrebbero essere le stelle di Popolazione III.
Popolazione III
Gli scienziati possono calcolare l'età di una stella in base alla sua abbondanza di elementi pesanti, che si formano dalla morte delle precedenti generazioni e vengono riciclati nelle regioni di formazione stellare.
Le stelle più giovani che si sono formate negli ultimi cinque o sei miliardi di anni sono chiamate stelle di Popolazione I e hanno la più alta abbondanza di elementi pesanti. Il nostro Sole è una stella della Popolazione I. Le stelle più vecchie contengono meno elementi pesanti perché questi erano meno abbondanti via via che si va indietro nel tempo. Le stelle di Popolazione II vivono nelle regioni più antiche della nostra galassia, la Via Lattea. Ma, finora, non abbiamo mai trovato traccia delle cosiddette stelle di Popolazione III, ossia le prime stelle dell'universo, risalenti dai 13,7 ai 13,5 miliardi di anni fa. Queste non avevano elementi pesanti ma erano costituite solo dall'idrogeno e dall'elio incontaminati forgiati durante il Big Bang. Fu solo dopo la nascita delle prime stelle e galassie, la cui radiazione ultravioletta reionizzava l'idrogeno neutro, che la luce riuscì a fluire liberamente attraverso l'intero spettro elettromagnetico.
Si pensa anche che queste prime stelle fossero estremamente luminose, con masse pari ad almeno diverse centinaia di Soli. Ma essendo molto grandi, si esaurirono rapidamente finendo in esplosioni di supernova che rilasciarono nello spazio il materiale da cui si formò la successiva generazione stellare.
Riferendosi a GN-z11, Maiolino ha detto nel comunicato: "Il fatto che non vediamo nient'altro oltre all'elio suggerisce che questo ammasso deve essere abbastanza incontaminato. Questo è qualcosa che ci si aspettava dalla teoria e dalle simulazioni in prossimità di galassie particolarmente massicce di queste epoche: dovrebbero esserci sacche di gas incontaminato sopravvissute nell'alone e queste potrebbero collassare e formare stelle di popolazione III".
Potenzialmente, l’elio osservato è materiale residuo della formazione di quelle stelle. La quantità di luce ultravioletta necessaria per ionizzare tutto quel gas richiede circa 600.000 masse solari di stelle, che brillano con una luminosità combinata 20 trilioni di volte maggiore del nostro Sole. Queste cifre suggeriscono che le galassie distanti come GN-z11 sarebbero state più abili nel formare stelle massicce rispetto alle galassie dell’universo moderno.
Il buco nero
Il team di Maiolino ha anche trovato prove dell’esistenza di un buco nero di due milioni di masse solari nel cuore di GN-z11.
"Abbiamo trovato gas estremamente denso che è comune nelle vicinanze dei buchi neri supermassicci che accumulano gas", ha detto Maiolino. "Queste sono state le prime indicazioni chiare che GN-z11 ospita un buco nero che sta divorando materia".
Il team ha anche rilevato un potente nevischio di radiazione che fluisce dal disco di accrescimento della materia che vortica attorno al buco nero, nonché elementi chimici ionizzati tipicamente presenti vicino ai buchi neri in accrescimento. È il buco nero supermassiccio più distante scoperto finora, dice il team, e il suo appetito ingordo fa sì che il suo disco di accrescimento diventi denso, caldo e brillante. Questo, combinato con le stelle di Popolazione III, è ciò che fa brillare GN-z11 così intensamente, secondo i ricercatori, senza infrangere gli standard cosmologici come alcuni hanno prematuramente affermato.
Lo studio sull'ammasso di elio ionizzato e sulle stelle di Popolazione III è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics e una prestampa può essere trovata qui. Intanto lo studio sulle osservazioni NIRCam del buco nero è stato pubblicato sulla rivista Nature.