Le nuvole di Venere sono composte principalmente da goccioline di acido solforico, con un po’ di acqua, cloro e ferro, con un mix variabile in base all'altezza nella densa e ostile atmosfera del pianeta. Ma c'è anche uno strano componente che assorbe i raggi UV creando macchie e strisce nelle osservazioni in ultravioletto. Questo elemento o questi elementi misteriosi sono stati chiamati “unknown absorbers” ossia, “assorbitori sconosciuti” e sono responsabili di un notevole riscaldamento solare nello strato superiore delle nuvole, dal quale scaturiscono delle maree termiche. Queste, a loro volta, svolgono un ruolo importante nel trasporto della quantità di moto e potrebbero contribuire a mantenere forti venti zonali. In sostanza, le curiose macchie sono composte da minuscole particelle che assorbono la maggior parte dell’ultravioletto e parte dello spettro visibile della luce solare, influenzando le proprietà riflettenti (albedo) e il bilancio energetico del pianeta. Gli effetti sono stati registrati nelle immagini e nei dati spettrali da Venus Express dell’ESA, Akatsuki della JAXA, dal telescopio spaziale Hubble NASA / ESA e dalla sonda MESSENGER della NASA.
Ora, in un nuovo studio pubblicato su Science Advances, i ricercatori dell’Università di Cambridge hanno sintetizzato alcuni minerali solfati contenenti ferro, stabili nelle dure condizioni chimiche delle nubi venusiane. L’analisi spettroscopica ha rivelato che una combinazione di due essi, romboclasio [(H5O2)Fe(SO4)2·3H2O] e solfato ferrico acido [(H3O)Fe(SO4)2], può spiegare la misteriosa caratteristica di assorbimento dei raggi UV sul pianeta.
"Gli unici dati disponibili sulla composizione delle nubi sono stati raccolti da sonde e hanno rivelato strane proprietà delle nubi che finora non siamo stati in grado di spiegare completamente", ha affermato Paul Rimmer del Cavendish Laboratory e coautore dello studio. “In particolare, se esaminate alla luce UV, le nubi venusiane presentavano uno specifico modello di assorbimento UV. Quali elementi, composti o minerali sono responsabili di tale osservazione?".
Questo rinnovato interesse per Venere è stato innescato dall’inaspettata scoperta del gas fosfina nelle nubi del pianeta, che ha stuzzicato la curiosità di scienziati e appassionati di spazio aprendo un dibattito sulla possibilità che la vita microbica possa prosperare nella densa atmosfera venusiana. La fosfina, sulla Terra, è un gas associato in modo univoco all’attività antropica o alla presenza microbica e, quindi, potrebbe rappresentare una potenziale biofirma anche altrove.
L'esperimento
Sulla base della chimica atmosferica venusiana, il team ha sintetizzato diversi minerali solfati contenenti ferro in un laboratorio del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Cambridge. Quindi, lasciando in sospensione i materiali sintetizzati in diverse concentrazioni di acido solforico e monitorando i cambiamenti chimici e mineralogici, gli scienziati hanno ristretto i minerali candidati a romboclasio e solfato ferrico acido, le cui caratteristiche spettroscopiche sono state esaminate sotto sorgenti luminose appositamente progettate per imitare lo spettro di brillamenti solari.
"I modelli e il livello di assorbimento mostrati dalla combinazione di queste due fasi minerali sono coerenti con le macchie UV scure osservate nelle nubi venusiane", ha affermato il coautore Clancy Zhijian Jiang, del Dipartimento di Scienze della Terra di Cambridge. “Questi esperimenti mirati hanno rivelato l’intricata rete chimica all’interno dell’atmosfera e hanno fatto luce sul ciclo degli elementi sulla superficie venusiana”.
"Venere è il nostro vicino più prossimo ma rimane un mistero", ha detto Rimmer. “Avremo la possibilità di imparare molto di più su questo pianeta nei prossimi anni con le future missioni della NASA e dell’ESA destinate a esplorarne l’atmosfera, le nuvole e la superficie. Questo studio prepara il terreno per queste future esplorazioni”.