Una coppia di fisici teorici ha recentemente pubblicato un nuovo articolo sul The Astronomical Journal, in base al quale le stesse osservazioni che guidano la caccia al Pianeta Nove potrebbero, invece, essere la prova della teoria nota come Dinamica Newtoniana Modificata (MOND, MOdified Newtonian Dynamics).
La MOND, presentata dal fisico israeliano Mordehai Milgrom nel 1983, propone che la famosa legge di gravità di Isaac Newton è valida fino a un certo punto. Cioè, quando l’accelerazione gravitazionale prevista dalla legge di Newton diventa sufficientemente piccola, la MOND consente che subentri un comportamento gravitazionale diverso.
La teoria nasce per risolvere il problema delle curve di rotazione delle galassie a spirale.
Gli astronomi, infatti, attraverso tecniche spettroscopiche (soprattutto nelle frequenze radio), sono in grado di misurare la velocità delle stelle e del gas che orbitano attorno a una galassia spirale, fino a distanze molto grandi dal centro galattico. La previsione teorica, basata sulle leggi di Keplero, fornisce un andamento della velocità decrescente con la distanza dal centro, nelle zone più periferiche dove la materia visibile scarseggia. I dati osservativi, invece, mostrano un andamento diverso: la velocità tende a essere costante a grande distanza dal centro galattico. La dinamica newtoniana, esistente da centinaia di anni, si basa su solidissime prove sperimentali ma molti parametri dei sistemi galattici, come masse, momenti angolari, distanze e accelerazioni, possono assumere valori di vari ordini di grandezza diversi rispetto a quelli dei test in laboratorio o nel Sistema Solare. Per questo motivo, alcuni scienziati considerano perfino la MOND un'alternativa alla materia oscura, ossia quell'ipotetica componente della materia che non emetterebbe radiazione elettromagnetica ma sarebbe rilevabile in modo indiretto attraverso i suoi effetti gravitazionali.
Kate Brown, professoressa associata di fisica all'Hamilton College, e Harsh Mathur, professore di fisica alla Case Western Reserve University, che in precedenza avevano studiato l’effetto della MOND sulle dinamiche galattiche, hanno sviluppato un rinnovato interesse quando gli astronomi annunciarono nel 2016 che una manciata di oggetti nel Sistema Solare esterno mostrava anomalie orbitali che potevano essere spiegate dalla presenza di un nono pianeta. Le peculiarità orbitali, sono piuttosto interessanti perché hanno già portato a scoperte storiche: per esempio, Nettuno fu scoperto grazie alla sua attrazione gravitazionale sulle orbite di oggetti vicini.
I due fisici hanno pertanto approfondito gli effetti che la Via Lattea avrebbe sugli oggetti del Sistema Solare esterno se le leggi della gravità fossero governate dalla teoria MOND.
Un allineamento “impressionante”
"Volevamo vedere se i dati che supportano l'ipotesi del Pianeta Nove escludessero effettivamente la MOND", ha detto Brown. Invece, il team ha scoperto che MOND prevede precisamente il clustering di oggetti osservato dagli astronomi. Nel corso di milioni di anni, sostengono, le orbite di alcuni oggetti nel Sistema Solare esterno verrebbero trascinate in allineamento con il campo gravitazionale della galassia.
Quando il team ha tracciato le orbite dei corpi nel set di dati del Pianeta Nove rispetto al campo gravitazionale della galassia, “l’allineamento era sorprendente”, ha detto Mathur. Tuttavia, l’attuale campione di oggetti è troppo piccolo per trarre conclusioni affidabili e qualsiasi numero di possibilità potrebbe rivelarsi corretto.
Brown ha aggiunto che “indipendentemente dal risultato, questo lavoro evidenzia il potenziale del Sistema Solare esterno di fungere da laboratorio per testare la gravità e studiare problemi fondamentali della fisica”.