I dati fondamentali per questa scoperta risalgono al 2021, quando la sonda ha effettuato un fly-by di routine sul pianeta per modificare la sua orbita attorno al Sole.
"Parker Solar Probe è un veicolo spaziale molto capace. Ovunque vada, trova qualcosa di nuovo", ha detto in un comunicato Harriet George, autrice principale del nuovo studio e ricercatrice post-dottorato presso il Laboratorio di Fisica Atmosferica e Spaziale dell'Università del Colorado Boulder.

Nel 1978, quando la sonda Pioneer Venus della NASA entrò in orbita attorno a Venere, rilevò una sorta di "onda sibilante". Sulla Terra queste increspature elettromagnetiche vengono tipicamente create dai fulmini, portando i ricercatori a supporre che anche i sibili venusiani fossero segni di attività elettrica.

Ora, però, sono stati analizzati i segnali provenienti dal pianeta, catturati dalla sonda Parker durante il gravity assist ed è emerso che i lampi di luce su Venere, finora associati ai fulmini, potrebbero essere collegati a disturbi nei campi magnetici che circondano il pianeta.
I risultati concordano con uno studio del 2021, che non è riuscito a rilevare le onde radio generate dai fulmini provenienti da Venere.

La ricerca è stata condotta da un team dell’Università del Colorado Boulder, della West Virginia University, dell’Università della California, Los Angeles e dell’Università della California, Berkeley.

"Sono circa 40 anni che si discute dei fulmini su Venere", ha detto George. "Speriamo che, con i nostri nuovi dati disponibili, possiamo aiutare a riconciliare questo dibattito".

La pubblicazione del documento sul Geophysical Research Letters arriva solo qualche giorno dopo il rilascio di un altro studio che ritiene, invece, che i fenomeni finora classificati come fulmini, sono meteore.  E questo ci fa capire che, nonostante gli sforzi, la discussione è tutt'altro che risolta.


Ascoltando le onde sibilanti

Nel febbraio 2021, la navicella spaziale Parker Solar ha sfiorato Venere a una distanza di circa 2.400 chilometri e, nel frattempo, i suoi strumenti hanno rilevato dozzine di onde sibilanti.

Le onde sibilanti, o onde whistler, sono impulsi fugaci di energia costituiti da onde elettromagnetiche di frequenza molto bassa (ossia onde radio nella banda VLF) che possono propagarsi attraverso vari mezzi. Sulla Terra, ad esempio, si muovono nella ionosfera, uno strato dell’atmosfera terrestre circa 80-1000 chilometri sopra la superficie del pianeta. Queste onde si formano quando i fulmini generano impulsi di onde elettromagnetiche che viaggiano tra l’emisfero settentrionale e quello meridionale. Durano generalmente circa mezzo secondo e cambiano di frequenza mentre attraversano il globo. Quando questi segnali luminosi vengono convertiti in segnali audio, emettono un suono simile ad un fischio (whistle, da cui il nome whistler).

"Alcuni scienziati hanno visto quelle firme e hanno detto: 'Potrebbe essere un fulmine'", ha detto George. "Altri hanno detto: 'In realtà, potrebbe essere qualcos'altro.' Da allora si è parlato avanti e indietro per decenni".

Dopo le scoperte della sonda Pioneer Venus, la navicella spaziale Galileo trovò ulteriori prove di fulmini nel 1990 ma i sorvoli di Cassini nel 1998 e 1999 non captarono alcuna radioelettricità statica sul pianeta, che dovrebbe accompagnare i fulmini. Quindi, Venus Express, il primo orbiter europeo su Venere, ha identificato alcune prove promettenti tra il 2006 e il 2014. Ma i dati di Parker dovrebbero essere ancora più accurati. Qui i ricercatori hanno visto le onde sibilanti dirigersi in basso, verso il pianeta e non verso l'esterno come fanno quelle terrestri quando si propagano nell'atmosfera.

Quindi, il team ha teorizzato che le onde possano derivare da disturbi nei campi magnetici del pianeta. O, più specificamente, l’idea è che le linee del campo magnetico che circondano Venere possano rompersi e poi ricomporsi insieme, producendo a loro volta esplosioni di energia con "fischi" associati.

Nel 2024, Parker effettuerà il suo settimo e ultimo passaggio ravvicinato su Venere per avvicinarsi sempre di più al Sole. Quel sorvolo porterà la sonda a meno di 400 chilometri sopra la superficie venusiana e, si spera, che questa l'occasione per risolvere il dibattito sui fulmini una volta per tutte.