Si tratta a tutti gli effetti di photobomber spaziali che rubano la scena agli altri, proprio come nel "photobombing" sulla Terra tra gli esseri umani quando alcuni personaggi si piazzano sullo sfondo di una foto o di un video, salutano la fotocamera e si fanno notare disturbando la ripresa. La ricerca, pubblicata sull'Astrophysical Journal Letters l'11 agosto, ha modellato l'impatto di questo effetto su un telescopio spaziale avanzato progettato per osservare esopianeti potenzialmente abitabili e ha suggerito potenziali modi per superare la sfida.
"Se guardi da lontano la Terra accanto a Marte o a Venere, a seconda di quando li osservi, potresti pensare che sono entrambi lo stesso oggetto", spiega il dottor Prabal Saxena, lo scienziato del Goddard Space della NASA Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, che ha guidato la ricerca. "Ad esempio, a seconda dell'osservazione, un'eso-Terra potrebbe nascondersi nella [luce di] ciò che erroneamente crediamo sia una grande eso-Venere", ha detto il dottor Saxena. Ma se guardiamo al nostro Sistema Solare, Venere è un mondo ostile con temperature superficiali abbastanza calde da fondere il piombo, quindi questa situazione potrebbe portare gli scienziati a perdere un pianeta potenzialmente abitabile.
Gli astronomi usano i telescopi per analizzare la luce da mondi lontani per raccogliere informazioni e scoprire se potrebbero ospitare la vita. Un anno luce, la distanza percorsa dalla luce in un anno, è di oltre nove trilioni di chilometri e ci sono circa 30 stelle simili al nostro Sole entro circa 30 anni luce dal nostro Sistema Solare: forse è il caso di guardare più attentamente.
Questa tavola mostra quali pianeti cadrebbero nella PSF terrestre dal 2020 al 2030 se osservati da un telescopio di 6 e 12 m nelle bande di ossigeno/acqua di 0,76 μm/0,94 μm da diverse distanze.
Stiamo perdendo esopianeti
Il fenomeno di photobombing, in cui le osservazioni di un pianeta sono contaminate dalla luce di altri pianeti in un dato sistema, deriva dalla funzione di diffusione del punto (point-spread function" o PSF) del pianeta bersaglio. La PSF è un'immagine creata a causa della diffrazione della luce (il piegamento o la diffusione delle onde luminose attorno a un'apertura) proveniente da una sorgente ed è più grande della sorgente per qualcosa di molto lontano (come un esopianeta). La dimensione della PSF di un oggetto dipende dalla dimensione dell'apertura del telescopio (l'area di raccolta della luce) e dalla lunghezza d'onda alla quale viene eseguita l'osservazione. Per i mondi attorno a una stella lontana, una PSF può risolversi in modo tale che due pianeti vicini o un pianeta e una luna possano sembrare trasformarsi in uno solo. Più in generale, qualsiasi sistema ottico è limitato nella sua risoluzione dal cosiddetto limite di diffrazione superato il quale due soggetti non si distinguono più e diventano piuttosto un "blob" unico. In tal caso, i dati che gli scienziati potrebbero raccogliere per un pianeta simile alla Terra sarebbero distorti o influenzati da qualsiasi mondo o mondi nelle vicinanze che fanno da photobomber.
Saxena ha esaminato uno scenario analogo in cui astronomi alieni potrebbero guardare la Terra da più di 30 anni luce di distanza, utilizzando un telescopio simile a quello raccomandato nell'Astrophysics Decadal Survey del 2020. "Abbiamo scoperto che un tale telescopio a volte vedrebbe potenziali eso-Terre oltre 30 anni luce di distanza mescolate con altri pianeti nei loro sistemi, compresi quelli che si trovano al di fuori della zona abitabile, per una gamma di diverse lunghezze d'onda di interesse", ha detto Saxena. La zona abitabile è quella regione di spazio attorno a una stella in cui la quantità di radiazione stellare consentirebbe all'acqua liquida di esistere sulla superficie di un pianeta e dove potrebbe esistere la vita come la conosciamo.
Esistono diverse strategie per affrontare il problema del photobombing come ad esempio, nuovi metodi di elaborazione dei dati raccolti dai telescopio studiare i sistemi stellari nel tempo per evitare la possibilità che pianeti con orbite ravvicinate appaiano nelle rispettive PSF. Lo studio di Saxena discute anche di come l'utilizzo di osservazioni da più telescopi o l'aumento delle dimensioni del telescopio potrebbe ridurre l'effetto del phototobombing a distanze simili.