Oggi, nel corso di diverse conferenze stampa simultanee in tutto il mondo, tra cui quella al quartier generale dell'ESO (European Southern Observatory) vicino Monaco, gli astronomi hanno svelato la prima immagine del buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Questo risultato, oltre a fornire una prova schiacciante che l'oggetto sia veramente un buco nero, fornisce solide conferme alla teoria della Relatività Generale e preziosi indizi sul funzionamento di questi giganti, che si pensa risiedano al centro della maggior parte delle galassie. L'immagine è stata prodotta da un gruppo di ricerca globale chiamato Collaborazione EHT (o Event Horizon Telescope Collaboration), utilizzando le osservazioni di una rete mondiale di radiotelescopi.

 In precedenza, gli scienziati avevano già tracciato il movimento delle stelle in orbita attorno ad un punto invisibile, deducendo che la sua massa dovesse essere dell'ordine di 4,1 milioni di volte quella del Sole, concentrata in uno spazio piccolissimo ed impossibile da osservare con strumenti tradizionali. La radiosorgente compatta Sgr A* coincideva con la posizione di tale oggetto ma si è dovuto fa ricorso ad alcuni dei radiotelescopi più sensibili al mondo, operanti nel campo delle micro-onde, per realizzare un unico interferometro, una sorta di antenna virtuale grande quasi quanto la Terra, per poter intravedere qualche dettaglio.

SgrA1

Crediti: EHT Collaboration - Processing: Marco Di Lorenzo

 Anche se non possiamo vedere il buco nero propriamente detto, poiché è completamente oscuro, il gas incandescente che lo circonda mostra una firma rivelatrice: una regione centrale scura (possiamo dire un'ombra) circondata da una struttura brillante ad anello. La nuova veduta cattura la luce piegata dalla potente gravità del buco nero, quattro milioni di volte più massiccio del nostro Sole.

 "Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell'anello concordino con le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein", ha affermato il responsabile scientifico del progetto EHT Geoffrey Bower dell'Istituto di Astronomia e Astrofisica, Academia Sinica, Taipei. "Queste osservazioni senza precedenti hanno notevolmente migliorato la nostro comprensione di ciò che accade al centro della nostra galassia e offrono nuove informazioni su come questi giganteschi buchi neri interagiscono con l'ambiente circostante." I risultati del gruppo di lavoro EHT sono stati pubblicati oggi in un numero speciale di The Astrophysical Journal Letters.

 Poiché il buco nero si trova a circa 27.000 anni luce dalla Terra, la sua dimensione in cielo ci appare all'incirca come quella di una ciambella sulla Luna. Per poterne catturare un'immagine, l'equipe ha creato il potente EHT, che collega tra loro otto osservatori radio in tutto il pianeta per formare un unico telescopio virtuale delle dimensioni della Terra [1]. L'EHT ha osservato Sgr A* in più notti nel 2017, raccogliendo dati per molte ore di seguito, proprio come con un lungo tempo di esposizione su una macchina fotografica.

 Oltre ad altre strutture, la rete EHT di osservatori radio comprende ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) e APEX (Atacama Pathfinder EXperiment) nel deserto di Atacama in Cile, in comproprietà e co-operati dall'ESO per conto di suoi Stati membri in Europa. L'Europa contribuisce alle osservazioni EHT anche con altri radio osservatori - il telescopio IRAM da 30 metri in Spagna e, dal 2018, il NOEMA (NOrthern Extended Millimeter Array) in Francia - oltre a un supercomputer per combinare i dati EHT ospitato dal Max Planck Istituto di Radioastronomia in Germania. Inoltre, l'Europa ha contribuito con finanziamenti al progetto del consorzio EHT attraverso sovvenzioni del Consiglio europeo della ricerca e della Max Planck Society in Germania.

 "È esaltante per l'ESO aver svolto un ruolo così importante nello svelare i misteri dei buchi neri, e di Sgr A* in particolare, per così tanti anni", ha commentato il Direttore Generale dell'ESO Xavier Barcons. "L'ESO non solo ha contribuito alle osservazioni EHT con le strutture ALMA e APEX, ma ha anche consentito, con i suoi altri osservatori in Cile, alcune delle precedenti osservazioni rivoluzionarie del centro galattico". [2]

 Il risultato di EHT segue il rilascio nel 2019, sempre da parte della collaborazione, della prima immagine di un buco nero, chiamato M87*, al centro della galassia Messier 87, ben più lontana da noi.

size and categorie

Crediti: EHT Collaboration - Processing: Marco Di Lorenzo

 Nella figura qui sopra, l'immagine principale (in alto a sinistra) è stata prodotta calcolando la media di migliaia di versioni, create utilizzando diversi metodi di calcolo, ciascuna della quale è in perfetto accordo con i dati EHT. La sintesi così ottenuta mantiene le strutture che si vedono più comunemente nelle varie immagini e riduce quelle che che appaiono di rado.

 Le singole immagini possono essere classificate in quattro gruppi in base a caratteristiche simili. Ne vediamo versioni rappresentative in basso a sinistra. Tre dei gruppi mostrano una struttura ad anello, ma con una luminosità distribuita in modo differente attorno all'anello. Il quarto gruppo è quello meno numeroso (qualche centinaio di casi) e non mostrava strutture ad anello. L'immagine finale è una sorta di "media pesata" delle quattro categorie.

 Di seguito, un confronto tra le dimensioni dei due buchi neri finora osservati, quello al centro di M87 (con una massa di circa 1 miliardo di masse solari) e SgrA*, 250 volte più piccolo ed ingrandito sulla destra.

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Crediti: EHT collaboration (acknowledgment: Lia Medeiros, xkcd) - Processing: Marco Di Lorenzo

 I due buchi neri appaiono notevolmente simili, anche se il buco nero della nostra galassia è più di mille volte più piccolo e meno massiccio di M87* [3]. "Abbiamo qui due tipi completamente diversi di galassia e due masse di buchi neri molto diverse, ma vicino al bordo questi buchi neri sembrano sorprendentemente simili", afferma Sera Markoff, co-presidente del Consiglio Scientifico dell'EHT e professoressa di astrofisica teorica all'Università di Amsterdam, nei Paesi Bassi. "Questo ci dice che la Relatività Generale governa questi oggetti da vicino, e qualsiasi differenza che vediamo più lontano deve essere dovuta a differenze nel materiale che circonda i buchi neri".

 Oltre ad essere molto più piccolo, il buco nero nella nostra galassia è decisamente meno luminoso perchè sta ingoiando meno materia, un tasso stimato che è 1 milione di volte più piccolo rispetto a M87. Inoltre, la rapida variabilità temporale del disco di accrescimento, unita alla grande quantità di materia interposta lungo la linea di vista, ha reso molto più difficoltosa la ricostruzione dell'immagine e questo spiega anche il notevole ritardo nella pubblicazione dei risultati (5 anni contro i 2 anni di M87).

 Questo traguardo è stato decisamente più difficile che per M87*, anche se Sgr A* è molto più vicino a noi. Lo scienziato dell'EHT Chi-kwan ('CK') Chan, dell'Osservatorio Steward e del Dipartimento di Astronomia e del Data Science Institute dell'Università dell'Arizona, USA, spiega: “Il gas in prossimità dei buchi neri si muove alla stessa velocità — veloce quasi come la luce  sia intorno a Sgr A* che a M87*. Ma mentre il gas impiega giorni o settimane per orbitare attorno a M87*, più grande, in Sgr A*, molto più piccolo, completa un'orbita in pochi minuti. Ciò significa che la luminosità e la configurazione del gas intorno a Sgr A* cambiavano rapidamente mentre la collaborazione EHT lo osservava, un po' come cercare di scattare una foto nitida di un cucciolo mentre insegue la propria coda".

 Lo sforzo è stato possibile grazie all'ingegno di oltre 300 ricercatori provenienti da 80 istituti di tutto il mondo,  che costituiscono la Collaborazione EHT. Oltre a sviluppare strumenti complessi per superare le sfide insite nel ritrarre Sgr A*, l'equipe ha lavorato rigorosamente per cinque anni, utilizzando supercomputer per combinare e analizzare i propri dati, compilando nel frattempo una libreria senza precedenti di buchi neri simulati da confrontare con le osservazioni.

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Il team ESO/EHT che ha contribuito al risultato. - Credits: EHT collaboration

 Gli scienziati sono particolarmente entusiasti di avere finalmente le immagini di due buchi neri di dimensioni molto diverse, cosa che offre l'opportunità di capire come si confrontano e in quanto differiscono. Hanno anche iniziato a utilizzare i nuovi dati per verificare teorie e modelli di come il gas si comporta intorno ai buchi neri supermassicci. Questo processo non è ancora del tutto compreso, ma si ritiene che svolga un ruolo chiave nel plasmare la formazione e l'evoluzione delle galassie.

 "Ora possiamo studiare le differenze tra questi due buchi neri supermassicci per ottenere nuovi preziosi indizi su questo importante processo", ha affermato lo scienziato dell'EHT Keiichi Asada dell'Istituto di Astronomia e Astrofisica, Academia Sinica, Taipei. "Abbiamo immagini per due buchi neri - alle due estremità della distribuzione di massa dei buchi neri supermassicci nell'Universo - quindi possiamo progredire molto più di prima nella verifica del comportamento della gravità in questi ambienti estremi".

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Gli strumenti utilizzati nelle campagne di osservazione del 2017 e 2018, che hanno portato al risultato odierno. - Credits: EHT collaboration

 I progressi sull'EHT continuano e a marzo è stata condotta una importante campagna di osservazione, con un numero ancora maggiore di telescopi. La continua espansione della rete EHT e i significativi aggiornamenti tecnologici consentiranno agli scienziati nel prossimo futuro di mostrare immagini ancora più impressionanti e anche filmati di buchi neri.

.Per ora, sappiamo che, visto dalla Terra, il buco nero appare quasi esattamente "edge on", con uno dei poli (e dei presunti getti di materia) diretti verso di noi. Si tratta di una configurazione diversa da quella di M87, che invece è visto quasi dal piano equatoriale. In futuro verranno fornite informazioni dettagliate sul campo magnetico e sulla rotazione del buco nero. In un prossimo articolo, ci riserviamo di riportare molti più dettagli tecnici dopo avere letto e "digerito" i paper scientifici appena pubblicati.