Attraverso un lavoro meticoloso, gli astronomi guidati da Khyati Malhan del Max Planck Institute for Astronomy in Germania, hanno mappato sei antiche fusioni galattiche, cinque delle quali erano già note.
I risultati porteranno a una comprensione più completa della storia, della crescita e dell'evoluzione della nostra Galassia e delle origini delle sue stelle.
"L'atlante dinamico delle fusioni della Via Lattea che presentiamo qui fornisce una visione globale della formazione della Galassia in azione", scrivono i ricercatori nel loro articolo." Il nostro studio si concentra sui passaggi iniziali per svelare l'intero accumulo gerarchico della nostra Galassia e anche per comprendere l'origine degli ammassi globulari e dei flussi stellari dell'alone della Via Lattea".
Creiti: S. Payne-Wardenaar/K. Malhan, MPIA
Un studio difficile
La Via Lattea non è costituita solo da un disco piatto di stelle in orbita attorno a un buco nero supermassiccio. La sua portata gravitazionale è sferica, una sorta di globo che non solo si estende sopra e sotto il piano galattico ma circonda il disco e i suoi dintorni. Questa struttura è chiamata alone galattico e si è formata prevalentemente da fusioni con altre galassie. Tuttavia, scoprire come sono andate esattamente le cose nel corso nella storia non è semplice.
Il primo ostacolo è stimare correttamente le distanze, a meno che non si sappia esattamente quanto un oggetto sia intrinsecamente luminoso. In più, quando due galassie interagiscono tra loro, le forze di marea (gravitazionali) in gioco allungano la galassia più debole creando quello che chiamiamo un flusso stellare: un fiume di stelle che attraversa il cielo, le viscere di una galassia sventrata. Inoltre, si ritiene che anche densi ammassi di stelle chiamati ammassi globulari e galassie satellite possano essere i resti di fusioni galattiche, in agguato nell'alone.
Negli ultimi anni gli astronomi hanno identificato diversi flussi nell'alone galattico grazie alla sonda dell'ESA Gaia.
Il team ha lavorato sulla prima revisione dei dati Gaia EDR3, uscita a dicembre 2020. Malhan e colleghi hanno utilizzato una procedura statistica che ha permesso di identificare se i gruppi di stelle fossero collegati o meno a una fusione galattica. In totale, il team ha incluso 170 ammassi globulari, 41 flussi stellari e 46 galassie satelliti e ha collegato 62 di questi oggetti a sei eventi di fusione con galassie più piccole.
Cinque di questi erano noti. Uno è Gaia-Encelado, di cui abbiamo già parlato, gli altri sono: la fusione Cetus; la fusione LMS-1/Wukong, scoperta nel 2020; la galassia della Sequoia, che si è fusa con la Via Lattea circa 9 miliardi di anni fa e la galassia nana del Sagittario, che ha ripetutamente perforato la Via Lattea per miliardi di anni. A queste, si è aggiunta una fusione finora sconosciuta che i ricercatori hanno chiamato Ponto.
Su Ponto ancora non ne sappiamo molto ma le stelle ad esso associate si muovono molto lentamente, contro la rotazione principale della Via Lattea. Questo, secondo gli autori, potrebbe indicare che la fusione è avvenuta molto presto nella storia della nostra Galassia, forse da 8 a 10 miliardi di anni fa.
Ma secondo gli scienziati non è finita qui e tra i dati di Gaia si nascondono altre fusioni, grandi e piccole. Il passo successivo sarà ricostruire la cronologia di questi eventi.
La ricerca è stata pubblicata su The Astrophysical Journal.