Le orbite eccentriche a forma di uovo si formano quando due buchi neri si avvicinano a spirale e si scontrano sotto la forte influenza gravitazionale esercitata a vicenda. Quindi, orbite altamente eccentriche suggeriscono che buchi neri spuntino ripetutamente da altri buchi neri in aree densamente popolate, come il centro di una galassia, con una sorta di meccanismo di autorigenerazione.
L'articolo pubblicato su Nature Astronomy dai ricercatori del Center for Computational Relativity and Gravitation del Rochester Institute of Technology e dell'Università della Florida, può aiutare a spiegare come mai alcune delle fusioni di buchi neri rilevate dalla LIGO Scientific Collaboration e dalla Virgo Collaboration siano molto più potenti di quanto si pensasse.
I ricercatori hanno studiato GW190521, il segnale d'onda gravitazionale più massiccio osservato da un sistema binario di buchi neri.
"Le masse stimate dei buchi neri sono più di 70 volte le dimensioni del nostro Sole ciascuna, posizionate ben al di sopra della massa massima stimata attualmente prevista dalla teoria dell'evoluzione stellare", ha detto Carlos Lousto, professore al RIT e coautore della nuova ricerca. "Questo è un caso interessante da studiare come sistema binario di buchi neri di seconda generazione e apre a nuovi possibili scenari di formazione di buchi neri in densi ammassi stellari".
La fusione, che ha generato un mostro di oltre 140 masse solari, era stata osservata da LIGO e VIRGO a maggio 2019.
Il team, utilizzando centinaia di simulazioni al computer, ha scoperto che il segnale GW150521 è meglio spiegato da un'elevata eccentricità nelle orbite dei due buchi neri prima della fusione.
"Questo rappresenta un importante progresso nella nostra comprensione di come i buchi neri si fondono", ha affermato nel comunicato Manuela Campanelli, professoressa e coautrice del RIT. "Attraverso le nostre sofisticate simulazioni con supercomputer e la ricchezza di nuovi dati forniti da LIGO e dai rivelatori in rapida evoluzione di Virgo, stiamo facendo nuove scoperte sull'Universo a velocità sorprendenti".
I ricercatori hanno svolto un esercizio, utilizzando le osservazioni delle onde gravitazionali di GW150521 e la sua controparte elettromagnetica candidata, osservata dalla Zwicky Transient Facility, per misurare la costante di Hubble, un'unità di misura usata per descrivere l'espansione dell'universo, trovando un ottimo accordo con i valori attesi