Meteoroidi che colpiscono la Luna vengono osservati di continuo, così come è piuttosto ampia la casistica delle collisioni registrate su Giove, ad iniziare dalla famosa cometa Shoemaker-Levy 9 che impattò sul gigante gassoso nel 1994. Tuttavia, collisioni in diretta su altri mondi rocciosi finora non erano mai state osservate.
Adesso, gli scienziati hanno trovato le prove di un meteoride che colpì Mercurio, conservate negli archivi della missione MESSEGER. Sebbene non si tratti di documentazione fotografica capace di fugare ogni dubbio, i dati mostrano come l'evento abbia influenzato la sottile atmosfera del pianeta.
"È semplicemente incredibile che MESSENGER abbia potuto assistere a questo evento", ha detto Jamie Jasinski, fisico spaziale presso il Jet Propulsion Laboratory e autore principale dello studio pubblicato su Nature Commmunications.. "Questi dati giocano un ruolo davvero importante nell'aiutarci a capire in che modo gli impatti dei meteoroidi apportano materiale all'esosfera di Mercurio".
Mercurio ha un'atmosfera molto sottile con una pressione che è un quadrilionesimo di quella percepita al livello del mare sulla Terra. Questa leggera esosfera si forma sul lato del pianeta rivolto al Sole, dalla decomposizione del materiale sulla superficie. Gli scienziati ritengono che gli impatti dei meteoroidi, in parte, siano responsabili dell'apporto di tale materiale nell'atmosfera.
La strana anomalia è stata scovata nei dati di archivio: il 21 dicembre 2013, il Fast Imaging Plasma Spectrometer (FIPS) di MESSENGER vide un numero insolitamente elevato di ioni di sodio e silicio soffiare nel vento solare del Sole, le particelle ad alta energia che fuoriescono dal Sole. Stranamente, queste particelle viaggiavano in un fascio stretto, quasi tutte nella stessa direzione e alla stessa velocità. Utilizzando la velocità e la direzione delle particelle, i ricercatori hanno "riavvolto il nastro", rintracciandone la fonte: provenivano da un denso pennacchio che si estendeva nello spazio per oltre 5.000 chilometri, esploso dalla superficie di Mercurio.
Secondo le stime ed in base ai modelli computerizzati, il meteoroide doveva essere lungo poco più di un metro.
Prima della missione, gli scienziati si aspettavano che la sonda catturasse fino a due impatti all'anno durante i suoi quattro anni in orbita. Tuttavia, nessuno è mai stato registrato nelle immagini dal 2011 al 2015.
"Questo dimostra quanto è difficile avere un veicolo spaziale nel posto giusto e nel momento giusto", ha commentato il coautore dello studio Leonardo Regoli, del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory, dove la sonda era stata costruita. Forse, BepiColombo, che arriverà su Mercurio nel 2025, avrà maggior fortuna.