Se, su Marte, i livelli di fondo del metano sono incredibilmente bassi rispetto a quelli terrestri, 0,4 parti per miliardo in volume (ppbv) rispetto ai 1800 ppbv della Terra, da qualche anno a questa parte, gli scienziati sono alle prese con inspiegabili emissioni transitorie.
Nel 2003 le osservazioni con l'Infrared Telescope Facility (IRTF) e con il W.M. Keck, entrambi sulla cima del Mauna Kea nelle Hawaii, e quelle del Gemini South a Cerro Pachon sulle Ande Cilene, avevano mostrato tre caratteristiche spettrali (linee di assorbimento) tipiche del metano.
"La linea metano rilevata è molto forte", aveva dichiarato all'epoca Michael Mumma, ricercatore principale presso il Center for Astrobiology and Solar System Exploration Division al Goddard Space Flight Center della NASA di Greenbelt, Maryland.
"Il metano viene rapidamente distrutto nell'atmosfera del pianeta in una varietà di modi, quindi la nostra scoperta di ingenti pennacchi di metano nell'emisfero settentrionale di Marte indica un processo in corso che sta rilasciando il gas", aveva aggiunto.
Tuttavia, altre osservazioni da Terra e direttamente dall'orbita marziana produssero risultati contraddittori.
In base ai modelli generali e fotochimici di Marte, il metano dovrebbe rimanere nell'atmosfera per circa 300 anni e, in tale lasso di tempo, distribuirsi uniformemente intorno al pianeta. Invece, le osservazioni mostravano una localizzazione limitata all'emisfero settentrionale nel periodo estivo ed una fuga del gas in pochi mesi.
Ad esempio, il Planetary Fourier Spectrometer (PFS) a bordo della sonda Mars Express (MEX) rilevò un valore medio globale di 15 parti per miliardo, con indicazioni di fonti localizzate ed un incremento significativo durante il periodo estivo al polo nord. Il Thermal Emission Spectrometer (TES) dell'orbiter Mars Global Surveyor (MGS) registrò metano intermittente tra il 1999 e il 2003, con concentrazioni da 5 a 60 parti per miliardo in luoghi dove sono sospettate condizioni geologiche favorevoli, come un'attività geotermica residua (Tharsis e Elysium) e una forte idratazione (Arabia Terrae).
Mancando le basi per spiegare tale comportamento, generazione, distribuzione e rapida scomparsa, i dati ottenuti sono sempre stati ritenuti dubbi e i risultati influenzati dagli strumenti utilizzati, dalle loro capacità ed dai loro limiti, dal momento in cui si fa comunque riferimento a piccole quantità.
Però, da quando Curiosity è su Marte, lo strumento Tunable Laser Spectrometer (TLS) della siute Sample Analysis at Mars (SAM) ha inequivocabilmente identificato picchi sporadici di metano atmosferico, con valori fino a 7,2 ± 2,1 ppbv.
Ora, il problema è che sul nostro pianeta, il gas deriva per la maggior parte dall'attività biologica ma finora non si ha alcuna prova di vita su Marte e, d'altra parte, ci sono altri modi per produrre il metano che non hanno nulla a che fare con gli esseri viventi: reazioni idrotermali con rocce olivinose sotterranee, interazioni con la luce ultravioletta che colpisce i meteoroidi contenenti carbonio, ecc...
Tuttavia, Chris Webste che guida i rilevamenti del SAM ha commentato:
"La cosa più sconcertante è che qui siamo in presenza di una grande variazione"
"e stiamo cercando di immaginare come si possa ottenere questo risultato", ha aggiunto.
La stagionalità dell'anidride carbonica atmosferica è ben nota su Marte: durante l'inverno nell'emisfero meridionale del pianeta, buona parte del gas ghiaccia nella calotta polare lasciando un'atmosfera più sottile. Questo processo porta automaticamente ad una maggiore concentrazione degli altri elementi che non congelano e che, verso la fine dell'inverno (dell'estate nell'emisfero settentrionale), migrano verso nord, cioè verso Curiosity, il quale rileva quindi un aumento delle quantità. Però, i dati registrati dal rover sono tre volte più grandi rispetto a quanto tale meccanismo potrebbe spiegare.
Forse il metano viene assorbito dalle rocce e dai materiali porosi e rilasciato quando aumentano le temperature o, forse, è veramente legato all'attività biologica, "una spiegazione di cui nessuno parla ma che è nella mente di tutti", ha commentato Mumma (con il telescopio alle Hawaii, la sua squadra rilevò uno dei picchi più significativi pari a 45 ppbv).
Ma altri scienziati ritengono probabile che i rilasci improvvisi del gas potrebbero essere collegati agli impatti con le micro-meteore che un pianeta incontra quando attraversa l'orbita di una cometa.
Secondo la teoria, mentre le particelle di polvere si vaporizzano ad altitudini di decine di chilometri nell'atmosfera marziana, la stessa reazione chimica produce il metano, guidata dalla luce UV ad alta quota. L'idea nasce dal fatto che tutti i presunti picchi di metano degli ultimi 2 decenni si sono verificati (circa) nelle 2 settimane successive ad una qualche famosa pioggia di meteoriti marziani.
Ma questa "potrebbe essere una causa o potrebbe essere una coincidenza".
Come si legge nel commento ad un articolo, rilasciato da Marc Fries del Johnson Space Center di Houston:
"Ad oggi questa rimane l'unica correlazione nota tra i pennacchi di metano atmosferici di Marte e qualsiasi altro fenomeno... ma sfortunatamente l'uso di eventi di non rilevamento costituisce un difetto logico significativo... La non-rilevazione del metano non può essere utilizzata come test affidabile per l'ipotesi perché un'interazione tra Marte e un flusso di detriti cometari non garantisce la produzione di un pennacchio atmosferico rilevabile del gas".
Secondo altri, invece, le piogge meteoriche sono da escludere fin da subito tra le probabili cause perché non depositerebbero abbastanza materiale per creare i picchi di metano osservati.
Quando nel 2014, Marte incontrò la cometa Siding Spring, i dati rilevati dal monitoraggio di MAVEN dimostrarono che furono immesse nell'atmosfera del pianeta 16 tonnellate di materiale, cioè, non molto di più delle 3 tonnellate giornaliere di polvere interplanetaria che normalmente si aggiungono e molto meno delle decine di migliaia di tonnellate necessarie per creare grandi pennacchi del gas.
In ogni caso, i sostenitori della teoria meteorica potranno testare tra poco la loro idea perché il 24 gennaio, Marte passerà a meno di un decimo della distanza Terra-Luna dalla cometa C/2007 H2 (Skiff) e, ovviamente, i telescopi terrestri, MAVEN e Curiosity non perderanno l'occasione di assistere all'evento. Purtroppo, l'orbiter che proprio non doveva mancare all'appello, il Trace Gas Orbiter (TGO) della missione ExoMars, non ci sarà perché si posizionerà nell'orbita finale per iniziare le operazioni scientifiche solo il prossimo aprile.