Scritto: Martedì, 16 Agosto 2016 16:22 Ultima modifica: Martedì, 16 Agosto 2016 17:45

Le sonde Van Allen colgono l'attimo


Il 17 marzo 2015 un'espulsione di massa coronale (CME) proveniente dal Sole ha colpito il campo magnetico terrestre innescando una grande tempesta geomagnetica e le sonde Van Allen hanno avuto la fortuna di poter assistere all'evento.

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Le sonde Van Allen colgono l'attimo
Crediti: JHUAPL

Le fasce di Van Allen intrappolano e scambiano plasma con lo spazio esterno, senza che questo raggiunga la Terra.
Sono considerate divise in due zone, anzi in tre.
La più interna è costituita essenzialmente da protoni ad alta energia ed è abbastanza stabile mentre, la fascia esterna è più complessa e variabile. E' formata, per la maggior parte, da elettroni e risente particolarmente degli influssi legati agli eventi solari. La terza, invece, è stata scoperta recentemente grazie ad una fortunata coincidenza, pochi giorni dopo il lancio delle sonde gemelle.
La zona è particolarmente critica perché i satelliti in orbita possono risentire delle particelle ad alta energia.

"Studiamo fasce di radiazione in quanto esse rappresentano un pericolo per veicoli spaziali e gli astronauti," ha detto David Sibeck, scienziato della missione presso il Goddard Space Flight Center della NASA. Questo fa parte degli sforzi per monitorare e comprendere la meteorologia spaziale. Le omonime sonde, lanciate nel 2012, sono state progettate per resistere al costante bombardamento di radiazioni e lavorare anche nelle peggiori condizioni.

Quando nel 2015 una violenta onda d'urto scaturita da un CME ha investito il nostro pianeta, solo una delle due sonde si trovava nel posto giusto, nel momento giusto.
La sonda ha rilevato un impulso improvviso di elettroni energizzati a velocità estreme ma di breve durata, la cui energia si è dissipata in pochi minuti. Ma ben cinque giorni dopo, quando i processi della tempesta dovevano ormai essere considerati chiusi, le Van Allen hanno misurato un aumento del numero di elettroni con energie ancora più elevate.

"Lo shock ha spinto elettroni dalle regioni esterne della magnetosfera dentro la cintura e, in questo processo, gli elettroni hanno guadagnato energia", ha detto Shri Kanekal, scienziato del Goddard autore principale del documento pubblicato sul Journal of Geophysical Research.

Ci sono diversi modi in cui gli elettroni nelle fasce di radiazione possono essere eccitati o accelerati: trasportati dalle onde a bassa frequenza, a livello locale o per mezzo di una scossa. Forse questi meccanismi possono verificarsi contemporaneamente oppure solo uno alla volta, una domanda alla quale gli scienziati dovranno cercare di rispondere, un compito difficile considerando la natura fortuita della raccolta dei dati soprattutto nel caso di un'onda d'urto. Inoltre, il grado di eccitazione di elettroni dipende dal processo che interagisce con essi.

La tempesta del 2015 è stata molto forte ed istruttiva ma niente in confronto con altre avvenute decenni prima.
C'è da auspicarsi, quindi, che con un po' di fortuna, le sonde Van Allen riusciranno ad osservare eventi ancora più significativi in futuro continuando a raccogliere dati ad alta risoluzione.

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Elisabetta Bonora

Nella vita lavorativa mi occupo di web, marketing e comunicazione, digital marketing. Nel tempo libero sono un'incontenibile space enthusiast e mamma di Sofia Vega.
Mi occupo di divulgazione scientifica, attraverso questo web, collaborazioni con riviste del settore e l'image processing delle foto provenienti dalle missioni robotiche. Appassionata di astronomia, spazio, fisica e tecnologia, affascinata fin da bambina dal passato e dal futuro. Nel 2019 è uscito il mio primo libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno" (segui su LinkedIn le mie attività professionali).
Amo le missioni robotiche inviate nel nostro Sistema Solare "per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima!" ...Ovviamente, è chiaro, sono una fan di Star Trek!

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