La recente missione della NASA MESSENGER, che si è conclusa il 30 aprile 2015, ha dimostrato che la superficie di Mercurio è tutt'altro che monotona. Tuttavia, puù essere classificata in due regioni principali: la pianure vulcaniche del Nord (NVP - Northern Volcanic Plains), relativamente giovani, di età compresa tra 3,7 e 3,8 miliardi di anni e le pianure tra i crateri ed i terreni fortemente craterizzati (IcP-HCT), di età compresa tra i 4 ed i 4,2 miliardi di anni. Le regioni più antiche contengono caratteristiche particolari e quasi inspiegabili, come una grande macchia di magnesio di 10 milioni di chilometri quadrati che occupa circa il 15% della superficie del pianeta.
Ora, un team di scienziati della NASA, guidato da Asmaa Boujibar, ha sottoposto le condriti enstatiti (E), un tipo di meteorite raro ed insolito che ha una composizione simile a Mercurio e con esso ha in comune anche un alto contenuto di zolfo, a diverse pressioni e temperature elevate. Il risultato è stato che, variando questi valori intorno ai livelli presenti vicino al cuore del pianeta, al confine tra il nucleo ed il mantello, una sola sostanza è riuscita produrre una gamma variegata di materiali simili a quelli visti sulla superficie del pianeta. Ciò indica che i materiali più vecchi si sono formati da fusione ad alte pressioni e temperature al confine con il nucleo, mentre i terreni più giovani sono nati vicino alla superficie.
Tuttavia, trovare rocce formate così in profondità sulla crosta, per Mercurio non è così strano come sembra.
Il suo nucleo, infatti, si trova a soli circa 400 chilometri sotto la superficie e costituisce circa 80 per centro del raggio del pianeta (per questo ci sono alcune teorie secondo le quali Mercurio una volta era molto più grande ed i suoi strati esterni furono strappati via dalle violenti collisioni nel Sistema Solare primordiale).
I risultati sono stati presentati alla Goldschmidt Conference, tenutasi a Yokohama, in Giappone.